Il segreto di Nizzolo: «Ho migliorato la resistenza in salita, vorrei svoltare alla Sanremo»

Nizzolo
Giacomo Nizzolo alla Vuelta a San Juan 2023
Tempo di lettura: 4 minuti

A 34 anni appena compiuti Giacomo Nizzolo è pronto a iniziare la sua ennesima stagione in Europa, con la stessa voglia di far bene che aveva al primo anno. Sicuramente c’è qualche acciacco in più, un po’ meno esplosività, ma tanta esperienza e consapevolezza dei propri mezzi, quella che solo il tempo può darti.

Gli obiettivi, anche, sono sempre quelli. Però nelle parole del ciclista milanese si sente ancora la voglia di chi corre con chiari obiettivi da raggiungere. Di chi ha ancora voglia di dimostrare che su una bici sa ancora incidere. Di chi sulla strada ha ancora sogni da realizzare.

Nizzolo, gli anni passano, l’esplosività va un po’ a scemare, ma tu rimani sempre competitivo. Su cosa stai lavorando per compensare questa perdita?

«Con l’età che avanza scende l’esplosività, ma crescono la resistenza e la capacità di andare in salita. Quindi bisogna esser bravi e sfruttare queste altre capacità. Bisogna essere bravi anche ad adattare gli obiettivi in base a quello».

Questo influisce anche sulla tua routine e sul tuo modo di allenarti?

«No. Almeno il mio modo di allenarmi, nel corso degli anni, è rimasto più o meno sempre lo stesso. Sempre gli stessi carichi di lavoro e stimoli muscolari. L’unica cosa che sto notando e che bisogna mantenere il muscolo più elastico e cercare di fare più dietro moto».

Oltre che la routine, anche il calendario per questa stagione rimane invariato? Oppure la retrocessione della Isreal da World Tour a Professional potrebbe influire?

«No, non influisce. Il mio calendario di quest’anno è praticamente identico allo scorso anno. Sono partito in Argentina perché mi piace sempre cominciare dal caldo e ora si passa agli obiettivi Europei. Le prossime gare saranno Kuurne–Brussels–Kuurne, Tirreno-Adriatico e poi testa alle classiche».

A proposito di classiche: la Milano-Sanremo è il clou di questa prima parte di stagione. Cosa ti aspetti?

«Per me è una corsa molto importante. Anche perché va di conseguenza che se uno ha una buona condizione per quella gara, poi la puoi sfruttare anche al Nord».

Tra le classiche del Nord quale vedi più adatta a te?

«La Gand è una corsa dove penso che anche un velocista come me abbia delle chance di far bene, se è in condizione. Quindi dopo la Sanremo e l’altro grande obiettivo. Quanto alle altre, è difficile da dire. Sono tutte gare che si corrono in maniera più garibaldina, tutti all’attacco e quindi si addicono meno a un corridore come me. Dipenderà molto da come si svilupperanno, ma proverò a giocarmi quelle che si mettono meglio per me».

Finite le classiche testa al Giro e poi?

«Il Giro sicuramente, mentre è ancora da vedere per il Tour. Quest’anno il Mondiale è stato anticipato ad agosto, quindi potrebbe essere una buona gara da correre per testarmi e prepararmi in caso di convocazione. Quindi non è da escludere la doppietta».

Al Giro punti alla terza maglia ciclamino oppure, vai soprattutto per qualche tappa?

«Il focus è più sulle singole tappe, poi vedremo strada facendo. Anche perché se si parte bene, la maglia a punti diventa di conseguenza un obiettivo. In più sprintare per ogni traguardo volante è molto dispendioso, lo dico per esperienza. Quindi vedremo, ma primo obiettivo da centrare è fare bene nelle volate finali».

Per farlo sicuramente ti servirà un treno affidabile. Come ti trovi con i nuovi arrivati quest’anno?

«Il mio riferimento è sempre Zabel. Lui è l’uomo di esperienza che da anni mi segue nei finali di gara. Quest’anno abbiamo aggiunto dei giovani per il treno che girano intorno a lui, ma non sono sempre gli stessi. I miei punti di riferimento sono solo Zabel e Reynders, un giovane belga arrivato quest’anno. Gli altri cambiano sempre da gara a gara».

Che tipo di volata prediligi?

«Io preferisco quelle lunghe e di testa. Mi piace partire un po’ più dietro, sfruttando le condizioni del gruppo per muovermi in libertà e arrivare avanti nel finale, senza stare troppo tempo davanti».

Prima hai parlato di Mondiale. Cosa pensi del percorso di quest’anno? Si potrebbe adattare alle tue caratteristiche?

«È presto per parlarne, anche perché la convocazione va guadagnata con i risultati. Però si il percorso si adatta a me, soprattutto si adatta al tipo di lavoro che sto facendo. Quello di quest’anno non è un Mondiale fatto per gli scalatori, però qualche pendenza c’è e potrebbe essere messi in difficoltà i velocisti meno resistenti».

Nella tua lunga carriera hai vinto tanto, anche se sfortuna e infortuni hanno ti impedito di avere un palmares ancora più ampio. Hai qualche rimpianto particolare?

«Il mio rammarico principale sono i tanti infortuni dopo il campionato italiano del 2016. In quelle stagioni là, non solo per colpa mia, non ho raccolto abbastanza per le mie potenzialità. Quelli erano gli anni in cui per età e maturità potevo esprimermi al meglio, ma non è stato così. Fino al 2020 ho avuto tanti alti e bassi e rendimento in quel periodo è il mio rimpianto più grande».

Pensi di poter provare a recuperare in questi ultimi anni?

«Beh, sicuramente voglio provarci. Ad esempio il mio rapporto con la Sanremo è stato spesso burrascoso, quindi in questi anni voglio provare a levarmi qualche soddisfazione in questa corsa».

Guardandoti indietro e avendo la possibilità di parlare con il Nizzolo che si affaccia al professionismo che consiglio gli daresti per migliorare e quale errore che hai fatto gli diresti di non fare?

«Gli direi di non avere fretta, perché a volte, tornando dagli infortuni, ho sbagliato i tempi perché avevo troppa voglia di rientrare il prima possibile. Ma questo si è sempre dimostrato controproducente. Invece bisogna stare tranquilli ed aspettare, perché il lavoro paga sempre».

Ormai si passa tra i professionisti sempre più giovani. Tu pensi che possa essere un male essere lanciati così presto, oppure un bene?

«No, io penso possa essere solo un bene. Anche perché questi giovani portano spettacolo e lo fanno sfruttando le doti fisiche che si anno a 20 anni. Ciò può essere solo una positiva cosa per chi vede le corse».