Calì: «Ho scelto la Gallina per centrare quei risultati che mi sono sfuggiti alla Colpack»

Francesco Calì è pronto a iniziare la sua nuova stagione con la Gallina Ecotek
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«Un giorno, mi sono affacciato alla finestra e ho visto dei ragazzini che pedalavano con agilità sotto casa mia, vicino a un grande parco – così Francesco Calì, classe 2002, ricorda i suoi primi passi nel ciclismo – Mi chiedevo come riuscissero a cambiare marcia così fluidamente e come si muovevano. Non sapevo che quell’istante sarebbe stato l’inizio di una vera e propria passione. Il mondo del ciclismo mi ha travolto completamente, affascinandomi sempre di più. Piano piano, ho deciso di provare anch’io. Ero un principiante, ma sin dai primi allenamenti, riuscivo a tenere il passo dei più grandi. La mia voglia di migliorarmi e la mia determinazione hanno alimentato il mio entusiasmo, spingendomi a continuare e non arrendermi. E ora sono qui, ancora pieno di passione e motivato più che mai».

Cosa pensava la tua famiglia?

«Abito a Modena, qui non ci sono montagne o colline ma solo pianura, sono sempre dovuto salire in macchina per raggiungere le salite. Ma non è stato facile. Se ho fatto passi in avanti e conquistato buoni risultati durante la mia piccola carriera devo ringraziare la mia famiglia che si è sempre fatta in quattro e non mi ha mai fatto mancare nulla. La bassa modenese mi ha insegnato che per ottenere qualcosa di importante bisogna lavorare sodo e non mollare mai».

Il ciclismo è stata la tua prima scelta?

«Ho provato di tutto: calcio, karate, basket, nuoto, tennis, atletica. Ma quando sono salito in sella e ho iniziato a pedalare, ho provato qualcosa di unico e diverso. Il ciclismo può sembrare uno sport solitario, ma l’aiuto della squadra è fondamentale. Devi dare il massimo di te stesso, perché se smetti di far girare le gambe per un attimo, il gruppo ti lascerà indietro».

Ti è mai pesato questo sport?

«Il ciclismo è vera e propria scuola di vita per me, mi ha insegnato molto su tutti gli aspetti. Non mi pesa, anzi, man mano che vado avanti i carichi aumentano così come le ore in bici, inizia a diventare anche un lavoro: può diventare una fonte di stress o piacerti sempre di più. Bisogna saper portare a termine anche le giornate più difficili. C’è sempre un periodo buio in cui la vittoria sembra lontana e tutto sembra nero, ma basta un minimo piazzamento per sentirti elettrizzato e per darti il coraggio di fare e dare sempre di più, cambiando completamente la tua visione delle cose».

Come sei cresciuto atleticamente?

«Sono sempre stato estremamente competitivo e mi piace molto allenarmi con i miei compagni di squadra per creare un bel rapporto. Ho notato un grande cambiamento in me negli ultimi tempi, alcune cose sono migliorate e altre peggiorate. Ma so che devo sempre continuare a lavorare sodo sia nello sport che nella vita. Un tempo ero molto rigido, preciso e fiscale, ma ora, forse dovuto anche al passaggio nella categoria Under 23 con molte più ore di allenamento, forse ho preso certe cose un po’ troppo alla leggera. Sto lavorando molto per correggere questo difetto, soprattutto ora  nella nuova squadra (Gallina Ecotek Lucchini, nrd), per cercare di raggiungere gli obiettivi che mi sono sfuggiti negli ultimi anni».

Perché lo consideri un difetto?

«Dipende dal contesto e dalla situazione, ho avuto vari stop negli ultimi due anni a causa di problemi alle ginocchia, soffro anche di alcune allergie e la primavera per me diventa un momento sempre delicato. Adesso lo dico con esperienza, ma in quei periodi era una cosa nuova e prenderla con leggerezza, senza farci molto caso, ha peggiorato la situazione. Col senno di poi, se fossi stato più rigido, avrei superato tutto al meglio».

Da sinistra: Calì (2°), Nencini e Zambelli (3°).

Com’è nato il cambio di squadra?

«È stata per alcuni versi una mia scelta, per altri no. Sentivo che, per ritrovare me stesso e per superare una situazione in cui non raggiungevo i risultati che speravo, avrei dovuto cambiare aria. La Colpack mi ha offerto il rinnovo per mesi, ma senza mai mostrarmi il contratto da firmare. Fino alla fine della stagione, aspettavo ancora che la società mantenesse la promessa che mi aveva fatto, ma quel momento non arrivava mai. Così, ho deciso di cambiare squadra e sono riuscito a firmare con Gallina Ecotek».

Come hai vissuto i due anni alla Colpack Ballan?

«Sapevo sempre quale sarebbe stato il mio ruolo in gara. Mi dicevano spesso che avrei dovuto aiutare la squadra, è mancato, invece, che mi dicessero che sarei stato il protagonista della giornata. I miei compagni erano spesso in una condizione migliore della mia, e quando sei un primo anno e il tuo compagno è più forte di te, devi aiutarlo: ero circondato  dal campione del mondo Filippo Baroncini, da Juan Ayuso che aveva vinto il Giro, e da Gazzoli. Era difficile per me avere spazio e poter dire la mia, ma ho comunque ottenuto ottimi risultati in quella stagione».

Hai qualche rimpianto?

«No. Sono contento della strada che sto intraprendendo e comunque quei due anni me li porto dietro come bagaglio di esperienza: sono stato accanto a corridori che hanno vinto tanto e ho visto come lavoravano. Sono contento del cambio di squadra, inizio il 2023 tranquillo e felice».

A chi ti sei ispirato negli anni?

«Da quando ero bambino, Nibali mi ha trasmesso una passione infinita per questo mondo. Ho sempre guardato le gare più vecchie, e anche se gioco in casa, non posso non ammettere che Pantani mi ha sempre affascinato. Gli italiani sono spesso sottovalutati nel mondo del ciclismo professionistico, ma hanno ancora molto da dire. Ci sono ancora molti corridori forti. Quando penso a un corridore straniero che mi ispira, ti dico Wout van Aert e Mathieu van der Poel, che fanno sempre bene qualsiasi cosa facciano e hanno le caratteristiche che voglio migliorare».

Che tipo di ciclista sei?

«Da juniores tenevo sempre bene in salita, anche in quelle più lunghe e quindi pensavo di essere uno scalatore, ma andando avanti ho capito di essere più un passista scalatore che tiene sulle salite un po’ più corte. Ho anche un buono spunto veloce per gli arrivi a gruppo ristretto, la pista mi ha aiutato molto».

Stai continuando con la pista?

«Ho conquistato un argento nell’inseguimento a squadre tra gli junior. A me la pista è sempre piaciuta, fin da piccolo la mia famiglia ha fatto un sacco di sacrifici per portarmi due/tre volte alla settimana a girare nel velodromo di Montichiari. Da juniores le cose sono cambiate, è sempre stato difficile avere spazio per allenarsi: la nazionale la occupava e se non facevi parte di loro rimanevi fuori. La pista credo sia fondamentale per la preparazione, ma da allora sono stato costretto ad abbandonarla, è così per tutti».

Senti la pressione di dover fare risultati per essere notato dalle squadre professionistiche?

«Molti ragazzi giovani vengono considerati vecchi, succede sempre più spesso. Sento un po’ di pressione perché non ho raccolto nessuna vittoria negli ultimi anni. Forse me la impongo io stesso, per essere sempre migliore. Alla fine, per fare il grande salto nel mondo del professionismo, bisogna dimostrare il proprio valore e le proprie capacità, anche se sono stato bloccato da problemi incontrati lungo la strada, voglio provare ad essere subito competitivo quest’anno e finalmente raccogliere i frutti di tutti i sacrifici fatti». 

Qual è il tuo programma?

«Partirò dalla San Geo, il mio nuovo team è una Continental e avrò l’opportunità di gareggiare all’estero in alcune gare a tappe. Ho già avuto il privilegio di competere contro i professionisti in gare come la Coppa Bernocchi, Coppi e Bartali e all’Adriatica Ionica Race. Queste sono state esperienze formative indimenticabili che mi hanno permesso di crescere come ciclista».

È dove vuoi arrivare?

«Sì. Quello che ho subito notato è che fanno un altro sport, questo mi ha fatto capire tanto dal livello che c’è tra gli U23 e i pro: un lavoro a livello fisico e mentale enorme ancora da fare, organizzativo e come gestione della gara. Tra i dilettanti solo le gare internazionali si avvicinano di più al livello del professionismo e chi emerge in quelle competizioni è ben visto dalle grandi squadre».

Quali sono i tuoi obbiettivi per questo 2023?

«Non ho messo la croce su una gara specifica. Mi impegnerò al massimo per ottenere sempre dei buoni risultati e mantenere una costanza nelle prestazioni. So che quest’anno sarà cruciale per il mio futuro e ogni competizione sarà fondamentale per il mio percorso. Il Gp Liberazione mi ha appassionato molto lo scorso anno, mi sono divertito come un bambino, nonostante fosse tirata fino all’ultimo. Sì, quella è una gara che vorrei affrontare con grande determinazione e dedizione quest’anno».

Il tuo sogno più grande?

«Vincere il mondiale. Prima avevo in testa sempre la maglia rosa del Giro d’Italia, poi ho realizzato che anche se la indossi per un giorno poi rischi sempre di perderla, invece la maglia iridata ti rimane addosso».