AMARCORD/41 Coppi revival: una squadra di grandi firme per raccontare il Campionissimo

Tempo di lettura: 2 minuti

Una galleria di fuoriclasse per raccontare uno dei miti più grandi dello sport italiano. Nel 1976, a sei mesi dalla nascita, Bicisport chiuse l’anno con un numero in gran parte dedicato a Fausto Coppi, raccontato da una “all star” del giornalismo sportivo. 

In apertura, Gianni Brera narra del “suo” Fausto, con il quale aveva avuto un rapporto di grande confidenza, soprattutto negli ultimi anni. Il pezzo di Brera, che riecheggiava una lettera aperta al campione, già scritta nel 1958, toccava temi “scabrosi”.

Il giornalista era convinto che Coppi ne avesse abbastanza di tutto, «non esclusi la sua seconda moglie, gli sperperi per la malriposta grandigia (sua di lei), la tristezza di perdere via via la giovinezza e le corse per le quali viveva». Amara la conclusione: «Io penso che non potesse più vivere, uno che si considerava già morto alla giovinezza e allo sport».

Di Gian Paolo Ormezzano il ricordo dell’ultima notte del Campionissimo, vissuta in prima persona come inviato di Tuttosport all’ospedale di Tortona. «Passai davanti alla camera sperando che la porta si aprisse». E quando si aprì, «vidi un naso lunghissimo che proseguiva con la cannula per l’ossigeno, e indovinai il corpo sotto il lenzuolo»

Qualche ora dopo, «uno bussò alla porta a dirmi che era morto, ed io, non accorgendomi che in quel momento nasceva in me, abbastanza sciaguratamente, il giornalista e moriva il tifoso, corsi al telefono e cercai del giornale, per sapere se qualcuno era rimasto».

Fausto Coppi con la maglia della Bianchi, la squadra del suo periodo d’oro. Quando morì, a 40 anni, era in procinto di cominciare l’ennesima stagione, con la San Pellegrino diretta da Bartali.

La rivelazione di Bartali: negli ultimi tempi, Coppi voleva tornare dalla moglie Bruna

Mario Fossati ricorda il rapporto tra Coppi e Binda, il tecnico dei suoi due trionfi al Tour. E racconta di quando Fausto, dopo la caduta di St. Malo, seduto sul bordo della strada, era decisissimo a ritirarsi: «Fra i due, Fausto e Binda, c’è un secco scambio di battute. “Allez, che si rientra!” si sgola Binda. “Anche lei è andato a casa la sola volta che è venuto al Tour”, replica Coppi. “È vero”, salta su Binda, “ma di quel ritiro mi sono pentito per tutta la carriera”».

Il direttore Sergio Neri affronta un viaggio intimo fino alla lapide che immortala Coppi sulla vetta dell’Izoard. Ed è lì, nel silenzio del valico, «che la solitudine di Fausto, corrisponde, con intuizione felice, alla vita disperata e assurda dell’uomo». Forse più che le vittorie, sono proprio i suoi tormenti a garantirgli l’affetto popolare: «Nella sua infelicità gridata, negli ultimi tempi, la gente affonda un amore che diventa ogni giorno più grande».

Nel numero, anche una intervista di Gianni Mura a Fiorenzo Magni e una di Ermanno Mioli a Luciano Pezzi. E infine la rivelazione di Gino Bartali, ripresa da Giulio Crosti: secondo l’eterno rivale, Coppi aveva maturato l’idea di ritornare dalla moglie Bruna. E proprio Gino, in una riunione tra amici del 21 dicembre 1959, aveva proposto per una mediazione un suo amico sacerdote. La morte del Campionissimo arrivò solo 12 giorni dopo.