Garzara smette di correre: «Studio per inseguire un’altra professione, ma voglio restare nel ciclismo»

Mattia Garzara in posa con la maglia del Cycling Team Friuli (foto: Garzara, Instagram)
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Mattia Garzara ha deciso di prendere in mano il suo futuro, iniziare a costruirlo e plasmarlo secondo la forma che più preferisce. Non più in sella ad una bicicletta, sulla quale aveva cominciato a gareggiare da bambino, ma tra i banchi della Facoltà di Economia dell’Università di Padova.

Una scelta che ha sorpreso molti, visti i buoni risultati ottenuti fin dalla categoria Juniores. E poi il passaggio al Cycling Team Friuli, nel 2021, dove ha continuato a far bene anche l’anno scorso. Fino alla scelta di abbandonare il ciclismo pedalato.

Garzara, come è arrivata la decisione di smettere?

«Voglio precisare innanzitutto che ho deciso io di smettere e nessuno ha influito sulla mia scelta. Sono sicuro della decisione che ho preso. Detto questo, è stato un percorso graduale. Già dallo scorso gennaio ho iniziato pian piano a pensarci e quest’estate mi sono reso conto definitivamente di voler lasciare la bici. La volontà di diventare un giorno consulente del lavoro ha preso il sopravvento».

Al tempo stesso c’è stato qualcosa nel ciclismo che ti ha portato a smettere di correre?

«No, anzi. Ci tengo a dire che conservo un bellissimo ricordo dei miei anni in bici, fino agli ultimi giorni. Ho sempre trovato delle persone fantastiche. È stata una decisione totalmente esterna al mondo del ciclismo stesso».

Avevi avuto difficoltà a portare avanti gli allenamenti, le corse e lo studio?

«Ho cominciato l’università subito dopo aver concluso le superiori, contemporaneamente al passaggio tra gli Under 23 nel ciclismo. Ho finito il primo anno che correvo al 100% e sono riuscito comunque a fare tutti gli esami previsti. Studiare e pedalare non mi pesava e non mi hai mai portato difficoltà».

 

 
 
 
 
 
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Una scelta comunque coraggiosa alla luce delle buone prestazioni ottenute in bici, a vent’anni e con ancora diverse stagioni davanti per provare a diventare professionista… Avevi mai pensato di cambiare squadra e ambiente, per esempio andare all’estero?

«No, quello mai. Non è stata una questione di motivazioni, da cercare magari in un altro ambiente. Al Cycling Team Friuli stavo benissimo. Ho solo cambiato obiettivi per il mio futuro».

E cosa ti lascia il ciclismo per il tuo futuro?

«In questi anni in bicicletta ho imparato a lavorare inseguendo degli obiettivi realizzabili e non sognando. Ma innanzitutto a porsi degli obiettivi nella propria vita, lavorando step by step. Io me ne sono posti abbastanza: oltre a laurearmi per svolgere la professione di consulente del lavoro, voglio continuare a lavorare nel mondo del ciclismo».

Infatti gira la voce che resterai nel gruppo come massaggiatore…

«No, non è vero. Ma è sicuro che in questo 2023 voglio provare a ritagliarmi un ruolo nel ciclismo. Ancora non so di preciso cosa».

Che ruolo ti piacerebbe rivestire?

«Cercherò di capirlo cominciando a gestire il dietro le quinte di una squadra giovanile locale. Si tratta di una società che ho a cuore, l’Unione Ciclistica Mirano, ovvero la mia prima squadra da esordiente e allievo. Vorrei dare una mano rilanciando l’attività dei ragazzini del luogo, insieme a mio padre che svolge lì il ruolo di direttore sportivo. E poi in questa squadra c’è una delle figure più importanti che ho trovato nel mio percorso ciclistico: il presidente Paolo Bustreo che mi ha anche indirizzato verso la professione di consulente del lavoro».