AMARCORD/53 Giro 2010, la minaccia iridata di Evans: memorabile il suo trionfo nel fango “eroico” di Montalcino

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La maglia iridata pesa? Può essere, ma non se hai già 33 anni e un’anima d’acciaio. Con il prezioso emblema sulle spalle, Cadel Evans costruì nel 2010 una delle sue migliori stagioni, malgrado gli agguati ricorrenti della malasorte. 

Nel numero di maggio, che precedeva il Giro d’Italia, Bicisport gli dedicò la copertina, non a caso: l’australiano si presentava alla corsa rosa dopo una eccellente primavera ardennese. Lui, che tante volte aveva visto probabili vittorie volgersi in brucianti sconfitte, era stato capace di ribaltare il clichet alla Freccia Vallone: staccato e apparentemente spacciato sul Muro di Huy, aveva dato vita a una rimonta spettacolare, bruciando Contador negli ultimi metri. 

La storia dice che il Giro 2010 premiò alla fine Ivan Basso, e che Evans si fermò al quinto posto. Il campione del mondo, però, si arrese dopo aver lottato alla sua maniera: memorabile la vittoria nella tappa di Montalcino, funestata da un acquazzone che rese le strade bianche, ben conosciute dagli amatori dell’Eroica, viscidi torrenti di fango. Sull’ultima salita si presentarono cinque spettri color terra, il cambio di ritmo di Evans mise in fila Cunego, Vinoukurov, Pinotti e Arroyo.

Colpito da bronchite e da febbre alta, Evans si giocò via via le chance di successo, ma sul Monte Zoncolan diede un altro saggio di se stesso, cedendo nel finale solo allo scatenato Basso. La maglia rossa della classifica a punti, portata fino alla fine, fu il riconoscimento a un Giro recitato da protagonista.

Campione del mondo nel 2009 a Mendrisio, l’australiano Cadel Evans ha vinto anche il Tour de France nel 2011, dopo i secondi posti del 2007 e 2008

Dopo il Giro, Evans andò al Tour: arrivò a Parigi malgrado un gomito fratturato

Andò anche al Tour de France, ma in una caduta si fratturò il gomito, proprio nel giorno in cui indossò la maglia gialla. La cosa rimase segreta fino alla frazione successiva, quando Evans non poté che andare alla deriva. Nemico dichiarato di ogni ipotesi di ritiro, proseguì menomato, conquistando alla fine un ventiseiesimo posto che per temperamento e capacità di soffrire valeva più di una vittoria. A proposito, il trionfo (quello vero) al Tour, sarebbe arrivato solo dodici mesi dopo.