Il ciclismo in Oman? Secondo A.S.O. un’opportunità per conoscere nuovi territori e unire le persone attraverso la bicicletta

A.S.O.
Pierre Yves Thouault di A.S.O., società organizzatrice del Tour of Oman (foto: A.S.O./Oman Cycling Association/AlexBoradway)
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La tendenza che ha preso il ciclismo di correre sempre di più al di fuori dei confini storici dell’Europa è spesso motivo di dibattito. Il Giro d’Italia che parte da Israele, le varie corse a tappe negli Emirati, Arabia Saudita e Oman, così come i mondiali che nel 2016 si disputarono in Qatar (dove si svolgeranno anche i prossimi campionati del mondo di calcio) e che nel 2025 si terranno per la prima volta in Africa.

Bicisport è in questi giorni in Oman per raccontare al pubblico italiano la corsa a tappe omonima organizzata da A.S.O., la stessa società che allestisce il Tour de France. Chiaramente i più tradizionalisti non condivideranno la scelta dell’organizzazione di venire fin qui, magari togliendo spazio a qualche corsa europea, ma questa volta abbiamo voluto parlare con i diretti interessati.

Tra un caffè e un tè, grande specialità mediorientale, abbiamo scambiato due chiacchiere con Pierre Yves Thouault, che il Tour of Oman lo ha organizzato. Non potevamo non chiedere come mai in un periodo così ricco di corse, ma anche di difficoltà legate alla pandemia, la scelta di A.S.O. è stata quella di volare in Oman.

«Capisco bene i dubbi dei tifosi. Mi chiedono sempre “ma perché andate a correre lì che non ci sono nemmeno i tifosi sulle strade?”. È vero, ce ne sono pochi rispetto all’Europa. Ma questo accade perché il ciclismo qui in Oman non era conosciuto fino a qualche anno fa.

«Mi ricordo bene la prima edizione nel 2010, nessuno sapeva che si sarebbe corsa una gara di ciclismo e del pubblico non c’era traccia. Anno dopo anno ci siamo presi sempre più spazio e ora la situazione è diversa. Il Paese intero si è fermato per assistere e dare visibilità a questi sei giorni di gara. I ragazzi iniziano a chiedere ai loro genitori una bicicletta perché sognano di emulare i vari Froome, Nibali, Contador, Cancellara e Lutsenko che hanno visto pedalare davanti casa. I ciclisti per loro sono diventati degli idoli da seguire.

«In Oman è nata una Federazione e il ciclismo intero è diventato popolare. Ve ne accorgerete nei prossimi giorni, quando la corsa inizierà. Restare chiusi a guardare nel proprio orticello in un mondo globalizzato come quello odierno è poi sbagliato. È importante conoscere nuove culture, nuove persone. Quello che ci unisce dopotutto è la bicicletta.

«Chiudo parlando anche del territorio. In Oman ci sono dei scenari mozzafiato: si pedala nel deserto, sulle lunghe coste, nell’entroterra remoto e spesso si arriva in piccoli centri dal sapore antico. Il clima è ideale, ci aggiriamo tra i 20 e i 25°C, la temperatura perfetta per pedalare. Non è un caso che i corridori usino questa corsa anche per preparare la stagione».