Le pagelle dei Mondiali: Alaphilippe 10 (con lode) come Imola. Van Aert più rimpianto che gioia. Nibali da 7, Italia da 6

Il podio iridato di Imola 2020. Da sinistra, van Aert, Alaphilippe e Hirschi.
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ALAPHILIPPE: 10 e lode – La maglia di campione del mondo va a vestire uno che la onora in ogni momento: quando vince (come stavolta, con classe e gambe, con testa e cuore) e anche quando non ci riesce (come gli è capitato spesso al Tour, dove ha sì conquistato una tappa ma tante volte ha attaccato inutilmente). Stacca tutti sull’ultimo strappo, ha la forza di resistere a cinque campioni che lo inseguono. Un trionfo da fuoriclasse.

VAN AERT: 7 – Era il più in forma, il vincitore (quasi) annunciato, insomma il migliore. E lo ha dimostrato nello sprint per l’argento, conquistato quasi travolgendo con la sua potenza superiore Hirschi, Kwiatowski, Fuglsang, Roglic. Il pugnetto sul manubrio subito dopo l’arrivo, però, indica una stizza comprensibile: questa medaglia gli porta più rimpianto che gioia, perché aveva tutto per prendersi l’oro.

IMOLA: 10 – Un Mondiale organizzato in volata, nel vero senso della parola, a causa dei problemi mondiali che conosciamo, però collocato in uno scenario a tratti suggestivo e su un percorso ideale per una gara iridata.

NIBALI: 7 – Ci sono la voglia e il coraggio, ma la forza non è ancora quella che serve per tenere il ritmo dei migliori. Vincenzo tenta di portare via un gruppetto sulla penultima salita, rimane con i primi fin quasi in vetta all’ascesa conclusiva, quindi molla un po’ e viene risucchiato. La forma sta arrivando, la sensazione è che Vincenzo al Giro possa essere un protagonista. Qui, a Imola, gli mancava ancora qualcosa. Come previsto, del resto.

ITALIA: 6 – Quando il gruppo si assottiglia, ci troviamo davanti con 5 corridori. Ma non siamo mai davvero protagonisti: non facciamo la corsa (e forse non era compito nostro, okay), non affondiamo il colpo (a parte un buffetto di Masnada e il tentativo finale di Nibali), non andiamo oltre il decimo posto (con Caruso). Nessuno pretendeva che vincessimo, ma che fossimo un po’ più protagonisti, questo sì.

TOUR DE FRANCE: 9 – In questo calendario strano e impossibile, la Grande Boucle è stata il trampolino quasi indispensabile per tuffarsi nel Mondiale. Non a caso, nell’ordine di arrivo, solo due dei primi dieci non hanno corso in Francia: Fuglsang e Matthews.

POGACAR: 7 – A noi piace da impazzire questo ragazzino che ha coraggio e preferisce perdere provando a vincere, piuttosto che provare a vincere sfruttando il lavoro altrui. Ama la bici e lo spettacolo, ha un entusiasmo trascinante, si lancia senza esitazioni e paure. E’ partito a 40 chilometri dall’arrivo, sul modello della van der Breggen nella gara femminile, ma lo squadrone belga non gli ha dato spazio e, poi, Dumoulin lo ha risucchiato. Probabilmente ha attaccato nel momento sbagliato, però ha comunque avuto il merito di accendere la corsa.

HIRSCHI: 8 – Abbiamo visto al Tour che ha le qualità per lottare a livelli altissimi, si conferma a Imola andando a strappare il bronzo dal collo di un campione come Kwiatowski. Sarà protagonista nel ciclismo del prossimo lustro.

CARUSO: 7 – E’ spesso nelle posizioni di testa, alla fine anche in questo Mondiale ottiene ciò che si era conquistato al Tour: con una convinta volata, entra nella top ten (per un pelo, e vabbè). Una bella conferma.

PIOGGIA: 8 – La temevamo noi, la temevano i corridori. Avrebbe reso tutto più difficile, anche pericoloso in certi passaggi arditi in discesa. Per fortuna ha minacciato di arrivare per tutto il giorno, ma non ne è caduta nemmeno una goccia. Evviva.