Nibali annuncia il ritiro e arriva il saluto di Ferretti: «Un onore averlo avuto in squadra. Vi racconto il nostro esilarante primo incontro»

Ferretti
Giancarlo Ferretti in una foto d'archivio ai tempi della Fassa Bortolo
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La storia di Vincenzo Nibali parte da molto lontano, da Messina il 14 novembre 1984. Da quel giorno “lo squalo” ne ha passate tante. Ha incontrato molte persone nel suo cammino, ma pochi possono essere considerati importanti come Giancarlo Ferretti. I due si incontrano per la prima volta nel 2004, quando Vincenzo, ancora dilettante nella Mastromarco, veniva corteggiato dalle squadre Pro Tour che volevano a tutti i costi ingaggiarlo.

Giancarlo Ferretti e Vincenzo Nibali poco prima del via di una tappa al Giro d’Italia 2017.

Ferretti lo prese con sé, facendolo passare professionista tra le fila della Fassa Bartolo l’anno successivo. Quella bianco-blu del “sergente di ferro” era una squadra ricca di campioni: c’erano Fabian Cancellara, Alessandro Petacchi, Juan Antonio Flecha e Marzio Bruseghin. Niente di meglio per far capire al giovanotto siciliano come funziona il mondo dei grandi.

Oggi Nibali ha annunciato il ritiro e noi abbiamo deciso di intercettare telefonicamente Giancarlo Ferretti, che con piacere ricorda il campione che muoveva i suoi primi passi nel professionismo.

Vincenzo Nibali in maglia Fassa Bortolo nel 2005

Ferretti, Nibali ha scelto il momento giusto per ritirarsi?

«Nibali è stato, ma è ancora, un fuoriclasse e non lo dice il vecchio Giancarlo Ferretti, lo dicono i risultati. Io però sono del parere che certi corridori debbano ritirarsi quando sono ancora grandissimi. Per me è stato fin troppo in gruppo, anche abbastanza inutilmente. Capisco che è difficile fermarsi dopo una vita passata sopra la bicicletta, ma uno come lui meritava di finire la carriera in grande stile».

Il Giro però non è ancora finito…

«La mia speranza è proprio quella. Che riesca a togliersi la soddisfazione di vincere ancora una tappa al Giro d’Italia. Ce ne sono diverse che potrebbero fare al caso suo…»

Vincenzo Nibali alla Settimana Coppi e Bartali 2005 in maglia Fassa Bortolo.

Ferretti, com’era il giovane Nibali neoprofessionista?

«Vincenzo a 21 anni era come lo vedete adesso. Un ragazzo molto educato che sapeva rapportarsi con le persone e con i grandi campioni che avevamo a quel tempo nella Fassa Bortolo. Aveva tanta voglia di imparare il mestiere. In silenzio scrutava i compagni cercando di cogliere il meglio di ognuno, anche se secondo me sapeva già tutto. È stato un onore farlo passare professionista e crescerlo per un anno».

Ci racconta il primo incontro con Nibali?

«Me lo ricordo benissimo. Andai al cosiddetto Quartiere Corridori di Mastromarco per parlare con lui del contratto, mi aveva impressionato tra i dilettanti e tutti ne parlavano benissimo. Lo guardai fisso negli occhi, gli strinsi la mano e poi…gli afferrai la cintura. Non ci crederete mai ma mi misi a sentire la massa grassa! Volevo subito fargli capire come stavano le cose a tavola. Poi firmammo le carte con i dirigenti della sua squadra e tutto andò per il verso giusto».

Che rapporto aveva con Vincenzo?

«C’era poco da dirgli, sembrava già un corridore esperto in mezzo al gruppo, anche se lo bacchettavo spesso. Farlo però è nella mia natura. Al primo anno ho preferito non fargli fare il Giro d’Italia, era il corridore del futuro, andava usato con attenzione. Sentivo però la sua delusione…»

Se lo avesse davanti in questo momento, cosa gli direbbe?

«Grazie. Grazie per aver dato onore al ciclismo italiano».