AMARCORD/100 Il Giro di Pantani, emozione pura: sul Pirata e sul ciclismo un’ondata di passione

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«Il ciclismo vero, quello della leggenda alpestre, quello che sanno scrivere uomini come Pantani, spinti da un grande cuore e dalla capacità di combattere con doppio accanimento quando la strada sale, sa ancora calamitare l’attenzione della gente generando passioni fortissime». Realizzato a tempo di record, il numero speciale di Bicisport dedicato al Giro d’Italia celebrava così, nel giugno 1998, il trionfo di Marco Pantani. Un’impresa tanto agonistica quanto mediatica, dato che il modo di correre del Pirata aveva attirato sul ciclismo una poderosa ondata di interesse, titoli cubitali su tutti i giornali e ascolti televisivi da record.

L’avventura rosa era cominciata a Nizza, sede del cronoprologo. Alla vigilia, il superfavorito era lo svizzero Alex Zülle, una sorta di Indurain più umorale e meno affidabile, che alle spalle aveva già un secondo posto al Tour e due successi alla Vuelta. Poi c’erano due che il Giro lo avevano già vinto: Ivan Gotti (primo nel 1997) e il russo Pavel Tonkov (vincitore nel 1996).

Pantani, capitano assoluto della Mercatone Uno, era una variabile possibile, ma su di lui pesava una specie di sortilegio: dopo l’exploit del 1994 (secondo dietro a Berzin e prima di Indurain), aveva dato forfait nei due anni successivi, per le conseguenze di due gravi incidenti. Si era ripresentato nel 1997 per uscire subito di scena, a causa di una caduta. Che fosse pronto per vincere una grande corsa a tappe lo aveva dimostrato qualche mese prima, salendo sul podio del Tour de France. Il suo problema, sfortuna a parte, erano le tre cronometro sparse nel tracciato del Giro, nelle quali rischiava di accumulare svantaggi difficilmente recuperabili.

Pantani, crono da incubo: Zülle sembrava imbattibile

Lo si vide proprio nella breve prova contro il tempo del primo giorno: in soli 7 chilometri, Zülle lo lasciò a 39 secondi. I primi giorni furono quelli delle scaramucce tra lui e Bartoli, che notoriamente non si amavano: per due volte il toscano attaccò alla ricerca della maglia rosa, per due volte Pantani gli andò dietro, portandogli sotto il gruppo. Al sesto giorno Bartoli riuscì comunque a vestire i panni del leader, ma nella tappa successiva, al Lago Laceno, Zülle con una impressionante accelerata nel finale si prese tappa e maglia.

Nelle tappe successive si applaudirono soprattutto i quattro rush vittoriosi di Mario Cipollini. Ma verso Piancavallo, prima salita vera, un forcing della Mercatone Uno lanciò Pantani all’attacco. Gotti andò a picco (di lì a qualche giorno avrebbe abbandonato per una gastroenterite), Zülle e Tonkov limitarono i danni. «Qui è cominciata la mia corsa e Zülle deve avere paura», disse al traguardo Pantani.

Un proclama che sembrò sbriciolarsi il giorno dopo, nella cronometro di Trieste, quando il Pirata fu preso e sorpassato lungo il percorso dallo svizzero, che concluse la prova a 54 di media. Tonkov riuscì in qualche modo a difendersi, Pantani venne sbattuto in classifica a quasi 4 minuti.

A quel punto serviva un vero e proprio golpe per rovesciare le sorti del Giro. E l’occasione arrivò il 2 giugno, sulla strada verso Selva di Val Gardena. Lungo la terribile Marmolada Pantani andò via con “turbo” Guerini, che quel giorno diede il meglio di sé. Tonkov come al solito si difese senza crollare, Zülle andò inaspettatamente in crisi («la Marmolada è stata la salita più dura della mia vita», disse), ma rimase in classifica. Al traguardo, Guerini prese la tappa, Pantani la maglia.

La resa dei conti con Tonkov: un thriller

Rimanevano due tappe di montagna e una cronometro. All’Alpe di Pampeago, Pantani provò a far saltare Tonkov, che gli rimase attaccato e vinse la tappa. Ma la vera, memorabile resa dei conti tra i due avvenne il giorno dopo, sull’ascesa di Montecampione. Zülle, ormai esaurito, andò definitivamente alla deriva già nei primi chilometri; il Pirata e il russo salirono in coppia verso il traguardo. Tonkov, che in classifica era a soli 27” da Pantani, puntava a uscire illeso e vincere il Giro nell’ultima cronometro, nella quale partiva nettamente favorito rispetto all’avversario.

I chilometri finali furono degni di un thriller d’autore. Pantani ogni tanto forzava l’andatura alzandosi sui pedali, Tonkov non gli concedeva un metro. Il traguardo che si avvicinava sembrava una sentenza a favore del russo. Un allungo, poi un altro, e Tonkov non batté ciglio. Poi Pantani riprovò: «Mi sono detto: o salta lui o salto io», dirà sul traguardo. E fu la volta buona: il filo invisibile che legava Tonkov alla sua ruota si spezzò, il russo scivolò all’indietro, Pantani in poco più di due chilometri gli diede circa un minuto.

Dalla sua casa di Dozza, dove era rimasto per problemi di salute, il vecchio guru Luciano Pezzi, vera anima del progetto Mercatone Uno, dedicò parole emozionanti al suo pupillo: «Avevo detto a Pantani che i romagnoli prima di morire fanno tre salti. Lu li ha fatti, i tre scatti di Montecampione con cui ha battuto Tonkov».

Il verdetto però era ancora appeso: nei 34 chilometri della crono di Lugano, Tonkov doveva recuperare a Pantani 1’28”. Possibile, sulla carta, ma la strada dette un responso diverso. Pantani fu all’altezza del rivale, anzi gli diede 5 secondi, centrando un terzo posto largamente superiore alle aspettative. Suo era il Giro, sua anche la gloria, visto l’entusiasmo che riuscì a scatenare in quei giorni.

Dopo le feste di rito, Pantani cominciò a pensare al Tour de France. La sua magica estate 1998 era solo all’inizio.