Nicoletti sulla Biesse-Carrera: «Uno come D’Amato ci mancava, Arrighetti potrebbe stupirvi»

Nicoletti
Dario Nicoletti, diesse della Biesse-Carrera con Arrighetti (foto: Biesse-Carrera)
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Dice Dario Nicoletti che se dovesse scegliere una gara da vincere nel 2023 sarebbe Capodarco, «almeno non faccio favoritismi nei confronti delle classiche internazionali del Veneto, tutto belle e tutte prestigiose: nomino una marchigiana e taglio la testa al toro». Sicuramente, su questo giudizio, influisce il quinto posto raccolto da Giacomo Villa il giorno dopo ferragosto della passata stagione. Villa è uno dei nomi nuovi del dilettantismo italiano, la rivelazione della Biesse-Carrera diretta da Nicoletti e Marco Milesi, ma non l’unico corridore sul quale poter fare affidamento. Anzi, l’organico è profondo e interessante: forse il più intrigante, insieme a quello della Technipes, alle spalle di Zalf, Ctf-Victorious e Colpack.

Dario, Villa non ha escluso la possibilità di misurarsi nella classifica generale delle corse a tappe. Qual è la tua idea in merito?

«E’ un’ipotesi sulla quale abbiamo ragionato. Le salite lunghe, per intenderci quelle che caratterizzano solitamente il Giro d’Italia, non sono quelle che gli si addicono di più, ma nelle gare che si snodano su tre o quattro frazioni e che non prevedono ascese proibitive potrebbe dire la sua anche in classifica generale. Anzi, per conoscere i suoi limiti deve rifarsi proprio da queste corse».

E allora chi saranno i vostri scalatori di riferimento?

«Abbiamo preso Rinaldi, un corridore soltanto al secondo anno e reduce dall’importante esperienza alla Tudor di Cancellara. I valori sono quelli di un grimpeur di razza, dovremo essere bravi a convertire i numeri in risultati. E poi non dimentichiamoci dei fratelli Galimberti, ingaggiati a metà della passata stagione dopo la chiusura della Viris Vigevano. Sono regolari e affidabili, ma soprattutto hanno un intuito formidabile per le fughe: se ne va via una, molto probabilmente almeno uno dei due è dentro».

Non si può non segnalare la presenza di Ciuccarelli: purtroppo, visto che a quest’ora doveva essere tra i professionisti con la squadra di Gianni Savio.

«Ormai la storia è nota: Savio ha dovuto ripiegare su una continental colombiana e quindi Ciuccarelli è ancora dei nostri. C’è un accordo di massima: se Gianni, come sembra, dovesse rientrare tra le professional a partire dal 2024, allora Riccardo avrebbe il posto assicurato. Ci danno una mano pagando una parte del suo ingaggio. Il ragazzo, adesso, sta meglio: sta cercando di mettersi l’anima in pace e di ritrovare le giuste motivazioni. Noi siamo stati chiari: non si deve adagiare sulle parole che gli sono state dette, ma riconfermarsi a suon di risultati».

Tra gli elite ci sono anche Belleri e Belletta. Cosa ti aspetti da loro?

«Belleri è una garanzia: è un uomo squadra, è un attaccante, è un corridore che all’occorrenza sa anche vincere, come dimostrano le due affermazioni dello scorso anno. A maggio compirà 24 anni, è pronto a dare il tutto per tutto per strappare un contratto tra i professionisti. Belletta, invece, è uno dei volti nuovi. Per me potrebbe essere una delle sorprese: nella seconda metà della passata stagione ha centrato un piazzamento dietro l’altro e ci ha raccontato di aver cominciato tardi a dedicarsi completamente al ciclismo poiché in precedenza la sua priorità era lo studio. Siamo curiosi di capire fino a dove potrà arrivare».

Dei vostri innesti, D’Amato è forse il più interessante. Perché avete scommesso su di lui?

«Perché ci mancava un corridore veloce. Attenzione, non un velocista puro: al massimo, D’Amato lo si può considerare uno sprinter atipico. Moderno, direi: rapido, scaltro, che sa muoversi in autonomia, che non ha problemi a scollinare davanti su certe salite e a regolare gruppi non troppo numerosi. E’ vero che di corridori con le sue caratteristiche tra gli Under 23 ce ne sono tanti, ma io credo che il calendario gli offra parecchie chance. L’ho già visto motivato, ci sono tutti i presupposti affinché possa definitivamente consacrarsi».

Ma non rischia di pestarsi i piedi con Villa e Foldager, il vostro corridore più forte?

«Con Villa no, visto che Giacomo si concentrerà su corse più impegnative. Il rischio, invece, potremmo correrlo con Foldager. Dovremo essere bravi noi a gestirli e farli correre parallelamente. Ad esempio, D’Amato comincerà la stagione alla San Geo mentre Foldager sarà il nostro leader alla Firenze-Empoli. E’ un atleta notevole, non lo scopriamo certo oggi: nel 2022 è arrivato sesto a San Vendemiano, quinto al Belvedere, secondo e quarto in due tappe del Giro, primo a Briga, ancora secondo alla Ruota d’Oro. Infatti aveva ricevuto diverse richieste».

E ha corso da stagista con la Jayco. C’è già un accordo per il 2024?

«Niente di ufficiale, ma posso dire che la formazione australiana è rimasta più che soddisfatta del corridore e del ragazzo. Lo seguono con attenzione, inutile nasconderlo, e se saprà dimostrare d’essere ulteriormente cresciuto ci sono ottime possibilità di vederlo nel World Tour a partire dal 2024».

Infine rimangono Motta e tre giovani debuttanti: Frosio, Oliosi e Arrighetti.

«Da Motta ci aspettiamo qualche segnale, dato che quello che sta per iniziare sarà il suo terzo anno tra i dilettanti. La mia personalissima scommessa, invece, è proprio Arrighetti. Nel 2022, da settembre in poi, ha stupito. Alla fine della stagione i successi sono stati sei, mica pochi. Secondo me tante squadre lo hanno sottovalutato, non considerandolo come meritava. Meglio per noi, ci mancherebbe. Nonostante sia alto 1,90, l’ho visto piazzarsi in volata e vincere sul Ghisallo (nel Trofeo Giuseppe, Rosanna e Maria Luisa Vismara, ndr). E’ un corridore completo e concentrato sull’attività, senza grilli per la testa. Io credo che possa mettersi in evidenza fin da subito, speriamo soltanto che nessuno ce lo porti via promettendogli la luna…».

Ecco, a proposito: Frosio e Oliosi sono stati promossi dalla vostra formazione juniores. Se le formazioni del World Tour hanno le rispettive squadre di sviluppo, voi siete una continental che può addirittura attingere da un proprio vivaio.

«Forse siamo l’unica realtà italiana presente dai giovanissimi fino alla continental, senza dimenticare le ragazze. E’ un progetto serio e concreto in cui credono per primi Bruno Bindoni e Roberto Bicelli. Per quanto riguarda gli juniores, con due direttori sportivi come Renato Galli e l’ex professionista Enrico Barbin sono in una botte di ferro. La volontà è quella di far sviluppare il talento in casa nostra: senza andare a mercanteggiare con le altre squadre e con la speranza di arrivare prima delle development più ricche, così da instillare nei ragazzi la nostra filosofia e il nostro metodo di lavoro».