Dario Nicoletti, dal Mendrisio alla Biesse-Carrera: «Hellemose e Santaromita si faranno valere, così come Svrcek»

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Dario Nicoletti, dal 2022 sarà diesse della Biesse-Carrera
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Dopo vent’anni passati al Velo Club Mendrisio, Dario Nicoletti ha ricevuto la classica offerta che non si può proprio rifiutare. A maggior ragione se arriva da un amico come Marco Milesi, direttore sportivo di una realtà come la Biesse-Carrera che dal prossimo anno tornerà a far parte delle Continental dopo una stagione, quella da poco terminata, di assoluto valore.

«A marzo compirò 55 anni – spiega Nicoletti – e un’offerta del genere non so quante altre volte possa passare. Si sono incastrate tutte le tessere del mosaico: un progetto importante e ambizioso, la presenza di una figura come Milesi che conosco e stimo da tanto tempo, la sensazione d’aver fatto tutto il possibile col Velo Club Mendrisio, che non smetterò mai di ringraziare».

Insomma Dario, si è chiuso naturalmente un ciclo.

«Direi proprio di sì, non c’è stato nessun screzio né incomprensione. Anzi, con Alfredo Maranesi (storica figura della squadra svizzera, ndr) ho parlato fin da subito dell’offerta di Marco Milesi e lui è stato il primo a dirmi che avrei dovuto accettare, che capiva perfettamente la situazione. Siamo cresciuti insieme, è stato bello condividere gli ultimi vent’anni».

Una squadra più piccola rispetto a tante altre, ma di certo le soddisfazioni non vi sono mancate.

«Assolutamente no, dal Mendrisio sono passati corridori come Albasini, Rast, Morabito, Santaromita, Badilatti, Mader. Io sono arrivato nel 2001, dopo aver corso tra i professionisti con Lampre, Mapei e Mg. Prima ho lavorato con gli juniores, poi coi dilettanti. Ne è passato di tempo, a ripensarci adesso».

La tua esperienza si chiude senza rimpianti. Non lasci una barca che sta affondando, ma una realtà che negli ultimi anni si è affidata a Botta, Hellemose e Santaromita e adesso ripartirà dai giovani.

«Anche questo ha contribuito e non poco nella decisione che ho preso. Non mi sono sentito in colpa, non sono un traditore. Ho messo tutta la mia professionalità e conoscenza per aiutare questi ragazzi e trovo giusto che la società voglia tirare una riga e ripartire con un’impronta diversa, attingendo ancora di più dagli juniores. Lascio la squadra in buone mani, il direttore sportivo sarà proprio Davide Botta». 

Scommetto che in molti diranno che è troppo giovane per farlo…

«E’ del 1997, compirà 25 anni a febbraio, è giovane ma non è mica un ragazzino. E’ stato un ottimo corridore, è nel ciclismo da tanti anni, è direttore sportivo di terzo livello e sta studiando Scienze Motorie. Qualche errore lo farà, è inevitabile, ma non mi sembra un grosso problema visto e considerato che sbagliano anche i più esperti e i più bravi. Quello che ancora non sa glielo insegnerà l’esperienza».

Cosa dobbiamo aspettarci da Hellemose e Santaromita? L’impressione è che tra i dilettanti abbiano sfruttato soltanto una parte del loro potenziale.

«E’ un’impressione giusta, che condivido. Parto da Hellemose, che ha una storia notevole: è stato lui a contattarci, voleva venire via dalla Danimarca perché è uno scalatore che laggiù non sapeva come esprimersi. Ha contattato venti squadre, noi fummo gli unici a rispondergli, quindi venne in Italia a disputare con noi un paio di gare e non se n’è più andato. Adesso passa con la Trek e ne sono fiero».

Si tratta di uno scalatore che ha ben figurato nelle corse a tappe. Continuerà ad essere questo corridore?

«Credo proprio di sì. Però ha ancora molti margini di crescita, la sua storia particolare lo ha preservato ancora acerbo. Anche tatticamente: al Giro di quest’anno ha commesso due o tre errori che gli sono costati parecchio, ma fa parte del processo di crescita. Sa farsi benvolere, è intelligente, si applica: farà strada. Ha corso il Giro di Sicilia coi professionisti, al termine della gara Adriano Baffi mi ha detto che i suoi compagni, tra cui Nibali che ha vinto la generale, erano contenti di lui».

E Santaromita, invece? Anche lui è molto tranquillo, disponibile, pacato.

«Glielo dico spesso, forse è fin troppo tranquillo. E’ un ragazzo che deve rafforzarsi mentalmente. Si sente troppo in difetto, come se non fosse all’altezza della situazione. A volte è sufficiente un imprevisto a metterlo in difficoltà. Ed è un peccato, perché ha un talento davvero notevole. Al centro Mapei ce l’hanno sempre detto: questo ragazzo ha dei valori impressionanti».

E non ha paura di attaccare.

«Su questo si può stare tranquilli. Il vento in faccia non lo spaventa, anzi, lo va a cercare. Per questo i Reverberi, coi quali è passato professionista, lo hanno voluto fortemente. Cercavano uno scalatore, gli ho detto che ne avevo uno che di cognome fa Santaromita, figlio di Mauro Antonio e nipote di Ivan. «Lo prendo», mi rispose Bruno Reverberi. Col ragazzo sono stato chiaro: non avrai troppe chance, nel professionismo non c’è molta pazienza, quindi fatti valere».

Chi si è fatta valere quest’anno è anche la Biesse di Marco Milesi, della quale ormai fai parte anche tu. Quanto ha influito sulla tua scelta la decisione della squadra di tornare tra le Continental?

«E’ stata importante, senza dubbio. Il progetto è importante e ambizioso, l’organico è molto interessante, adesso cercheremo di stilare il miglior calendario possibile. Milesi si è avvicinato a me già in primavera, da anni ormai scherzavamo dicendoci: prima o poi faremo qualcosa insieme. Eccoci qua, insomma».

A cosa serve una Continental, Dario?

«Non sono critico come molti miei colleghi, altrimenti adesso non sarei qui. Per me la Continental è il compromesso giusto tra l’attività puramente dilettantistica e quella esclusivamente professionistica. Una sorta di cuscinetto, diciamo. Bisogna garantire ai ragazzi un buon numero di gare appartenenti alla massima categoria, non ha senso allestire una realtà così impegnativa per poi farli correre sempre con gli Under 23».

Belleri, Ciuccarelli, Giordani, Svrcek: il talento proprio non vi manca…

«E’ un bel gruppo, in tutto i corridori saranno dodici. Belleri è un attaccante nato, lo faremo correre tra i professionisti il più possibile perché merita di mettersi in mostra. Giordani sarà il nostro velocista, Ciuccarelli completerà il suo percorso di crescita tra i dilettanti prima di passare con Savio nel 2023. Non voglio dimenticarmi nemmeno di Bonelli, che quest’anno ha vinto una tappa al Giro, e dei due danesi: Nordal, che mi porto dietro dal Mendrisio, e Foldager, che mi ha segnalato addirittura Hellemose».

Ma è Svrcek il vostro fiore all’occhiello, no?

«E’ indubbiamente un grande talento. Mi ricorda Colnaghi: veloce ma resistente, adatto anche ai percorsi misti, uno di quelli che stacchi difficilmente. Vuole far bene alle classiche di aprile, compreso il Liberazione, e al Giro d’Italia. Quando ci siamo conosciuti durante il primo ritiro mi ha detto: «Dario, dimmi per quali gare devo farmi trovare pronto e non vi deluderò». Ha una determinazione ammirevole, davvero. Pur di non distrarsi e tornare in Slovacchia per le vacanze di Natale farà venire in genitori in Spagna, dove preparerà la stagione».

E a metà stagione andrà alla Quick Step.

«L’idea è quella, un po’ quello che ha fatto Ayuso quest’anno con la Uae. Di certo valuteremo anche i suoi progressi, ma se continuerà a dimostrarsi forte come tra gli juniores non avrebbe molto senso tenerlo con noi. Insomma, il da fare quest’anno non ci mancherà di certo…»