Oss (il velista) risponde a Bicisport: «Più che paura è stata vera adrenalina. Il mio futuro? Vado dove mi porta Sagan»

Daniel Oss si diverte su una bici "mini" sull'Alpe di Mera al Giro d'Italia 2021
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Agonismo, grinta, adrenalina. Daniel Oss dopo la super esperienza in regata con la Red Bull, risponde a quibicisport e racconta la sua giornata fantastica – tra vento e accelerazioni da capogiro – a velocità supersoniche sulle acque del Lago di Garda. Dopo il Giro d’Italia, coronato dalla magnifica vittoria di Peter Sagan in maglia ciclamino a Milano, Oss il ciclista “punk” – come ama farsi chiamare dai suoi tantissimi tifosi – si è regalato un’avventura esilarante. L’America’s Cup, come suggerito da noi, per ora può aspettare in un angolo perché Daniel ha ancora diversi traguardi da raggiungere in sella. Dove andrà in futuro? Non dove “lo porta il vento”, ma dove “lo porta Sagan”: un’amicizia meravigliosa destinata a continuare anche fuori dal circus delle due ruote.

Com’è nata l’idea di partecipare a questa “regata” della Red Bull?

«È stata una cosa non programmata. Ho un amico qui in zona che lavora nel settore velistico, allena dei ragazzini e aiuta spesso anche gli equipaggi. Sapeva che ero a casa, qui in vacanza, e mi ha invitato a conoscere questa barca e tutti loro. Dopo pranzo siamo andati a trovarli, hanno sempre piacere ad avere ospiti sulla barca e quel giorno si sono allenati e hanno fatto anche shooting con dei ragazzi appostati un po’ in acqua e un po’ in montagna. Si va veramente forte, sono rimasto impressionato. Da fuori anche in gommone la vedi ed è anche molto bella da vedere e “instagrammabile”, però poi quando sei su ti rendi conto che la prospettiva è tutta diversa. È molto adrenalinico, senti la velocità. Sono rimasto molto sorpreso e contento in tutto quel casino di cavi e manovre che facevano, il suono e il fischio, non sapevo cosa fare. Mi sembra di vivere un film in tv».

Più adrenalina delle discese in gara?

«Ti dirò, la discesa a tutta in gara è un po’ che la faccio e ho anche un po’ di dimestichezza nel farla. Lì mi sentivo un po’ un pesce fuor d’acqua: loro erano sicurissimi, ma non pensavo assolutamente di sentire e percepire quei livelli di velocità e adrenalina su una barca così. La sensazione proprio di accelerazione quando si solleva è strana e non la percepisci. Tutto comunque è estremizzato da quel feeling col vento: per me se c’è vento sto a ruota riparato, se c’è il ventaglio so come gestirlo, lì invece c’è proprio la ricerca del vento e vedi loro ben presi e tranquillissimi a terra e trasformati in acqua. C’era il doppio campione olimpico Haga che ha vinto le Olimpiadi a Barcellona sempre con questi catamarani GC 32 che da signore tranquillo e pacato, in barca si è trasformato totalmente e sembrava un gatto per come si muoveva da una parte all’altra con il timone, fantastico».

Qual è stata la location di questa fantastica esperienza?

«Siamo partiti da Riva del Garda, dal Circolo di Vela di Riva e siamo usciti all’altezza di Limone e Malcesine, sull’Alto Garda».

Dopo il Giro d’Italia, un modo spettacolare per staccare dal ciclismo e divertirsi.

«È durato poco, ma è stato intenso. Per me è bellissimo trovare altri sbocchi per svagare un po’ e rendermi conto che esiste anche qualcos’altro. Poi effettivamente è bellissimo per me avere lo sharing di esperienze con campioni che fanno questo di professione e la mia esperienza del Giro, capisci come altri sport si approcciano all’alta performance».

La maglia ciclamino con Peter Sagan e adesso? Farai il Tour?

«Non lo so di preciso. Sono nella grande lista dei presunti titolari e sto aspettando la conferma. Io intanto mi sto preparando. Credo che la squadra voglia vedere un po’ come sta andando lo Svizzera e il Delfinato per dare un po’ una linea di massima di come sarà la tattica, l’approccio e quello che vogliono fare con velocisti e scalatori. Di sicuro c’è che io potrei dare una grande mano da una parte e dall’altra, perché ci saranno comunque delle tappe piatte e vallonate dove penso che serva anche un uomo che possa tirare via dal vento sia gli scalatori che dare una mano a posizionarsi ai velocisti. Se va Peter (Sagan, ndr) probabilmente sarà lui. Farò il Campionato Italiano, per farmi trovare pronto, perché non è mai detto».

Oss+Sagan un legame speciale che dura ormai da molto tempo.

«Sì, il rapporto con Peter è solido da tanti anni. Siamo amici, prima che colleghi ed è bello. L’ultima maglia ciclamino anche per me è stata una grandissima soddisfazione, perché abbiamo passato un Giro e un’esperienza lottando, facendo il massimo e andando alla ricerca di nuovi risultati come questa ciclamino: è sempre qualcosa in più, è molto bello e mi motiva molto».

Per il futuro, Peter potrebbe cambiare squadra: la vostra avventura insieme continuerà?

«Di preciso non lo so neanche io. Per ora mi concentro sulle gare e anche il Tour è un banco di prova per cercare di tenere il livello sempre alto e tenere alta la tensione ed essere pronti. Comunque sia resteremo insieme, questo è certo. Lui ha sempre esternato la voglia di continuare insieme e su questo non ho alcun dubbio. Se sia la Bora-hansgrohe o meno, boh, questo lo vedremo a breve».

Avete collezionato tantissimi successi: quale anello mancante vorresti inserire ancora?

«Io ho il pallino sulla Milano-Sanremo, perché è una delle Classiche che a lui manca e che piace moltissimo sia a Peter (Sagan, ndr), sia a me ed è anche la più difficile da vincere e da interpretare, è strana: puoi vincerla in mille modi e perderla in duemila. Sarebbe un bel pallino da mettere e poi magari il Fiandre che con lui non ho mai vinto, dargli una mano vincendolo sarebbe il top».

E il Mondiale nelle Fiandre: può farcela?

«Sì, chiaramente si parla separatamente perché lui è slovacco e io italiano. Però per quanto riguarda lui sarebbe il coronamento di una cosa unica: il poker dei Mondiale credo che sia unico nel ciclismo moderno e per lui sarebbe il top. Fare poi un anno al suo fianco con la maglia iridata, sarebbe una gran figata. Nei prossimi due anni penso sia verosimile vederlo vincere».

Quando concluderai la tua carriera, ti vedremo nel ciclismo?

«Da qui alla fine, che potrebbe essere verosimilmente tra due-tre anni, non è un segreto, penso che sarebbe ancora bello e gratificante dedicarmi a Peter e a qualche giovane che emerge e al quale si può insegnare qualcosa. Nel futuro mi piacerebbe rimanere nello sport e legarlo al viaggio: il viaggiare in bicicletta potrebbe essere un giusto futuro».