Boscolo su Buratti, vincitore del Prestigio: «Da juniores non era un fuoriclasse, ora merita il professionismo»

Boscolo
Renzo Boscolo alla Firenze-Empoli 2022
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Adesso che Nicolò Buratti si è definitivamente imposto come uno dei migliori talenti italiani è fin troppo facile decantarne le lodi e le qualità. In una manciata di settimane, infatti, ha vinto a Poggiana e Capodarco, ha sfiorato il Giro del Friuli, ha corso da capitano la prova in linea dei mondiali di Wollongong (ventitreesimo, primo azzurro all’arrivo) e grazie al quarto posto centrato a San Daniele del Friuli ha conquistato la classifica finale del Prestigio.

«Noi abbiamo cominciato a tenerlo in considerazione fin da quando correva negli allievi – racconta Renzo Boscolo, storico direttore sportivo del Cycling Team Friuli – Bisogna essere onesti, non era assolutamente un fuoriclasse in divenire. Però intravedemmo in lui qualcosa, un lampo di talento che col tempo sarebbe potuto emergere. D’altronde noi non siamo mai andati alla ricerca spasmodica del grande nome. Sono i corridori come Buratti quelli che ci piacciono maggiormente: quelli da far crescere gradualmente e sui quali si può imbastire un progetto».

Renzo, Buratti non aveva particolarmente brillato nemmeno tra gli juniores.

«Vado a memoria: in due anni vinse una sola gara in Austria. Noi eravamo presenti perché nell’arco del fine settimana avrebbero corso tutte le categorie, dilettanti e professionisti compresi. Lo vedemmo trionfare e ci dicemmo: forse qualcosa si sta muovendo. Però è corretto quello che hai detto: davanti a Buratti c’erano almeno altri trenta o quaranta juniores».

Poi, al primo anno tra gli Under 23, ha scelto il Pedale Scaligero. Perché non voi?

«Perché ormai avevamo già completato l’organico. Così decidemmo di appoggiarci al Pedale Scaligero, una formazione con cui collaboriamo da tempo. In quella stagione, era il 2020, vinse una gara nelle Marche e raccolse qualche piazzamento. Lo seguiva già Andrea Fusaz, uno dei nostri direttori sportivi nonché preparatore del Ctf Lab».

Dopodiché, nel 2021, è entrato a far parte del Cycling Team Friuli.

«Finché si parla di prestazioni, il corridore c’era già lo scorso anno. Gli mancavano i risultati, che non è poco, attenzione: ma chi possiede un minimo d’intuito ed esperienza poteva già accorgersi del suo valore. Al Giro, ad esempio, chiuse quattro tappe tra il quinto e il decimo posto. Vinceva sempre la volata del gruppo, ma ormai la fuga era arrivata. Forse, in quella situazione, gli è mancata una squadra forte come quella di quest’anno in grado di tenere chiusa la corsa».

Prestigio
L’arrivo di Nicolò Buratti a Poggiana, prova del Prestigio, davanti a Federico Guzzo (foto: Photors.it)

Quest’anno, infine, ha fatto il salto di qualità che tanti gli chiedevano.

«Sì, ha trasformato in risultati le ottime prestazioni che già riusciva a fornire. Una volta raggiunto un buon livello basta poco: per sbloccarsi può essere sufficiente vincere una gara. A questo punto direi che è pronto per il professionismo. Intendo per il World Tour: un altro anno tra gli Under 23 o comunque in una Professional non sarebbe coerente col suo percorso crescita. Lo reputerei quasi limitante».

Il suo passaggio nella massima categoria va già dato per scontato?

«Le trattative le segue il suo procuratore, Raimondo Scimone. Io posso soltanto dirvi che, com’è normale che sia, ha ricevuto parecchie offerte. Adesso starà a loro valutare la migliore, ma di certo la scelta non gli manca».

Quali sono i suoi pregi e i suoi difetti?

«Buratti è un corridore completo: resistente in salita, rapido in volata, forte sul passo. E questo, secondo me, nel ciclismo di oggi è un pregio, perché permette di essere competitivi lungo tutto l’arco della stagione. Difetti evidenti non ne vedo, ma sicuramente deve lavorare sulla leadership. Stiamo parlando di un ragazzo tranquillo e riservato, ma per raccogliere vittorie tra i professionisti bisogna sfoggiare un bel carattere. Ecco, se riuscirà a guadagnare ancora più fiducia in se stesso sono sicuro che saprà farsi intendere anche nella massima categoria».

E’ corretto definirlo un corridore da classiche?

«Senza dubbio, è naturalmente portato per le corse di un giorno: tanto fisicamente quanto psicologicamente. Se devo essere sincero l’ho visto pedalare bene anche sul pavé, ma quello che abbiamo affrontato non è paragonabile a quello della Roubaix, quindi non mi azzardo ad andare oltre questo appunto. Inoltre, credo che Buratti possa fare bene anche in quelle brevi corse a tappe non troppo impegnative che spesso si giocano anche sugli abbuoni».

Ti ricorda qualche corridore avuto in passato?

«No, anche se di base a me non piace fare paragoni. Credo che ogni corridore sia unico per caratteristiche tecniche e umane. Sono molto felice, e parlo più in generale, che incarni a pieno lo spirito della nostra squadra. Ci siamo sempre mossi in base ai nostri progetti, senza ingaggiare corridori a caso né limitandoci agli ordini d’arrivo. Siamo contenti della bontà del nostro lavoro e della crescita di Nicolò. A questo punto, il nostro in bocca al lupo per il suo futuro».