TOUR DE FRANCE / TOUR mon amour: con Van Aert c’è Van Hooydonck, che ha perso un figlio a dicembre

La "guardia" giallonera della Jumbo-Visma batte il tempo per Roglic al Tour de France 2020. Scena ormai consueta (foto A.S.O./Pauline Ballet).
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Tour mon amour è la rubrica di Bicisport che racconta una storia, un personaggio, un frammento di ognuna delle ventuno tappe della Grande Boucle. Non necessariamente chi ha vinto o chi ha perso, ma chi ha rubato la nostra attenzione o il nostro sguardo anche solo per un attimo.


Partito penultimo, chissà se l’idea di ribaltare Lampaert e vestire la prima maglia gialla del Tour de France ha sfiorato Nathan Van Hooydonck. In una giornata del genere sarebbe pure potuto accadere, a maggior ragione se si pensa che Van Hooydonck è stato campione belga nelle prove contro il tempo tra gli Under 23. Adesso di anni ne ha 26 e dalla passata stagione è il gregario di cui Van Aert si fida maggiormente nelle classiche del Nord.

Lo zio di Nathan, Edwig, ha corso tra i professionisti tra la fine degli anni ottanta e l’inizio dei novanta, vincendo due edizioni del Giro delle Fiandre e arrivando altrettante volte terzo alla Parigi-Roubaix. Van Hooydonck racconta che lo zio è sempre stato un modello, mai una figura ingombrante. La prima corsa in assoluto fu una prova di ciclocross insieme al cugino di un anno più piccolo, figlio di Edwig. Arrivarono entrambi distaccati di qualche minuto da un olandese di cui si parlava già con rispetto: Mathieu Van der Poel.

Oggi, per una manciata di minuti, Van Hooydonck deve aver pensato che stasera ci sarebbe stato da festeggiare: uno tra Laporte e Van Aert avrebbe probabilmente preso la maglia gialla. Invece il primo è scivolato quando era in testa alla classifica virtuale e il secondo è rimasto di sasso di fronte alla prestazione di Lampaert, appassionato di trattori (“El Tractor” è anche il soprannome di Tim Declercq, suo compagno alla Quick-Step, una delle prime vittime dei tamponi alla vigilia della partenza). Poco male, Van Hooydonck ha dovuto digerire drammi più grossi.

Il 28 dicembre dello scorso anno, infatti, Nathan e sua moglie Alicia hanno perso loro figlio, Tiago, appena nato. «Siamo stati in tre, seppur per un attimo – ha ricordato poi il belga – Alicia si è rivelata molto più forte di me. È stata lei, a gennaio, a convincermi a raggiungere in ritiro i miei compagni della Jumbo-Visma. Loro sono stati fantastici: si sono sforzati di capirmi, dandomi la possibilità di tornare a casa se non ce l’avessi fatta. Io cerco di non pensarci, ma a volte il cuore mi si rompe in mille pezzi».

Nonostante tutto Van Hooydonck ce l’ha fatta. Ha accarezzato l’idea del ritiro, poi si è buttato nelle classiche al fianco di Van Aert portando a termine Sanremo, Gand, Fiandre, Amstel e Roubaix. Il risultato della cronometro di oggi è ininfluente per lui (57esimo al traguardo), che non vede l’ora di rifarsi col suo capitano nella tappa del pavé, la quinta. Lui che, almeno fino a qualche mese fa, a questo Tour non doveva nemmeno esserci.