La morte di Adorni / «Quella notte, a letto con mia moglie, guardando la maglia iridata appesa all’armadio»

La cavalcata di Vittorio Adorni a Imola. A sinistra, la copertina del libro scritto insieme ad Alessandro Freschi
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Proprio quest’anno era uscito un libro che gli appassionati di ciclismo hanno amato moltissimo. Un libro che racconta la vita di Vittorio Adorni, che vediamo in copertina a braccia alzate sul traguardo iridato di Imola. Un giorno da leggenda. Diventare campioni del mondo a due passi da casa.

Il prologo ci riporta subito a quei momenti: ai pensieri che si affollano nelle mente di Adorni in fuga, un concentrato meraviglioso di emozioni.

«Quel giorno è stato speciale – spiegava Adorni – si correva a Imola, vicino casa mia. La Salvarani di Gimondi aveva fatto tanti pullman per portare gli operai a vedere la vittoria di Felice perché tutti erano convinti che vincesse lui. Quella fuga fu quasi come essere in uno stadio, sulle tribune la gente urlava, poi nel finale mi accorsi che avevano girato i cartelli di Gimondi e avevano scritto: W Adorni».

Quel 1° settembre 1968 sembrava non finire mai.

«Dopo le premiazioni – ricordava sempre Adorni – sono andato a casa, ma sulla strada verso Parma ero rimasto bloccato a San Lazzaro. Quando sono riuscito a ripartire mi accorsi che mancava un fanale: qualche tifoso l’aveva preso… Trovai la casa piena di gente. A un certo punto mi dissero che c’era Pietro Barilla, io avevo lavorato alla Barilla anni prima. Sono andato giù di corsa e c’era lui con i suoi tre figli, avevano portato un magnum di Dom Perignon che abbiamo bevuto tutti insieme. Cose semplici… Andai a dormire tardi, ma anche se non avessi dormito sarebbe stato lo stesso: avevo vinto il mondiale! Attaccai la maglia iridata davanti all’armadio così quando finalmente andammo a letto io e mia moglie potevamo guardarla».

Adorni aveva spiegato com’era nata la decisione di scrivere un libro.

«Il tempo passava e finora avevo sempre rimandato ma a 84 anni ho deciso di farlo con Alessandro Freschi, con cui mi sono trovato molto bene. Ci incontravamo due-tre mattine a settimana: io raccontavo, lui registrava tutto. A casa non avevo detto niente, gliel’ho fatto leggere quando era già stampato… In questo libro ho raccontato tutta la mia vita sportiva».

Però non era vero che aveva raccontato tutto tutto. E’ lui stesso a confessarlo nel libro, quando parla di una quasi lite con Sergio Zavoli. Cos’era successo? Zavoli gli aveva rinfacciato durante un’intervista che lui non gli aveva raccontato tutto. Su che cosa? Adorni non lo dirà mai…

«Ci sono cose che non si possono dire, che bisogna tenere per sé. Non abbiamo litigato, ma ogni volta che ci incontravamo mi diceva, mi devi raccontare… Tra di noi c’era una grande amicizia, era arrivato persino a mettermi al collo un microfono per intervistare i corridori durante il Giro, cosa che nessuno aveva mai fatto».

Il libro è stato presentato a Parma il 29 marzo e Adorni aveva voluto con sè i ciclisti parmigiani compagni di tante avventure: Luciano Armani, Emilio Casalini, Lauro Grazioli, Ercole Gualazzini, Pietro Partesotti, Alberto Poletti, Claudio Torelli.