Vuelta di Spagna, Zambanini cresce e sorprende: «Esperienza importante. Se ci sarà un’altra possibilità, non mi tirerò indietro»

Zambanini
Edoardo Zambanini al training camp della Bahrain-Victorious (photo Tommaso Pelagalli/BettiniPhoto©2020 )
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Un giro di circa trenta chilometri intorno a Jerez de la Frontera per scaricare dalle fatiche di due settimane davvero intense e che lo hanno visto grande protagonista. Edoardo Zambanini fa parte di quel gruppo di giovani italiani al debutto in una grande corsa a tappe. Come lui anche Tiberi, Conca e Battistella, ragazzi pronti a mettersi in mostra e conquistare il mondo dei professionisti.

Edoardo, che da quest’anno veste la maglia della Bahrain-Victorious dopo due anni tra gli Under 23, ha disputato fino a questo momento una Vuelta al di sopra di qualsiasi aspettativa. Due giornate in fuga nella nona e dodicesima tappa in cui ha lottato fino all’ultimo per la vittoria. Nel primo caso ha addirittura chiuso terzo alle spalle di Meintjes e BattistellaLes Praeres. Come se non bastasse, Zambanini è anche il primo degli italiani in classifica generale, trentacinquesimo a 59’06”.

Edoardo, ti aspettavi un debutto simile?

«Sinceramente no. Inizialmente non dovevo neppure correrla la Vuelta, poi la squadra mi ha dato fiducia e sono partito per Utrecht. Non vi nascondo la grande tensione prima della cronometro a squadre. So di essere in una squadra che corre per obiettivi importanti, e io ero al debutto, non volevo deludere il team».

Hai risposto alla grande con due fughe di valore. Ce le racconti?

«Quello che ho capito in queste due settimane di Vuelta è che nei grandi Giri centrare la fuga è davvero complicato. Si parte davvero forte e ci sono tappe in cui ci vuole circa un’ora o un’ora e mezza per far sì che un gruppetto riesca ad evadere. Essere riuscito a entrare in quelle due fughe ha significato molto, specie moralmente. Tatticamente parlando quando ho visto cinque-sei atleti provare ad andare via, ho capito che quella poteva essere l’azione giusta. Ho collaborato fino alla salita finale, poi ho cercato di salire senza strafare».

Cosa ti ha chiesto la squadra prima della Vuelta?

«Niente di particolare, solo di imparare da questa esperienza così importante. Sono al primo anno tra i professionisti e la squadra mi ha fatto partecipare a diverse corse a tappe. Questo mi ha fatto crescere molto, mi ha insegnato a come gestire le energie, i recuperi, i giorni di riposo. Diversi fattori che mi aiuteranno in futuro».

E cosa chiedi tu alla tua terza settimana?

«È la prima volta in assoluto che mi capita di correre per così tanti giorni consecutivi. Ancora non mi conosco alla perfezione, quindi preferisco non mettermi obiettivi. Se ci sarà la possibilità di andare nuovamente in fuga non mi tirerò indietro, come ovviamente proverò ad aiutare i miei compagni. Sarà molto importante per me arrivare a Madrid e poter dire di aver portato a termine la corsa».

Da Under 23 andavi bene in salita, ma anche nelle volate ristrette. Questo primo anno tra i pro’ ti ha aiutato a capire che corridore sarai in futuro?

«Innanzitutto dobbiamo dire che qui il livello è davvero molto alto, seguire il ritmo dei migliori quando la strada inizia a salire non è facile. Anche in questo caso si tratta di gestione, capire quando è il caso di rispondere agli scatti oppure salire del proprio ritmo. A me piacciono le salite non troppo lunghe, come quelle che hanno portato al traguardo di Las Praeres. Da Under 23 o Juniores mi sentivo più velocista, ora sento di migliorare giorno dopo giorno anche in salita».

Quali differenze hai notato rispetto allo scorso anno quando eri ancora U23?

«Ci sono differenze sia in allenamento sia in corsa. Nel primo caso ovviamente sono aumentate le ore, l’intensità, il chilometraggio: si spinge di più, senza alcun dubbio e tutto è preparato alla perfezione. Nel secondo invece è diverso proprio il modo di correre. Tra i pro’ va via la fuga e le squadre interessate si mettono davanti a controllare, mentre tra gli Under è tutto molto più tirato. Ci sono scatti e controscatti continui, non c’è mai un attimo dove tirare il fiato».

Che programmi hai dopo la Vuelta?

«Ancora non lo so. Vediamo se e come arriverò a Madrid, poi in base anche alla mia condizione stileremo il calendario per il finale di stagione».