I colombiani, ciclisti per fame. Come il mitico Taccone, che per mangiare s’inventò uno stratagemma

Vito Taccone ai tempi della Salvarani.
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Hanno chiesto a Rigoberto Uran come si spiega questa bella quantità di campioni che ogni anno sforna il ciclismo colombiano. E Uran ha detto che il ciclismo sta raggiungendo nel suo Paese una grande diffusione e popolarità grazie alle loro vittorie ma ha anche aggiunto che la maggioranza dei corridori viene da situazioni famigliari di grande povertà e che pertanto tutti vedono nel ciclismo una possibilità di raggiungere il benessere.

Questa affermazione fa rammentare una storia di Vito Taccone. Il grande campione abruzzese degli anni ’60, il quale raccontò che da dilettante un giorno dalla sua Avezzano doveva andare a correre a Pescara ma non aveva i soldi per il viaggio e neppure per il pranzo prima della corsa. Allora col suo compagno Cervellini raggiunse Pescara chiedendo un passaggio ad un camionista che trasportava barbabietole e poi a Pescara per mangiare fece ricorso a questo stratagemma.

I due giovanissimi corridori invitarono a pranzo in una trattoria un poveretto che chiedeva l’elemosina. Tutti e tre mangiarono. E alla fine Taccone disse al cameriere che andavano a prendere i soldi in macchina e che lasciavano il “nonno” a tavola. Uscirono e raggiunsero il luogo di partenza della corsa che poi Taccone vinse.

Taccone proveniva da una famiglia veramente povera. Ma lui stesso poi raccontò che dopo un po’ di tempo, diventato professionista, tornò a Pescara a cercare il poveretto al quale chiese scusa. E poi la trattoria al cui proprietario chiese di saldare il conto.
Taccone vinse cinque tappe in un Giro d’Italia. Quattro tappe di fila.