L’amicizia prima di ogni cosa, Tiralongo: «Sarò sempre vicino ad Aru, il mio supporto non gli mancherà mai»

Aru Tiralongo
Fabio Aru e Paolo Tiralongo in una foto d'archivio nel pullman della UAE Team Emirates
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«Cosa penso di questa Vuelta? A dirla tutta non ho visto neanche una tappa ma il mio supporto a Fabio non mancherà mai. Siamo legati da una amicizia profonda, nei momenti felici come in questi complessi. L’uomo viene sempre prima del corridore e vederlo con il sorriso è già un successo». Non usa mezzi termini Paolo Tiralongo che è stato accanto a Fabio Aru da compagno di squadra all’Astana, poi come preparatore e assistente tecnico nella Uae.

I momenti condivisi sono stati tanti: dalle prime pedalate insieme nelle vicinanze di Bergamo quando Aru era ancora Dilettante, ai podi al Giro d’Italia nel 2014 e 2015. Senza dimenticare il trionfo alla Vuelta nel 2015, la vittoria al campionato italiano e la tenace Grande Boucle del 2017, l’ultimo felice nella carriera dello scalatore sardo. Alcuni momenti sono stati vissuti fianco a fianco in gruppo, altri a distanza ma sempre uniti da un rapporto forte, di stima e fiducia reciproca. Cosa potrà inventarsi il Cavaliere dei Quattro Mori in questa ultima cosa della sua carriera? «Dirlo è difficile, nel ciclismo non si possono fare i conti senza l’oste – sottolinea Tiralongo – Ma sono sicuro che Fabio cercherà di attaccare, perché è un combattente che della fatica non ha paura. Può fare bene, è un ragazzo cocciuto e sono certo proverà a far qualcosa».

L’ultimo vero atto?

La domanda sorge spontanea, soprattutto in presenza di una persona come Tiralongo che ha seguito Fabio sin dai suoi primi passi nel mondo del professionismo. Sarà davvero il Giro di Spagna l’atto conclusivo della carriera dello scalatore di Villacidro? «Nessuno può dirlo con esattezza, perché chiaramente una persona può cambiare opinione. Credo, comunque, che Fabio abbia preso questa decisione esaminando tutto con il massimo scrupolo, senza agire d’impeto. In questi anni ha vissuto anni molto difficili e voler cambiare percorso è una scelta lecita: il ciclismo moderno è cambiato notevolmente, rivelandosi più duro di quanto le persone possano credere. Certe decisioni sono intime e sia gli addetti ai lavori che i tifosi devono rispettare la sua decisione».

Una decisione che, però, lascia con l’amore in bocca chi ha gioito e sofferto per il sardo. «Chiaramente dispiace – conclude Tiralogno – Personalmente credo che Fabio abbia ancora tantissimo da dare: ha solo 31 anni e questo è il momento in cui un corridore può crescere e consacrarsi su livelli importanti. Penso abbia almeno 7/8 anni davanti a lui per correre ad alti livelli, ci sono casi come il nostro Damiano Caruso o Alejandro Valverde che dimostrano che superati i trent’anni si possono ottenere risultati di gran caratura, perché la resistenza aerobica aumenta e si raggiunge una maturità significativa. Sarà lui, eventualmente, a vedere che strada prendere: di sicuro la mia vicinanza non mancherà mai e sarò sempre pronto a dare il mio aiuto a un ragazzo d’oro che al ciclismo ha dedicato anima e corpo».