Calzoni è pronto al salto di qualità: «Sono un attaccante, mi ispiro ad Alaphilippe e voglio una tappa al Giro»

Calzoni
La vittoria di Walter Calzoni nella terza tappa della Volta a Valencia (foto: GallinaEcotekLucchini)
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Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia, Romania, Spagna. Quando ha saputo che la Gallina Ecotek Lucchini sarebbe diventata una continental, Walter Calzoni non si è smosso più di tanto: una bella esperienza, si capisce, ma alla fine la formazione guidata da Cesare Turchetti all’estero ci andava già lo scorso anno. 

«La grossa differenza – riflette Calzoni – è che correremo coi professionisti in alcune gare del calendario italiano. Però per il resto non credo cambierà molto: continueremo a dare il massimo e a puntare soprattutto sulle gare dilettantistiche. Perché? Perché sono quelle in cui possiamo pensare, anzi, sono quelle in cui dobbiamo provare a fare risultato. Coi professionisti si corre per imparare il mestiere, ma arrivare davanti sarà difficile».

Tu lo scorso anno davanti ci sei arrivato spesso e volentieri. 

«E’ stata un’ottima stagione e ne sono contento. Nel 2020, complici la pandemia e il calendario massacrato dai rinvii e dagli annullamenti, mi ero incupito e abbattuto. Ho reagito bene, dando un segnale importante a me stesso e a tutti gli altri».

Magari anche a qualche formazione professionistica?

«Per ora non s’è fatto avanti nessuno, ma se continuerò così sono sicuro che prima o poi succederà. Qualche continental, invece, s’era affacciata, ma preferisco non fare i nomi. Comunque il mio obiettivo rimane quello: diventare un professionista».

Nel 2021 hai dato ottimi segnali, come la vittoria alla Volta a Valencia.

«Fondamentale, mi ha dato fiducia e un’idea più precisa di quanto valgo. Era la terza tappa, quella più impegnativa. Pronti via e c’era subito una salita di cinque o sei chilometri, seguita da una brutta discesa. Il gruppo si spezza, io mi trovo davanti e tiro dritto insieme ad altri due. Per diversi chilometri siamo stati in testa col gruppo che ci inseguiva a 30”. All’ultimo chilometro, un attimo prima che ci riprendessero, ho fatto l’ultimo sforzo lanciando una volata lunghissima. L’arrivo era in leggera salita, tra l’altro. Mi è andata bene, ho anticipato i migliori di qualche secondo».

Allora dobbiamo considerarti uno scalatore?

«Io mi reputo un corridore completo: mi difendo in salita e sono pericoloso nelle volate a ranghi ristretti. Ad esempio, a Capodarco ho perso la fuga giusta, ma nel finale ho vinto lo sprint dei primi inseguitori per il decimo posto». 

Ti sarà rimasto un po’ d’amaro in bocca.

«Sinceramente sì, ragion per cui quest’anno tornerò per provare a fare ancora meglio. Le classiche internazionali mi piacciono tutte e credo si addicano bene alle mie caratteristiche, ma Capodarco è quella che vorrei vincere più di ogni altra».

Quale obiettivo ti poni, invece, per il Giro d’Italia? Lo scorso anno, purtroppo, non è andata bene.

«Per niente, l’ho portato a termine ma in maniera anonima. Un peccato, è una vetrina importante e una corsa significativa. Quest’anno ritornerò e voglio rifarmi. Punterò alle vittorie di tappa, mi reputo soprattutto un attaccante».

Quindi hai già accantonato ogni speranza di classifica generale?

«No, però non è quello il mio obiettivo principale. Se verrà un buon piazzamento sull’onda degli attacchi e a suon di ottime prestazioni, allora tanto meglio. Ma principalmente voglio una vittoria di tappa». 

Hai già avuto modo di parlare con Marino Amadori? Un corridore come te potrebbe tornargli utile in più di un frangente.

«Non più di tanto, ma non ci perdo il sonno la notte. Vale il discorso fatto poco fa: se mi dimostrerò costante e pimpante lungo tutto l’arco della stagione, i risultati e le convocazioni arriveranno di conseguenza. Ovviamente correre con la nazionale mi piacerebbe molto. Se Amadori avesse bisogno di me, io sono a sua disposizione».

Correndo spesso con le continental straniere hai trovato molte differenze?

«Principalmente una: nelle continental straniere, a differenza di quelle italiane, corrono diversi ex professionisti che magari inseguono nuovamente il World Tour oppure stanno sparando le ultime cartucce della carriera. Questo influisce sull’andamento della corsa».

In che maniera?

«Sembra di correre coi professionisti, appunto. Partenza intensa, poi va via una fuga, il gruppo si rilassa e poi la corsa si riaccende definitivamente nel finale». 

Chi sono i tuoi riferimenti nella massima categoria?

«Julian Alaphilippe più di chiunque altro. E’ un campione che non teme di rischiare, guardate come ha vinto il mondiale in Belgio da iridato uscente. In gara c’erano i migliori, eppure lui si è preso i suoi rischi e ha attaccato a ripetizione. E alla fine ha vinto». 

In quali gare vorresti lasciare il segno?

«Tra i dilettanti, come ho già detto, Giro d’Italia e Capodarco. Tra i professionisti, invece, sogno di vincere una tappa alla corsa rosa e il Lombardia. Per me che vivo a Sellero, in Val Camonica, è come se fosse la gara di casa».

Hai mai pensato a cosa avresti fatto se non fossi diventato un ciclista?

«Intanto al professionismo devo ancora arrivarci, e non è un dato secondario. Di certo non avrei fatto il calciatore: da piccolo ho provato, come tutti, ma mi sentivo un pesce fuor d’acqua. Forse qualcosa con gli animali: io ne ho solo uno, un cane, ma in generale mi piacciono molto. Potrebbe piacermi l’idea di mettermi in proprio: se potessi, non sceglierei di fare il dipendente in un ufficio o in una fabbrica».

Perché dici questo?

«Attenzione, non vorrei passare per uno snob. Mio padre lavora per una ditta di trattamenti termici, mia madre è una casalinga, non sono mica un principe. Però al chiuso ci sto male, dopo un po’ m’annoio, ho bisogno di passare tanto tempo all’aria aperta e possibilmente dandomi da fare. Per questo dico che un’attività in proprio che c’entra con animali e natura potrebbe essere una valida alternativa».

Walter, quando comincia la tua stagione?

«Il 26 febbraio alla San Geo, poi dovrei proseguire all’estero, in Croazia. E poi comincerà il periodo delle classiche internazionali in Italia. Voglio fare quello che bene o male m’è sempre riuscito, quello che per la prima volta mi accadde da bambino alla mia quinta corsa in assoluto: vincere».