AMARCORD/70 Il dolore, il trionfo, le lacrime: nel 2006 il Lombardia “intimo” di Bettini

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C’era stata la gioia mondiale: forte, abbagliante, completa. E dopo soli otto giorni, il baratro del dolore: la morte improvvisa di Sauro, fratello maggiore e suo grande tifoso. Due momenti opposti che Paolo Bettini seppe ricomporre nel suo successo più intenso, celebrato ancor prima dell’arrivo con una pioggia di lacrime.

Questo è stato il Giro di Lombardia del 14 ottobre 2006, edizione numero 100. Bettini, piegato dal lutto, non voleva neanche correrlo. Pochi dodici giorni per riassorbire in qualche modo il dramma e buttarsi in una corsa così dura e complicata. Poi, ascoltando la famiglia e se stesso, aveva deciso di esserci, trovando perfino la forza di allenarsi sul serio.

Sul piano puramente agonistico, gente come Bettini in quel periodo non ce n’era: uscito anni prima dal bozzolo di un nobile e temporaneo gregariato, aveva messo insieme un curriculum imponente: due Liegi, una Sanremo, un’Olimpiade, tre Coppe del Mondo e, freschissima conquista, un mondiale. Quanto al Lombardia, l’aveva già vinto dodici mesi prima.

Sul Civiglio un micidiale attacco in contropiede

In quelle condizioni di spirito, o si affonda, o si dà il meglio. Bettini rimase in bilico per buona parte della corsa, poi arrivò il Ghisallo e capì non sarebbe affondato. In cima alla salita simbolo del Lombardia passò per primo, davanti a un gruppetto di una ventina di corridori.

Ma il Ghisallo era solo un antipasto. La bagarre vera si scatenò sull’erta successiva, il temibile Civiglio. Bettini pedalava orma da padrone, si girava di tanto in tanto a guardare gli avversari e aspettava che qualcuno facesse la prima mossa.

Di Luca, già in difficoltà sul Ghisallo, non capì l’antifona e a metà della salita provò l’allungo. Fu come agitare la muleta di fronte al toro: Bettini schizzò via in contropiede e per gli altri (nel gruppetto c’erano anche Frank Schleck, Rebellin, Moreni, Boogerd e Samuel Sanchez) si fece buio.

La dedica a Sauro: «Oggi non ho pedalato da solo»

L’unico a reagire fu il tedesco Wegmann, che alla fine della discesa riuscì a raggiungere il neo campione del mondo. Per sua sfortuna, però, prima dell’arrivo c’era ancora la salita di San Fermo della Battaglia. E lì a Bettini bastò alzarsi una volta sulla sella e accelerare quasi impercettibilmente. Il tedesco tentò disperatamente di resistere, fra smorfie di sofferenza, ma fu la resa.

Esaurite le lacrime, Bettini trovò la sintesi di una giornata speciale e irripetibile: «Oggi non ho pedalato da solo». Aveva domato il Lombardia in maglia iridata, come prima di lui Binda, Gimondi, Saronni e pochi altri. Ma anche il confronto con i giganti del passato, quel giorno non poté che passare in secondo piano.