Gabriele Balducci (a proposito, compie 47 anni oggi, auguri) sostiene che il direttore sportivo di una realtà più familiare e locale come può essere la Mastromarco non si ferma praticamente mai. Nemmeno adesso, a stagione finita, tra le giornate che si accorciano e i colori che cambiano.
«Chi ricopre il mio ruolo in una formazione simile alla nostra capisce bene a cosa mi riferisco – racconta – Io mi sto concedendo qualche battuta di caccia in più, ma per il resto penso ai miei ragazzi. Loro, giustamente, hanno lasciato perdere la bicicletta: c’è chi si dedica alle passeggiate, chi è andato in vacanza, chi dà una mano alla famiglia a cogliere le olive. Io, invece, faccio l’inventario, controllo cos’abbiamo e cosa ci manca, immagino il prossimo anno e ripenso a quello che sta per finire».
Tutto sommato positivo, Gabriele: non sono arrivati molti risultati, ma lo avevate messo in conto fin da subito.
«Esatto. Se guardassi soltanto ai risultati, dovrei dirti con molta onestà che in termini di vittorie abbiamo raccolto poco. Ma del resto non posso che essere contento. Dai giovani sui quali abbiamo deciso di puntare sono arrivati degli ottimi segnali e in diverse occasioni siamo riusciti a metterci in mostra. Doveva essere un anno di transizione e apprendimento, e così è stato».
Ludovico Crescioli, probabilmente il più talentuoso dei vostri ragazzi, ha raccolto dei piazzamenti importanti: quarto alla Bassano-Monte Grappa e alla Zanè-Monte Cengio, decimo a Corsanico, undicesimo alla Ruota d’Oro, ventunesimo al Lombardia ma praticamente nel gruppo che si giocava l’ottavo posto conquistato da Petrucci.
«Non ci sono stati molti corridori al primo anno nella categoria che hanno fatto meglio di lui. Da quando, in estate, ha potuto concentrarsi unicamente sul ciclismo, ha dimostrato anche una certa continuità: un aspetto in cui solitamente i ragazzi lasciano a desiderare. Ha disputato un’ottima stagione, ma non avevo dubbi».
Cosa gli chiedi per il 2023?
«A volte me lo chiedo anche io. E poi mi rispondo: niente, non gli chiedo niente. Tutti sappiamo che ha del talento: lo so io, lo sa lui e lo sanno gli addetti ai lavori. Ma è ancora giovanissimo, ha compiuto diciannove anni appena due settimane fa, e soprattutto si carica di parecchie pressioni già per conto suo: non voglio addossargli anche le mie. Posso dirgli soltanto questo: se rimane tranquillo e lavora come si deve, i risultati verranno di conseguenza».
Suo fratello maggiore Giosuè, invece, non è ancora riuscito a far fruttare quel talento che lo contraddistingueva tra gli juniores.
«E’ una mia scommessa, ma è chiaro che così non basta, siamo ancora lontani dall’essere soddisfatti. Il 2023 sarà il suo quarto anno tra i dilettanti e se vuole avere un futuro deve lanciare qualche segnale».
Niente da fare per Fabio Garzi: era il vostro corridore più esperto, ma nonostante alcune ottime prestazioni non passerà professionista.
«Voleva rimanere con noi, ma abbiamo deciso di non puntare sugli elite e quindi si è accasato alla Aries, la squadra piemontese diretta da Cheula. Devo dire che mi dispiace: Garzi è un ragazzo d’oro e secondo me ha delle ottime qualità, ma per colmare alcune sue lacune nella gestione della corsa avrei voluto averlo prima, non alla sua quarta stagione nella categoria. Sono contento che si stia riprendendo dalla bruttissima caduta al Del Rosso: trauma facciale, ha centrato uno spartitraffico. Abbiamo avuto paura».
A proposito di elite, l’esperto Filippo Magli passa professionista con la Bardiani.
«Era un accordo che avevamo già da tempo. Peccato per l’incidente che lo ha obbligato a chiudere la stagione a fine luglio: in quelle settimane stava andando fortissimo, gli mancava soltanto la vittoria (che tuttavia aveva già centrato alla Coppa Penna il primo maggio, ndr). Sono contento che passi professionista coi Reverberi, se lo merita».
Che corridore hanno ingaggiato?
«Un ragazzo serio, appassionato e maturo. Ormai il mestiere l’ha imparato: si conosce, sa come ci si allena e come si mangia, quand’è giusto forzare e quando conviene riposare. Il 29 aprile compirà ventiquattro anni, d’altronde ognuno matura a suo tempo. Anzi, parecchi talenti si mettono in luce a vent’anni soltanto perché in quel momento sono migliori della concorrenza: poi, quando questa migliora, si accorgono di non avere le basi e spariscono».
Con quale ruolo passa Magli?
«E’ uno dei nuovi arrivati, ma non è più un ragazzino. Io credo che possa farsi apprezzare come uomo-squadra, ma non mi stupirei se riuscisse a togliersi anche qualche soddisfazione personale. Non diventerà un fuoriclasse, e lo dico col massimo rispetto, ma ha le qualità e l’intelligenza per ritagliarsi il proprio spazio e durare parecchi anni tra i professionisti».
A voi rimane Lorenzo, il fratello di tre anni più giovane, forse la scoperta più piacevole della vostra stagione.
«Voglio essere sincero: lo avevamo ingaggiato perché siamo sempre stati in ottimi rapporti con Filippo e la sua famiglia, ma non ci aspettavamo che potesse crescere così tanto. Quest’anno ha vinto quattro gare, battendo anche atleti veloci ed esperti come Quartucci, Nencini, Nessler e Faresin. E quel quinto posto allo sprint nella prima tappa del Giro è indicativo: non è valido soltanto nelle corse regionali, insomma. Mi piace il piglio con cui corre, sono molto fiducioso».
Chi avete ingaggiato per il prossimo anno?
«Avremo dodici corridori. Tra i nuovi arrivati ci sono tre juniores: Alessio Frius, Matteo Bennati e Marcus Galletti, questi ultimi rispettivamente nipote del commissario tecnico e figlio del povero ex professionista Alessio. Ma se fanno parte dei nostri è perché crediamo nelle loro qualità, il cognome che portano cerchiamo di lasciarlo fuori. E poi ci sarà un ragazzo dell’Isola di Man, Tyler Hannay».
Come siete entrati in contatto?
«Me lo ha segnalato Massimiliano Mori, che oggi fa il procuratore. Io gliel’ho detto: sono come San Tommaso, se non vedo non credo. Correva in una squadra francese, ma lo abbiamo convinto a fermarsi a Mastromarco per un breve periodo così da misurarlo nelle gare del calendario italiano. Per me ha del potenziale. E’ un passista-scalatore e nella vittoria di Lorenzo Magli a Lucca è stato fondamentale. Nel 2021 ha vinto il Giro del Galles riservato agli juniores, una corsa prestigiosa che in passato ha visto trionfare corridori come Wright e Pidcock. Sono cautamente ottimista».
La Mastromarco ingaggia un corridore dell’Isola di Man nell’autunno che fa registrare un vero e proprio esodo di talenti italiani all’estero. Cosa ne pensi?
«Che non deve diventare una moda e che non bisogna agire di fretta. Per alcuni corridori è un’opportunità giusta e meritata, fanno bene a non lasciarsela scappare. Ma io rimango convinto che si tratti di una minoranza. Non possono essere tanti, infatti, i corridori che a vent’anni si sentono pronti per fare la valigia, andare a correre e magari anche a vivere all’estero, entrando a far parte di ambienti completamente diversi da quelli dilettantistici italiani».
Ma le chance di guadagnarsi il professionismo aumentano.
«Non sono mica sicuro. O meglio, non generalizzerei. Quanti ragazzi dei vivai passano professionisti? E se ci arrivano, quanto ci rimangono? E che ruolo ricoprono? Le squadre di sviluppo delle World Tour, inevitabilmente, sono ricche e ambiziose. Spesso, e questo lo so per esperienza diretta, ingaggiano i corridori immaginandoseli già abbastanza competitivi e pronti. Hanno pazienza, ma fino ad un certo punto. E’ raro che puntino sul corridore parecchio acerbo che per crescere ha bisogno di anni».
Un profilo più adatto alla Mastromarco, si può dire?
«Certo, non me la prendo mica: la storia, i risultati e i corridori passati da qui parlano per noi. Chi interpreta la professione come me si rende presto conto che oltre al ciclismo c’è tanto altro. Quando arrivano tra gli Under 23, i ragazzi stanno attraversando uno dei momenti più delicati della loro vita: devono capire cosa vogliono e possono fare da adulti. Bisogna parlarci, conoscerli, passarci del tempo insieme. Bisogna comportarsi da psicologi, talvolta. Ne ho visti tanti di juniores che s’immaginavano già professionisti per poi rendersi conto, tra i dilettanti, che la loro vita era un’altra. Spero che nei vivai delle formazioni più blasonate ci siano pazienza e sensibilità».