TOUR DOWN UNDER 2023 / L’avventura di Germani parte dall’Australia: «Ma quante storie con Pinot e Madiot…»

Lorenzo Germani è già in Australia dove correrà il Tour Down Under
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A Lorenzo Germani sono bastati un paio di mesi per prendere confidenza con l’ambiente della Groupama-Fdj. Non era uno sconosciuto, avendo militato nella formazione di sviluppo nelle precedenti due stagioni, ma il gruppo dei professionisti funziona assai diversamente. 

«Dal 9 al 20 siamo stati in ritiro a Calpe – racconta il ciociaro, che fino a prova contraria è ancora il campione italiano in carica degli Under 23 – poi abbiamo tirato il fiato nel periodo delle festività e successivamente siamo tornati ad impegnarci di più. Il 5 sono partito per Parigi, poi il giorno dopo ci siamo mossi per arrivare ad Adelaide. Siamo qui dalla sera del 7. Peccato non partecipare alla Cadel Evans Great Ocean Rode Race, in programma il 29 gennaio: avrebbe voluto dire rimanere quaggiù per quasi un mese».

Ma non è troppo? Tu sei giusto al debutto nella massima categoria.

«Anche la squadra ha detto lo stesso, temevano di esagerare specialmente nei confronti di noi giovani. A me rimanere quaggiù per un mese andava più che bene. Anzi, di gran lunga meglio dei ritiri, dove comunque sei sempre nello stesso albergo».

Come vi muoverete in gara?

«Sai, non sono queste le corse che prevedono una gerarchia rigidissima. Ci affideremo perlopiù a Molard, per il resto staremo a vedere cosa succede di volta in volta. Una cosa è certa: la squadra non vuole che faccia soltanto il gregario».

Quindi ti vedremo anche all’attacco?

«L’obiettivo è proprio quello. Il gruppo di cui faccio parte è quello a cui verrà lasciata la fetta più ampia di libertà. Ci sono alcuni eventi, come Catalunya e Romandia, a cui parteciperei perlopiù per aiutare, mentre in altri di secondo piano potremo metterci in mostra: penso al Laigueglia, che dovrei fare. E, ironia della sorte, spesso e volentieri sarò al fianco di Lenny Martinez. Un’altra volta, dopo tutte le avventure condivise tra i dilettanti».

E’ stato lui a chiederlo alla squadra?

«No, non penso sia arrivato a tanto. Sarà stata una casualità, oppure qualcuno ha visto quanto bene abbiamo funzionato insieme nella passata stagione. In giro c’è già chi dà per scontata la presenza di Martinez alla Vuelta, ma non è mica detto: anche io, come lui, sono nella lunga lista dei preselezionati, ma di ufficialità non ne sono mica ancora arrivate: a maggior ragione per noi giovanissimi, che abbiamo ancora tutto da dimostrare. E poi manca tantissimo…».

Ma il percorso l’avrai visto, no?

«Certo: è durissimo, meglio non pensarci. Però, se devo essere sincero, correre la Vuelta e la Strade Bianche mi piacerebbe tanto. Così come terminare la stagione col Giro di Lombardia dopo aver affrontato tutte le classiche italiane. Ma non decido io e poi sono uno degli ultimi arrivati…».

I più esperti come hanno preso l’ingaggio di così tanti talenti dalla formazione di sviluppo?

«La prima sera passata insieme nel ritiro, ci hanno obbligato a salire su una sedia e a cantare: ciuccio, bavaglio e pannolino in testa a completare il quadretto. Ma un pizzico di nonnismo ci sta, ridevamo tutti con leggerezza. In camera ero con Geniets, ma devo dire che ho trovato un gruppo unito, professionale e sostanzialmente alla mano. Gaudu è simpatico, Küng anche».

E Pinot?

«Quando hanno presentato la squadra, ci hanno introdotto a coppie: la prima era formata dal più giovane e dal più vecchio in assoluto, e poi via via proseguendo con questo schema. Non appena ho capito che sarei finito con Pinot, sono sbiancato: non avete idea di cosa rappresenta lui per la Francia e per la Groupama-Fdj, è quasi un’entità. Ecco, Pinot è sempre sereno e tranquillo finché tutti rispettano l’orario per cominciare l’allenamento».

Altrimenti cosa succede?

«Lui e Gaudu si mettono in testa a fare il conto alla rovescia. Se l’orario concordato era le nove, loro spaccano il secondo e cominciano a menare a quaranta all’ora. Se qualcuno ritarda rimane al vento, se qualcuno deve pisciare si ferma a proprio rischio e pericolo. Ad esempio, Küng si ferma quando gli pare, però essendo esperto ci mette pochissimo tempo e con alcune pedalate rientra. Noi, al contrario, se vogliamo portare la pelle a casa dobbiamo stare molto attenti…».

Madiot che tipo è?

«Vive ad una velocità diversa dalla nostra, ed è questo a renderlo simpatico. E’ come se fosse sempre agitato e schizzato, ma nel senso buono. Una sera a cena nessuno voleva mettersi accanto a lui, perché quando inizia a parlare e a punzecchiare non la smette più. E così mi ci sono messo io. Lui non stava nella pelle, è sempre prodigo di consigli e racconti. Una mattina l’ho incrociato che camminava, mentre io correvo: alé alé, mi ha gridato, come se fossimo in salita al Tour».