Giro Next Gen, Raccagni Noviero: «Ho dimostrato di non essere solo un velocista»

Andrea Raccagni Noviero al traguardo della prima tappa del Giro Next Gen 2024
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Soltanto Jakob Soderqvist è stato più forte di lui, un corridore che in stagione ha già conquistato il Tour de Bretagne e due tappe alla Flèche du Sud. Perciò Andrea Raccagni Noviero, secondo a 6″ dallo svedese del vivaio della Lidl-Trek, può ritenersi soddisfatto e guardare con una certa fiducia alla tappa di domani, la sua preferita delle prossime sette in programma, anche se verosimilmente dovrà lavorare per Magnier, il capitano della Soudal.

«Il risultato di oggi è parzialmente inaspettato. Dico parzialmente perché mi aspettavo di fornire una bella prova, però certo non di questo calibro. È il giorno più bello della mia stagione, almeno fino a qui. Ho raccolto altri piazzamenti, come il terzo posto alla Gand, ma chiudere al secondo posto la prima tappa del Giro Next Gen lo reputo davvero un ottimo risultato».

Finalmente hai dimostrato alla tua squadra di non essere “soltanto” un velocista.

«È ciò di cui vado più fiero. Ma in generale, non nei confronti della squadra. Troppo spesso sono stato descritto come uno sprinter e basta, quando invece ho anche altre qualità che forse, col tempo, prenderanno il sopravvento e sulle quali può aver maggior senso investire. Non dico d’essere un cronoman, ma un corridore abbastanza completo sì».

Credi che i materiali di cui dispone un vivaio ricco come quello della Soudal possano aver influito?

«Sicuramente sono di alta fattura e per questo ringrazio la squadra perché ci mette nelle migliori condizioni d’esprimerci. Altrettanto sicuramente possono aver influito se la mia prova la si paragona a quella dei corridori delle squadre italiane. Ma io nei primi dieci vedo solo corridori stranieri di formazioni straniere, fatta eccezione per Bagatin decimo. E quei corridori non pedalano in condizioni peggiori delle mie».

Il percorso era adatto alle tue caratteristiche?

«Sai, io credo che nelle cronometro così brevi conti molto lo stato di forma, non tanto essere o meno uno specialista. La prima parte della prova era veloce, con giusto qualche curva. Poi c’era lo strappo di Beauregard, duro, tuttavia da non affrontare al massimo per non ritrovarsi poi al gancio quando la strada spianava. Credo d’aver dato il meglio di me in discesa, è in quel tratto che ho ipotecato il secondo posto».

Quanto hai investito sulla disciplina? D’inverno hai trascorso ben sessanta giorni in Spagna.

«Oddio, se non ricordo male solo uno. E non è che in giro per l’Europa si trovino tante cronometro: le hanno tolte anche dal Bretagne, per dire. Io dopo la corsa francese ho staccato nove giorni, proprio senza toccare la bicicletta, e poi sono salito in altura sul Pordoi per due settimane e mezzo. Dopodiché, ho affrontato la Corsa della Pace con la nazionale di Amadori: ho raccolto poco, solo un ottavo posto nell’ultima tappa, però mi sentivo bene. Oggi ho avuto la riprova».

La tappa di domani è quella che ti piace di più.

«Sì, abbiamo visto il finale in macchina proprio poco fa. È vallonata quanto basta per stuzzicare le mie caratteristiche, ma il nostro capitano è Magnier e la precedenza ce l’ha lui. È veloce e ha talento, ha già vinto tra i professionisti. Ovviamente non farà classifica, il livello è troppo alto in montagna: è giusto che si concentri su altri obiettivi. Io sarò il suo ultimo uomo. Se poi dovessero aprirsi dei varchi, spero di essere reattivo a sufficienza per approfittarne».

Il campionato italiano, a questo punto, entra a far parte della tua agenda.

«Non ho ancora studiato i percorsi, ma da quello che so la prova in linea dovrebbe essere piuttosto dura. Per come sto adesso e dopo il risultato di oggi, forse mi interessa di più quello a cronometro. Ma se ne parlerà dopo il Giro, non voglio montarmi la testa per un bel piazzamento in una cronometro di nemmeno nove chilometri».