Le braccia sono alte, in segno di vittoria, ma la faccia è quella di chi teme di averla fatta grossa. La foto di copertina di Bicisport, Maggio 1994, documenta perfettamente il brivido corso sulla schiena di Gianni Bugno sul traguardo del Giro delle Fiandre, mentre Museeuw tenta di fregargli in extremis una corsa già vinta.
Quella volata rocambolesca chiuse un’edizione della Ronde fra le più avvincenti. La successione dei muri scremò quattro giganti: tre specialisti delle classiche del Nord, vale a dire Museeuw, Tchmil e Ballerini, e un non specialista per eccellenza, ma campione totale, per l’appunto Bugno.
Storie diverse: Museeuw, vincitore l’anno prima, era in pieno decollo verso la gloria; Ballerini tornava al Nord dopo la tremenda delusione dell’anno precedente, quando aveva regalato la Roubaix a Duclos Lassalle; Tchmil era un finto outsider: in realtà, a 31 anni, stava cambiando il verso della sua carriera, tanto che pochi giorno dopo avrebbe vinto la Roubaix.
Quanto a Bugno, dal suo secondo successo mondiale aveva infilato un anno e mezzo di delusioni, e la Sanremo del 1990 era ancora la sola classica nel suo palmares. Ma quel giorno aveva il colpo di pedale dei momenti migliori, e quando andava in quel modo poteva temere solo se stesso.
Ballerini attacca, Museeuw si sfianca per chiudere. Poi parte Bugno
Il finale a quattro fu una successione di schermaglie: Ballerini, sentendosi battuto in volata, tentò di evadere due volte. Il suo secondo allungo, a un chilometro e mezzo dalla fine, fu tremendo, tanto che Museeuw, dopo duecento metri di caccia, si ritrasse sfinito, e il buco fu chiuso da Tchmil.
Il belga era teoricamente il più veloce, ma quell’inseguimento a Ballerini fu un supplemento di tossine, probabilmente decisivo. E in ogni caso, il vialone in leggera salita esaltava la potenza di Bugno, che su un arrivo simile, nel mondiale di Benidorm, aveva battuto uno sprinter vero come Jalabert.
Infatti, Gianni partì dalla quarta posizione con un rapporto lunghissimo, Ballerini fu il primo a cedere, Tchmil non riuscì a mettere il naso fuori dalla scia. Sprint lineare, potente, imperioso: ma a qualche metro dal traguardo, Bugno smise di pedalare e alzò le braccia, senza accorgersi che Museeuw, alla sua sinistra, stava rimontando.
Ci vollero circa sette minuti, prima che dal fotofinish uscisse il nome del vincitore. Un paio di centimetri scarsi, forse meno, evitarono una beffa epocale.