Almeida è un elogio alla regolarità: i suoi numeri fanno girare la testa

Almeida
Almeida in maglia rosa al Giro 2020.
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Secondo, sesto, undicesimo, diciottesimo, terzo, venticinquesimo, sedicesimo, diciassettesimo, diciannovesimo, terzo, ventiduesimo, nono, secondo: João Almeida al Giro è un elogio continuo alla regolarità.

Forte a cronometro, spunto veloce, adatto agli strappi secchi e brevi e alle salite di media lunghezza, lima come uno che corre in gruppo con i professionisti da una vita, mentre invece è al suo primo anno nel World Tour. Tredici tappe disputate, primo grande Giro in carriera, e come peggior risultato il venticinquesimo posto nella frazione di Matera. Non sono dati casuali. Almeida pare un leader navigato, sempre davanti anche negli ordini d’arrivo – stesso atteggiamento di Tadej Pogačar, come anche Nibali e Bernal, altri limatori di qualità – scortato da fedeli scudieri che ancora una volta esaltano lo spirito della squadra belga di Patrick Lefevere. E pensare che a questi uomini, o per meglio dire ragazzi, manca quello che sarebbe dovuto essere il capitano: Evenepoel.

Ma l’altrettanto giovane portoghese non è da meno, entrando anche lui a far parte di questo nuovo che avanza che sta cambiando il ciclismo e basta nominare altri due classe ’98 protagonisti di recente, Hirschi e Pogačar, per capire come non ci sia più spazio né modo per pensare alle coincidenze.

Corridore completo, ma sulle salite è tutto da valutare

Tornando al Giro di Almeida: non stiamo dicendo che vincerà la maglia rosa finale perché sa limare bene, e chiude davanti ogni tappa, o ha una squadra forte; oppure perché ha spunto veloce e nella prima cronometro è stato il migliore tra gli uomini che al momento lottano per la classifica: di vere salite non ce ne sono state e lui, pur sempre col piglio del corridore sicuro di sé, cosa che non guasta mai, ha perso qualcosa sull’Etna e a Roccaraso.

Ma il suo atteggiamento è quello giusto, è quello dei leader. È quello di chi, magari non quest’anno, tornerà al Giro per vincerlo. La terza settimana, sempre fatidica, si aggira come uno spauracchio nei pensieri dei corridori ed è pronta a presentare il conto anche al giovane portoghese. Intanto lui comanda bene la sua squadra, come uno che sembra nato per vestire i panni del capitano, guadagna di riffa e di raffa un secondo qua e un secondo là sotto forma di abbuono e oggi, nella “cronometro del Prosecco”, potrebbe dare un colpo ulteriore alla classifica e magari guadagnare il necessario per provare a salire sul podio a Milano. Su quale gradino dipende dalle sue gambe e da quelle degli avversari.

Per quale motivo dovrebbe smettere di provare a vincere le tappe?


Per alcuni sta sprecando troppo: giudicano inutile il continuo stare davanti o spremere la squadra, oppure fare gli sprint per vincere le tappe. Come se a un leader di classifica gli dovesse essere vietato – però poi ci si lamenta se chi lotta per la generale adotta tattiche votate al risparmio. Almeida è giovane, sta volando su una condizione di forma impensabile alla vigilia nonostante i segnali mandati in questo scorcio di 2020, ha la maglia rosa che gli dà motivazione, e vorrebbe, fino al momento in cui cederà, raccogliere più risultati possibili e magari guadagnare più tempo possibile. Se poi dovesse perdere sulle prossime salite – se e quali verranno disputate è tutto da vedere – la sua sarà stata in ogni caso una grande corsa e un messaggio che in futuro, nei grandi Giri, bisognerà fare i conti anche con lui.

Per chiudere ribadiamo senza paura di smentita: Almeida è un corridore speciale, come dimostra un ultimo dato riportato dal sempre puntale Cafè Roubaix. “Tre corridori condividono il record di più giorni (11) in maglia rosa al Giro d’Italia prima di compiere 23 anni: Eddy Merckx, Damiano Cunego e João Almeida“. Scusate se è poco.