Boscolo, bell’inizio per il Friuli: «E domani alla Vicenza-Bionde i giovani guidati da Andreaus»

Boscolo
Renzo Boscolo in una foto d'archivio alla Firenze-Empoli Under 23
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Nelle passate stagioni, quelle segnate dalla pandemia, Renzo Boscolo del Cycling Team Friuli lamentava principalmente una cosa: l’impossibilità di lavorare insieme, di poter creare un gruppo vero e proprio. Non soltanto con gli allenamenti.

«Il nostro ottimo inizio di stagione è dovuto proprio al bell’inverno che abbiamo trascorso. Ormai sapete come lavoriamo quando non pedaliamo: team building, tattica, tanti video. Non tralasciamo mai stati d’animo e personalità, abbiamo bisogno di conoscere e sapere chi sono i ragazzi con cui abbiamo a che fare. Finalmente c’è stata la possibilità e direi che si vede».

Qualche vittoria e diversi piazzamenti in poche settimane di gara grazie a Buratti, Andreaus, De Biasi, De Cassan, Miholjevic, Petrelli e Stockwell.

«Sì, sicuramente i risultati fanno piacere, ma io voglio porre l’attenzione sul resto: sul piglio, sulle prestazioni. Sempre all’attacco, sempre nel vivo della gara, ci siamo mossi come una squadra rischiando anche di perdere. Ecco, questo è l’atteggiamento che voglio vedere e che ci ha sempre contraddistinto. Mi fa capire che siamo sulla strada giusta».

Boscolo, in che maniera ha influito la partnership instaurata con la Bahrain-Victorious, della quale siete diventati una sorta di vivaio?

«Sai, noi abbiamo lavorato come sempre prima della pandemia, quindi da questo punto di vista direi che è stata mantenuta una certa autonomia. Ad aumentare è stata l’euforia: i ragazzi sono consapevoli che una delle formazioni più importanti del World Tour li segue da vicino, talvolta venendo anche alle gare».

Esiste una sorta di prelazione?

«E’ chiaro che soltanto alcuni corridori del Cycling Team Friuli riusciranno a strappare un contratto con la Bahrain-Victorious. Tuttavia, pensando alla seconda parte della stagione, sicuramente la squadra emiratina ci terrà in forte considerazione per quanto riguarda gli stagisti. Abbiamo preferito mantenere la nostra struttura per una questione di tradizione e riconoscibilità, ma vi garantisco che il rapporto tra noi e loro è molto stretto».

Il responsabile delle performance della Bahrain è Vladimir Miholjevic, ex professionista nonché padre del vostro Fran. Probabilmente il talento più brillante del Cycling Team Friuli.

«E’ un ragazzo d’oro: intelligente, sensibile, carismatico. Quand’è in forma e la gara si adatta alle sue caratteristiche, i ragazzi sono molto contenti di aiutarlo. Riesce a motivarli, a coinvolgerli, a portarli dalla sua parte. Ogni volta che taglia il traguardo pensa alla corsa successiva e agli aspetti che può ancora migliorare».

Che corridore è?

«E’ al secondo anno tra gli Under 23, compirà vent’anni il 2 agosto: già questo dà la misura di quanto ancora possa crescere. E’ forte sul passo, infatti lo scorso anno ha vinto la cronometro dei campionati croati riservata agli Under 23, ma sa il fatto suo anche in salita: nel 2021 ha fatto 4° a Capodarco e 3° nella classifica generale della Carpathian Couriers Race, quest’anno ha centrato il Gp Vipava Valley in Slovenia e il secondo posto a San Vendemiano, non troppo distante da Guzzo. Non si può ancora stabilire fin dove potrà arrivare».

Combattivo anche De Biasi: 3° al Fubine, 2° all’Adria Mobil e 9° a Reda. Gli manca soltanto la vittoria.

«E’ una scommessa, direi vinta, di Fabio Baronti, uno dei direttori sportivi del Cycling Team Friuli. Lo segue personalmente e non aveva dubbi. De Biasi è il nostro atleta modello: tra gli juniores ha raccolto dei buoni risultati, certo, ma non clamorosi, e tra i dilettanti ha iniziato a trovare la sua dimensione col passare del tempo. Si è impegnato molto e non ha mai smesso di credere in se stesso e nel nostro progetto di crescita. Mi ricorda Davide Bais e Alessandro De Marchi».

Boscolo, in che senso?

E«sattamente come loro non ha paura di prendersi le proprie responsabilità. Alla vigilia dell’Adria Mobil gli abbiamo detto che il leader sarebbe stato lui e alla fine ha chiuso 2°, battuto soltanto da una vecchia volpe come Paterski che ha 35 anni e in passato ha corso con Liquigas, Cannondale e Ccc. Allo stesso tempo, tuttavia, sa mettersi completamente a disposizione degli altri senza mai lamentarsi. Ha capito cos’è il ciclismo, cosa vuol dire avere un ruolo e rispettare le gerarchie».

Secondo te è pronto per il professionismo?

«E’ al terzo anno, compirà 21 anni il 16 ottobre e sta migliorando settimana dopo settimana. Quindi dico di sì: se continua così merita assolutamente una chance tra i grandi. Però di un corridore come De Biasi si accorge quel direttore sportivo o quell’osservatore che viene sulle strade, anche quelle di periferia. Per intuire il valore di Alessandro De Marchi era necessario seguirlo da vicino e osservarlo mentre cercava d’entrare nelle fughe. Negli ordini d’arrivo non figurava sempre e c’era il rischio che nessuno scommettesse su di lui. Per De Biasi vale lo stesso discorso».

Quali corse avete messo nel mirino?

«A grandi linee il Giro, gli europei e i mondiali perché sono le vetrine più prestigiose. Ma come ho spiegato in precedenza, a noi più del risultato interessa la prestazione. Ad esempio, domani saremo alla Vicenza-Bionde e faremo di tutto per onorarla. E’ una corsa a cui teniamo: lo scorso anno siamo arrivati 2° con Pietrobon, nel 2018 l’abbiamo vinta con Aleotti».

E voi Boscolo, su chi punterete?

«I più esperti lunedì partiranno per il Giro di Sicilia dei professionisti, quindi alla Vicenza-Bionde avremo una squadra giovanissima. Rientra Olivo dopo alcuni problemi al ginocchio e poi avremo Gazzara, Skerl, Milan (fratello minore di Jonathan, ndr). E Andreaus, ovviamente, fin qui il più bravo dei nostri primi anni. Mi piace perché è un combattente, è già entrato tantissime volte in fuga: è così che si prende confidenza col ciclismo».

Corse all’estero, confronti coi professionisti, le gare più importanti del calendario dilettantistico italiano: Boscolo, una varietà invidiabile.

«Molti addetti ai lavori, un po’ perché ci credono e un po’ per posa, ultimamente hanno iniziato a criticare pesantemente le prove di secondo piano e i circuiti: come se non servissero a niente. Ecco, io non la penso così: secondo me è necessario cambiare, alternare, mescolare. Andare nell’Europa dell’Est o del Nord è fondamentale, ma una formazione italiana non può correre soltanto laggiù. Io reputo preziose anche quelle gare nostrane più abbordabili».

Perché?

«Essenzialmente per tre motivi. Punto primo: una squadra forte non può nascondersi, deve dimostrare d’esserlo prendendo in mano la corsa, e questo secondo me aiuta i ragazzi a prendersi le proprie responsabilità. Punto secondo: si possono provare delle tattiche e capire se funzionano o meno, così da sapere come comportarsi poi negli appuntamenti più grandi. Punto terzo: servono anche le vittorie per tenere alto il morale della squadra e dei singoli ragazzi, senza dimenticare che i ragazzi al primo anno hanno bisogno di palcoscenici alla loro portata per mettersi in mostra. Questa politica per noi ha sempre funzionato, quindi continueremo ad adottarla».