Maggia: «Se ho sconfitto il linfoma di Burkitt, devo ringraziare la Biesse-Carrera»

Luca Maggia, 2005 di Biella, affronterà il suo primo anno da Under 23 con la Biesse-Carrera (Foto Biesse-Carrera)
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«Mio papà ha corso da Under 23 e poi è stato un amatore – racconta Luca Maggia, biellese classe 2005, uno dei volti nuovi della Biesse-Carrera Io l’ho seguito, la bici è sempre stata una passione in famiglia. Ho iniziato a correre da G3 con la UCAB Biella dove sono rimasto fino ad allievo. Da junior sono passato alla Energy Team della provincia di Monza, ma solo per un anno e mezzo».

Fino ad allora quali erano le tue sensazioni in bici?

«Stavo andando bene, raccoglievo dei buoni risultati e anche qualche piazzamento: la squadra aveva delle buone prospettive su di me. In realtà anche al secondo anno ho fatto gare e ritiri ma sentivo che non ero mai al 100% della mia forma. A inizio giugno ero a Cervinia in ritiro in altura quando inizio ad avere dei problemi: mi ammalavo spesso, un testicolo continuava a gonfiarsi e sentivo una massa nella parte destra della pancia. Lo dico onestamente: non ci ho prestato attenzione e non l’ho nemmeno detto ai miei genitori».

Aspettavi che tutto passasse da solo?

«Sì, perché sinceramente non pensavo proprio a ciò che poi si è rivelato essere. Quando l’ho detto in casa abbiamo fatto visite e mi hanno detto che era un’ernia. A luglio poi sono stato molto male: la massa era diventata talmente grande che non digerivo nulla. Dopo una serie d’esami si è scoperto che quella era solo la punta di un iceberg perché ero affetto dal linfoma di Burkitt: il problema non era la massa nello stomaco, ma che tutto il mio sangue era malato. Ho fatto cinque cicli di chemio, poi ho vinto».

E nel frattempo è arrivata una bella proposta dalla Biesse-Carrera.

«Da quando ero junior secondo anno non raccoglievo un granché perché non stavo bene. A inizio stagione mi ero comunque messo a cercare una squadra, ma poi mi sono concentrato su altro. Lo scorso fine agosto, grazie ai miei direttori sportivi che conoscevano bene Dario Nicoletti e Marco Milesi, la Biesse si è interessata a me. Mi hanno aiutato più di quanto loro possano mai immaginare. Se sono uscito da quell’ospedale e a metà gennaio ero in ritiro in Spagna con la squadra, lo devo soltanto alla forza che mi hanno dato».

Maggia in ospedale sulla sua bici e con indosso la nuova divisa della Biesse-Carrera

La bici, comunque, non l’hai mai abbandonata. Anche in ospedale ce l’avevi vicina.

«All’inizio, quando ancora stavo abbastanza bene perché le cure non mi avevano piegato, mi ero fatto portare la bici e i rulli. C’era la stanza del caporeparto praticamente invasa dalla mia attrezzatura. Ci sono andato poco, ma a me bastava anche solo averla lì e passare a guardarla ogni tanto».

Ti hanno aiutato in qualche modo gli insegnamenti che dà il ciclismo?

«L’ho sempre detto: la bici non è un mezzo o uno sport, per me è tutto perché mi ha salvato. Riguardando la mia storia adesso, non mi capacito di come io abbia potuto affrontarla in questo modo. O forse lo so: è la mentalità del corridore. Mi facevano di tutto e io quasi indifferente mi sbranavo le sedute di terapia».

Sei già tornato ad allenarti?

«Per ora sono stato in ritiro con la squadra in Spagna e la cosa più importante è essermi divertito. Sono andato con l’obiettivo di ritornare alla vita normale e dimenticare quella storia. Comunque mi sono anche allenato un pochino: avevo perso 10 chili quindi ho fatto palestra, camminata e qualche chilometro in bici. A causa delle cure sono anche immunodepresso quindi continuo a prendere l’influenza, ma sto un po’ attento e guarisco. Sono assolutamente contento della forma che ho raggiunto finora».

Ecco i corridori al primo anno da Under 23 della Biesse-Carrera: da sinistra Gruszczynski, Donati, Grimod e Maggia (Foto Biesse-Carrera)

Quest’anno hai anche la maturità, come procede lo studio?

«Sì, quest’anno ho l’esame. Frequento il liceo scientifico indirizzo sportivo e studiare non mi è mai pesato. Anzi, non so bene in che direzione ma dopo vorrei continuare con gli studi».

Per un ragazzo in quinta superiore che fa il ciclista c’è tempo per altre passioni?

«Proprio poco in realtà. Riesco solo a uscire un po’ con gli amici e basta».

E allora, tornando al ciclismo, hai un idolo?

«Ci sono tanti personaggi di grande ispirazione, posso fare il nome di Van der Poel. Ma se devo essere sincero il mio idolo fin da quando sono piccolo è Philippe Gilbert. Io invece sono un corridore abbastanza veloce che va bene nelle gare dure, magari dove c’è tanta selezione, ma non dove ci sono salite lunghe. La mia corsa dei sogni? Il Fiandre. Non sono mai andato a vederlo ma ogni tanto mi piace andare a bordo strada. Di recente sono stato alla San Geo al debutto dei miei compagni».

Come ti trovi con loro?

«Bene, ho legato abbastanza con tutti. C’è Andrea Montoli in squadra che ha avuto in passato un problema come il mio e due o tre anni dopo è diventato campione italiano: lui mi dà tanta motivazione».