BS BIKESTAR / La Pinarello Bolide F HR 3D di Ganna ai raggi X: tutti i dettagli che hanno fatto la differenza (VIDEO)

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Quanto è contato il singolo infinitesimale dettaglio nei 56.792 metri che Filippo Ganna ha percorso in sella alla sua Pinarello Bolide F HR 3D in un’ora, lo scorso sabato al velodromo di Grenchen? Tanto? Niente? Qualcosa più di niente?

Diciamo che come corridore del Team Ineos Grenadiers ha avuto sicuramente a che fare con i cosiddetti “marginal gains“. Gli stessi che da sempre hanno ispirato la squadra britannica, sin dai tempi in cui si chiamava Team Sky. Dettagli apparentemente infinitesimali a livello tecnico ma che possono fornire un vantaggio in qualche modo. Figuriamoci quando si devono percorrere oltre 200 giri di pista e stantuffare ben oltre 5.000 pedalate.

Ganna e la stabilità

Della Pinarello Bolide F HR 3D ne abbiamo parlato diffusamente anche in questo nostro precedente video. Un telaio da 33.000 euro di costo in alluminio stampato in 3D, il metodo più sicuro per riuscire a dare alla struttura le forme volute. E pure un manubrio integrato in titanio, anche questo “cesellato” dal laser, ovviamente su misura e dal costo (se qualcuno volesse mai comprarlo) di 27.000 euro.

Forme ideate al computer, dall’analisi a elementi finiti, che hanno chiamato un causa anche la biomimetica. Parliamo di una disciplina che imita quanto visto in natura per riproporlo in tematiche tecniche. Non un approccio inedito nel ciclismo, se vogliamo proprio dirlo, perché una delle primissime volte in cui si è parlato di biomimetica risale al 2016, quando il marchio americano Zipp presentò le sue ruote 454 NSW. Caratterizzate dal profilo “sawtooth” (tradotto: dente di sega).

Nella bicicletta di Filippo Ganna la ritroviamo sul piantone, e l’idea alla base (anche qui, come per Zipp all’epoca) è ricavata osservando le pinne di un cetaceo. Quella “dentatura” al di sotto serve all’animale a rimanere stabile in acqua, convogliando i flussi di acqua che sposta. Lo stesso si può dire per il piantone e il reggisella di Ganna. Sul filo dei 60 orari, trascorrendo oltre la metà del tempo in curva e con ruote lenticolari, c’è bisogno che la bici resti il più possibile stabile oltre che aerodinamicamente efficiente.

Poi ci sono gli ingombri del telaio ridotti in larghezza ovunque, sia per le battute dei mozzi che per la scatola del movimento centrale. E infine, fattore non da poco, il corridore di Verbania è pur sempre alto 193 centimetri. Va bene la velocità, ma serve anche il controllo per non perdere centimetri preziosi con una bici meno agevole da governare.

L’angelo custode di Ganna

Giovanni Carini, meccanico, è stato colui che materialmente ha allestito la Pinarello Bolide F HR 3D, dal primo all’ultimo bullone. E ci ha spiegato alcuni dettagli non certo scontati. Iniziamo dalla sella, una Fi’zi:k Ares che richiama quella usata nelle crono su strada dallo stesso Ganna e dotata di un’imbottitura intermedia all’interno.

Immancabile un inserto “grippante” per tenere sempre il corridore in posizione e non farlo scivolare in avanti, ma anche un assetto inclinato verso il basso, di qualche grado. Questo per ovviare a dei dolori che Ganna aveva inizialmente riscontrato nelle prove, dopo una trentina di minuti. Pedalare sempre seduti, ad alta frequenza e con il rapporto fisso non è propriamente comodo per le zone a contatto con la sella.

Un filo sotto i 10

Le sezioni della bici più strette hanno riguardato anche e ovviamente la trasmissione. Movimento centrale CeramicSpeed più stretto, a muovere una guarnitura specifica monoblocco in alluminio con pedivella da 175 millimetri. In carbonio ci sono le corone, trattate in maniera top secret per offrire la massima scorrevolezza. Inizialmente si era pensato al 66/14 come combinazione (4,71 come rapporto) per uno sviluppo metrico superiore ai 10 metri. La scelta è invece ricaduta su un 65/14, ovvero 9,73 metri a singola pedalata.

Da come ha confidato Carini ai microfoni di Quibicisport, di test ne sono stati fatti tanti. Inizialmente con il 64/14 aveva realizzato 54 chilometri in un’ora a Montichiari, in un test definito “blando” che ha fatto però immediatamente capire come Ganna fosse pronto per il record dell’ora. Ottenuti i materiali definitivi, si era allora ipotizzato l’uso della corona del 66, anche pensando alla scorrevolezza della pista. Ma alla fine la scelta è ricaduta sul 65.

Invecchiare insieme

Altro elemento della trasmissione, perlomeno cruciale, è stata la catena. Una Izumi Kai da pista, a passo standard da 1/2 pollice (12,7 millimetri) di distanza tra i due piolini. Una scelta tutt’altro che scontata, considerato che ad esempio la nazionale britannica alle Olimpiadi di Tokyo ha sfruttato trasmissioni con catena a passo ridotto (3/8 di pollice, quindi 9,6 millimetri), e la Ineos Grenardiers è pur sempre un team d’oltremanica.

Ed ecco allora che della formazione anglosassone escono fuori i “marginal gains” di cui parlavamo prima. Per avere la massima efficienza di trasmissione, catena e ingranaggi hanno girato insieme parecchio sul banco prova per raggiungere lo stesso livello di usura. Ovviamente non per consumarli, ma per proporli al meglio della loro “longevità” e farli lavorare nel modo più efficiente possibile. Altro dettaglio, l’ingranaggio posteriore ha subito un trattamento specifico di scorrevolezza che avrebbe retto per circa un’ora e mezza. Quindi perfetto per il tentativo di Ganna.

Tubeless, ma con camera

Chiudiamo con le ruote. Le lenticolari di Princeton sono un modello tubeless, e così anche la copertura utilizzata. Una Continental da 23 millimetri di sezione, che come catena e ingranaggio è stata fatta girare un po’ per raggiungere il livello ideale di usura. Gli studi sulla pressione da utilizzare nel velodromo di Grenchen in questo caso hanno preso in considerazione un buon ventaglio di ipotesi.

La copertura tubeless, latticizzata e installata sulla ruota, poteva essere gonfiata al massimo a 6,5 bar. Maggiore scorrevolezza la si è allora ottenuta utilizzando la Continental tubeless di cui sopra, ma con camera d’aria interna. Un modello latex superleggero, gonfiato oltre gli 8 bar, che è poi anche il massimo che la ruota può reggere per non rischiare lo stallonamento. La pressione regolata circa 20 minuti prima della prova è stato l’ultimo intervento dei meccanici. Poi dita incrociate, perché sarebbe toccato a Ganna e alla Pinarello Bolide sfidare le lancette.