L’ora di Gandin: «Sono un corridore completo e costante, i piazzamenti devono diventare vittorie»

Stefano Gandin in azione alla Vuelta al Tachira (foto: Team Corratec/Ciclismo En Linea/Anderson Bonilla)
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Stefano Gandin, classe ’96 in forza al Team Corratec, è circondato da una marea di piazzamenti. Corridore completo, abile su diversi terreni, è all’ottava stagione tra i dilettanti. Dopo un 2021 splendido è al bivio della sua carriera, sperando di imboccare la strada giusta, quella del professionismo. Ora o mai più.

Come stai, Stefano? Come hai iniziato la nuova stagione?

«Ho approcciato il 2022 iniziando a correre presto, come mai avevo fatto. Già a metà gennaio sono stato in Venezuela per la Vuelta al Tachira. Sono tornato a fine mese e poi sono subito ripartito verso la Turchia, dove ho partecipato a tre corse di un giorno e ad una corsa a tappe, il Tour of Antalya. Rientrato in Italia a fine febbraio, ho preso il via al Trofeo Laigueglia per poi ritirarmi in corsa a causa di problemi fisici. Vengo da una settimana di allenamenti blandi e da un paio di giorni fermo per recuperare. Adesso ho ricominciato in vista delle prossime gare a fine mese».

Quali sono i tuoi obiettivi? Ci sono delle gare che hai cerchiato in rosso?

«Il mio calendario è stato deciso con la squadra fino ad aprile. Vedremo poi anche in base agli inviti ricevuti dalle corse dei professionisti. L’obiettivo è prima di tutto crescere e ottenere dei risultati personali e di squadra. Nelle corse con meno squadre World Tour partiamo sempre per vincere. Abbiamo un velocista forte, Dusan Rajovic, da aiutare al meglio nelle volate. L’appuntamento vicino più importante è il Giro di Sicilia ad aprile».

Hai vestito tante maglie tra i dilettanti e quest’anno sei passato al Team Corratec. Che aria si respira? Hai riscontrato grosse novità rispetto alle esperienze passate?

«I primi anni da dilettante li ho trascorsi in squadre minori e questo non mi ha aiutato molto a crescere. Il salto di qualità l’ho fatto vestendo la maglia della Zalf, dove il livello più alto in squadra ti spinge a migliorare costantemente. Nonostante alla Zalf non mancasse nulla, visto che parliamo di uno dei colossi del dilettantismo italiano, posso dire che in Corratec c’è una base organizzativa davvero notevole: tanti mezzi e ogni tipo di supporto per noi corridori».

Facciamo un passo indietro. Come ti sei avvicinato al ciclismo?

«La mia famiglia è appassionata di sport e mi ha spinto fin da piccolo a praticare diverse discipline. Al ciclismo mi sono avvicinato per caso. Poco lontano da casa mia c’era un palazzetto sportivo e nei dintorni molte sere d’estate si allenava il Pedale Marenese, la squadra giovanile del mio comune (Mareno di Piave, in Veneto, ndr). Passavo tanto tempo ad osservarli in silenzio. Una sera superai la timidezza e chiesi di unirmi a loro per provare. Il primo allenamento fu come un colpo di fulmine».

C’è un ciclista a cui ti ispiri particolarmente?

«Fin da bambino ho ammirato Alberto Contador, anche se non rispetta le mie caratteristiche. Ho sempre fatto il tifo per lui e per il suo modo di correre, perennemente all’attacco».

Per chi non ti conosce, Stefano Gandin che corridore è?

«Sono un corridore completo. Nelle salite di media lunghezza e sugli strappi mi comporto bene, in più sono dotato di un buono spunto veloce. I profili di corsa mossi e ondulati sono il mio pane».

Il tuo punto di forza e il tuo punto debole?

«Mi piace arrivare preparato al 100% ad ogni corsa. Cerco di curare al meglio ogni aspetto, dall’alimentazione all’allenamento. Il punto debole sul quale sto lavorando negli ultimi anni è l’aspetto psicologico. Sto migliorando, ma inizialmente mi abbattevo molto facilmente. Sentivo la pressione e subivo parecchio le sconfitte. Mi immaginavo determinati scenari di corsa che poi però non si avveravano. Finivo spesso così per scaricarmi ancor prima della partenza».

Stefano Gandin in azione alla Vuelta a Tachira (foto: Team Corratec/Ciclismo En Linea/Anderson Bonilla)

Vieni da un 2021 che possiamo considerare la tua miglior stagione. Su 37 corse in cui hai gareggiato, 19 volte sei finito tra i primi dieci, 14 tra i primi cinque. Cos’è che ti manca per il salto nel professionismo?

«Quello che più mi manca è l’esperienza tra i pro’, l’abitudine a correre con loro e ad affrontare quel determinato genere di gare. L’ho notato nelle ultime stagioni partecipando a diverse corse dove c’erano anche squadre World Tour. Ma con il Team Corratec avrò l’occasione di colmare anche questa lacuna».

Tu, che sei da diversi anni tra i dilettanti, cosa ne pensi di chi salta a piè pari la categoria Under 23?

«In teoria due o tre anni tra i dilettanti aiutano a crescere e a prepararti meglio al salto tra i professionisti. Nella pratica, se una squadra professionistica ti viene a cercare è difficile dire di no. Spesso le squadre World Tour pongono i giovanissimi davanti ad un bivio: o firmi adesso o il prossimo anno forse non ti cercheremo. Nel ciclismo una stagione può andarti bene, quella successiva, per mille motivi e fatalità, no. Quindi molti preferiscono cogliere al volo l’opportunità. Con il rischio che se passi professionista e fatichi i primi due anni, dopo puoi non essere più confermato o tornare negli Under 23. Un salto indietro con il quale molto probabilmente finisce la tua carriera».

Dicci un paio di motivi per cui meriti un contratto da professionista.

«Prima di tutto serietà e precisione: faccio la vita, come si suol dire tra noi corridori, al 100% e se passo tra i professionisti non mi adagio, considerandolo un punto di partenza verso altri traguardi da tagliare. Poi credo che un mio altro punto di forza sia la regolarità. Non sono uno che vince moltissimo, ma da inizio a fine stagione sono sempre lì tra i primi nell’ordine di arrivo».