Piccolo: «Vado da Turchetti, rispetto Provini ma vediamo il ciclismo in maniera differente»

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Simone Piccolo, 26 anni compiuti il 20 ottobre, ha deciso di appendere la bici al chiodo. Correva nella Gallina Ecotek Lucchini di Cesare Turchetti
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Ormai Simone Piccolo aveva iniziato a ragionare come un corridore che sta per chiudere la sua carriera. Provava a godersi le ultime corse e gli ultimi allenamenti, cercava di capire se il bilancio di rimpianti, rimorsi e soddisfazioni fosse in attivo o in passivo, rifletteva sul suo futuro.

Tra novembre e dicembre lo teneva impegnato un corso da massaggiatore. Negli stessi giorni gli squillò il cellulare: era Cesare Turchetti della Gallina.

«Ci ho parlato e ho conosciuto una persona diversa da come me l’avevano descritta – racconta Piccolo – Mi avevano detto che fosse bacchettone e severo, e basta. Sarà, lo conosco ancora poco. Per il momento ho trovato un uomo che pretende rispetto perché lo dà. E’ appassionato e disponibile, e mi ha cercato avendo le idee chiare. Ci tengo a precisarlo: non ho accettato la sua offerta perché non so smettere o perché voglia allungare il brodo. Io credo in lui e lui crede in me, mi ha fatto piacere sentire certi discorsi da parte sua».

Ad esempio?

«Mi ha fatto sentire importante. Io ho sempre detto che San Geo e Città di Brescia sono due gare che vorrei vincere, e lui si è presentato dicendomi: guarda che quelle due corse sono fondamentali anche per la nostra squadra e i nostri sponsor. Lui ha cercato la mia esperienza e la mia professionalità, e di questo gliene sono grato. Nelle prossime settimane capiremo fino a dove possiamo arrivare».

Piccolo
Simone Piccolo secondo a Briga Novarese alle spalle di Giacomo Villa

Per te, da regolamento, sarà l’ultima stagione tra i dilettanti.

«Sì, poi potrei continuare a correre in una continental partecipando soltanto alle gare internazionali o riservate ai professionisti. Mi rendo conto che può sembrare assurdo, ma io continuo a credere nel passaggio nella massima categoria nonostante il 20 ottobre abbia compiuto ventisei anni. Quando avevo dato per scontata la fine della mia carriera, a darmi fastidio era il rimpianto di non essere riuscito ad esprimermi al massimo».

Nemmeno il 2023 deve averti soddisfatto più di tanto.

«Soltanto il finale di stagione. Da luglio in poi mi sono sentito nuovamente me stesso, difatti ho raccolto tre vittorie e svariati piazzamenti. Due, tuttavia, mi bruciano ancora oggi: potevano diventare altrettanti successi decisivi ai fini del mio passaggio tra i professionisti. Mi riferisco alla Firenze-Viareggio, terzo al termine di una volata lunghissima, e a Carnago, dove ho vinto la volata dei battuti, ma Iacomoni era già arrivato da una quindicina di secondi. Mi dispiace per la prima parte della stagione, non ero sereno per via di alcune incomprensioni con Provini».

Come ti sei lasciato con lui?

«E’ stata un’annata stressante, non lo nego. Matteo conosce il ciclismo e l’Hopplà si è confermata ancora una volta come una delle migliori realtà dilettantistiche d’Italia, ma certi suoi punti di vista non li condivido. Mi riferisco ad alcune piccolezze sulla preparazione, sullo stile di vita da seguire, sulla gestione della quotidianità. Io credo che sia troppo estremo, tenendo costantemente i corridori sotto pressione, e questo non giova all’ambiente. E poi avrei gradito un po’ di considerazione in più».

Provini
Matteo Provini, direttore sportivo della Hopplà, al Giro Next Gen di quest’anno

A cosa ti riferisci?

«Dopo otto anni tra i dilettanti, qualcosa credo di sapere anch’io. Io e Nencini (passato alla Zalf, ndr) eravamo gli elite di riferimento e in un paio di occasioni abbiamo reputato giusto esporci, anche a nome della squadra, per segnalare a Matteo insofferenza e malumore. Per quanto mi riguarda erano critiche costruttive, non volevo insegnare il mestiere a nessuno, ma dall’altra parte sono state interpretate come delle polemiche gratuite. Quando si arriva ad uno scontro, com’è successo, a rimetterci è sempre il corridore. Io ringrazio l’Hopplà per l’opportunità che mi hanno dato, l’ambiente è indiscutibilmente valido, ma per arrivare a fine stagione ho dovuto sopportare e stringere i denti».

Fino ad un mese fa credevi d’aver smesso col ciclismo: interpreterai la prossima stagione con uno spirito diverso?

«Non credo. Darò il massimo come ho sempre fatto, consapevole che trovare un ingaggio tra i professionisti è molto difficile ma non impossibile. Dovrò trovare quella costanza che mi è mancata quest’anno, non ho problemi a riconoscerlo. Intanto cominceremo la stagione con un ritiro di due settimane a Calpe, per me una novità assoluta. Poi, prima della San Geo, correremo un paio di gare in Francia. E a giugno correremo il Giro del Marocco, che durerà una decina di giorni. Sono belle esperienze, spero che possano tornarmi utili per raccogliere ottimi risultati e cercare un contratto tra i professionisti».