Lo scorso weekend si sono disputati i mondiali di speed skating. L’Italia è tornata a casa con un oro, un argento e un bronzo. A conquistare le prime due medaglie è stato Davide Ghiotto, figlio dell’ex ciclista professionista Federico Ghiotto.
Nato a Montecchio Maggiore, in provincia di Vicenza, ha corso per diverse squadre tra il 1986 e il 1993, era un buon gregario. Il 1991 in maglia Ariostea è stato il suo anno migliore, grazie alla vittoria nella prima tappa della Tirreno-Adriatico e il secondo posto della generale. Ghiotto, dopo la vittoria del figlio, ci ha parlato delle emozioni provate nel vedere il suo ragazzo salire sul tetto del mondo.
Qual è stata la prima emozione che hai provato nel vedere tuo figlio vincere un mondiale?
«Inizialmente siamo stati tirati, senza dire nulla dopo la sua prova, perché Davide è uno che parte sempre bene, ma che finisce in calando. Quindi abbiamo aspettato la partenza dell’olandese Roest, che lo aveva battuto nei 5mila metri, e del norvegese che partiva per ultimo, prima di esultare. Però, una volta visti i loro minutaggi, non nego che qualche lacrima è scappata».
Vittoria non semplice per Davide: in Olanda, a Heerenveen, battendo proprio i padroni di casa e con un pubblico tutto per loro.
«Sì, assolutamente non è stato facile, aveva tanta pressione. Anche perché il suo nome girava, era tra i favoriti. Tutti si aspettavano molto da lui, soprattutto dopo l’argento nei 5mila metri. Però Davide è stato freddo e concertato al 100% sull’obiettivo, riuscendo finalmente a dimostrare il suo valore».
Per tuo figlio queste sono le prime vittorie mondiali, però ma non le prime medaglie in assoluto. Lui ha infatti già conquistato il bronzo olimpico a Pechino 2022 nei 10.000. Quale medaglia pesa di più?
«Beh, è difficile scegliere. Le Olimpiadi sono ogni 4 anni e quindi rimani bronzo olimpico in carica per tutto questo tempo. E solo partecipare a un’Olimpiade è un’esperienza unica, che ti segna. Al contrario, il titolo mondiale dura una sola stagione, passata quella devi difenderlo e non è affatto facile ripetersi. Però c’è da dire che Davide ha fatto una prestazione enorme. Con il tempo realizzato nella finale mondiale ha battuto il record italiano, che peraltro era suo. Ha compiuto un’impresa, meritandosi un giro d’onore con tanto di applausi e standing ovation del pubblico olandese. Non penso ci possa essere soddisfazione maggiore per un atleta».
Ci racconti un aneddoto di questa rassegna mondiale?
«Non ho parlato molto con mio figlio dalla vittoria. Sono riuscito a vederlo solo di sfuggita. Giusto il tempo di fargli i complimenti e poco altro. Dobbiamo ancora aprire una bella bottiglia di vino per festeggiare con amici e parenti».
Tu sei stato un grande sportivo, ma visti i risultati ottenuti da tuo figlio si può dire che l’allievo abbia superato il maestro?
«Si, assolutamente. Io sono stato un buon corridore e ho sempre sognato di partecipare a un mondiale o un’Olimpiade, ma non avevo il fisico e il talento per farlo. Lui invece non solo ha partecipato a entrambi, ma è andato a medaglia in tutte e due le occasioni. Tutto quello che sta facendo, per me e per sua madre, è un enorme motivo di orgoglio».
Considerato il tuo passato da ciclista professionista, come nasce in Davide questa passione per il pattinaggio?
«Quando era bambino ovviamente l’idea era quello di farlo correre in bicicletta, però lui era un ragazzino abbastanza robusto e il ciclismo non era adatto come sport. Quindi, quando aveva sei anni mia suocera gli comprò i pattini a rotelle e visto che avevamo una pista qui vicino casa, lo portava là tutti i pomeriggi. È iniziato tutto principalmente per fargli fare un po’ di movimento. Poi però lui si è appassionato e da lì è andato avanti».
Quando ha capito che questo era il suo sport?
«Non so dire con precisione quando. Sicuramente su rotelle si è tolto qualche soddisfazione, ma nulla di particolare. Penso che il momento chiave sia stato quando si è iscritto all’Università e in contemporanea è passato al ghiaccio. Non è stato facile far combaciare tutto, anche perché nel frattempo si è fidanzato, poi sposato e ha anche avuto un figlio. Per arrivare a questi livelli ha dovuto sacrificare molto e metterci tanto impegno. Però ora si sta togliendo diverse soddisfazioni».
Anche gli altri due figli hanno la passione per il pattinaggio. C’è competizione tra di loro?
«Competizione no. Però la scelta di Davide, che è il fratello maggiore, ha sicuramente influenzato quella degli altri due. Luca però ha smesso con il pattinaggio e ha iniziato a lavorare in un altro ambiente. Manuel, il più piccolo, sta facendo invece molto bene su rotelle. È più volte campione italiano, recentemente campione europeo e la settimana scorsa ha chiuso terzo al mondiale di categoria. Quest’inverno ha fatto un po’ di ghiaccio, perché i prossimi mondiali si faranno proprio qua a Vicenza e lui vorrebbe esserci».