ITALIAN BIKE FESTIVAL 2023 / Hinault: «Non mi stupisce la Jumbo. La crisi dei francesi? Troppi soldi»

Hinault
Bernard Hinault, vincitore di 10 grandi Giri
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La partenza del Tour de France dall’Italia e le varie celebrazioni che annunciano l’evento, sono una ghiotta occasione per Bernard Hinault per tornare in Italia. Il campione bretone viene sempre volentieri e in Romagna ha parecchi amici. Il personaggio mantiene intatto il suo fascino e le sue opinioni hanno il pregio della schiettezza abbinato alla sua conoscenza di un mondo che gli è sempre appartenuto.

Si parla della Vuelta, dello strapotere della Jumbo Visma…

«Non c’è da stupirsi molto – afferma lui con sicurezza – è una questione di soldi. Loro hanno i corridori più forti, succedeva lo stesso prima con la Ineos. Se c’è uno sponsor che ha grande disponibilità economica e si può permettere di prendere i corridori più forti, è normale che poi domini le corse».

Ma non c’è troppo distacco tra loro e gli altri?

«Sì, c’è tanto distacco, ma vediamo anche che manca Pogacar e tanti rivali forti. E’ normale che i distacchi si dilatano».

Ti aspettavi cose diverse da Evenepoel?

«Ha corso due Giri d’Italia e non ne ha finito uno. E’ stato male? Forse, non si sa. Non ha mai corso un Tour. Dice che viene l’anno prossimo, vedremo. Credo che sui grandi Giri debba ancora lavorare e non so quali possono essere i suoi limiti o i suoi obiettivi. E’ bello che dopo essere saltato, si è voluto riscattare…».

Un tifoso si fa spazio per chiedergli qual’è la vittoria che gli ha dato più emozione, quella di cui è è più orgoglioso. Lui non esita un attimo e dice:

«Tutte le vittorie mi hanno dato emozione. Per un atleta che gareggia, ogni successo è il coronamento di una preparazione, di una fatica. E’ normale che piccolo o grande che sia il successo, ti da grande soddisfazione».

Si parla di come sia cambiato il ciclismo. Qualcuno rimpiange il suo ciclismo…

«Il mondo è cambiato. La vita di tutti i giorni è cambiata. – dice facendo col viso una smorfia, come a sottolineare che è l’ineluttabilità del tempo che passa – Le squadre oggi sono più strutturate e le condizioni di vita dei corridori sono migliorate molto. D’altra parte lo si vede anche dalle corse quanto si sia alzato il livello».

Cosa ti colpisce di più?

«Al di là delle medie, della grande combattività che c’è in corsa, sottolineerei come è cambiato l’approccio ai grandi Giri».

Cioè?

«Ormai non puoi presentarti più al via di un Giro, di una Vuelta o del Tour se non sei già in grande condizione. Devi essere subito competitivo, non puoi permetterti di regalare nessun vantaggio agli avversari perché potrebbe rivelarsi determinante. Ai miei tempi c’era anche modo nella prima settimana di rifinire al meglio la preparazione, c’era più controllo».

Hinault ha vinto dieci grandi Giri. Due Vuelte, tre Giri e cinque Tour. Ne ha corsi dodici. Con un briciolo di orgoglio ci racconta: «Ho corso due volte la Vuelta e ne ho vinte due. Tre volte il Giro e ne ho vinti tre. Sette volte il Tour e ne ho vinti cinque. Ma in un Tour, dopo aver vinto cinque tappe, mi sono ritirato in maglia gialla per un infortunio al ginocchio ed il Tour del 1986 lo ha vinto Lemond, compagno di squadra a La Vie Claire. Quell’anno sono arrivato secondo perché l’anno prima lui aveva aiutato me ed io gli avevo promesso che lo avrei ricambiato l’anno dopo».

Hinault è stato l’ultimo corridore francese a vincere il Tour de France. Era il 1985…

«E bisognerà aspettare ancora parecchi anni, temo…»

Lo dice con dispiacere, ma anche con grande determinazione. Non vede rosa nel futuro del ciclismo francese.

«Credo che in Francia ci sono troppe squadre professionistiche e girano troppi soldi. Manca la fame… – e continua – i corridori guadagnano bene e hanno il posto garantito. Non c’è competizione. Arrivano al professionismo anche con buone speranze, ma poi si fermano. Negli ultimi anni i francesi che sono andati meglio correvano in squadre straniere, vorrà pur dire qualcosa!»

In Italia c’è il problema opposto: non ci sono squadre e girano pochi soldi…

«E’ incredibile che Francia e Italia siano in questa situazione, i Paesi storicamente più forti nel momento di maggiore espansione del ciclismo soffrono di più ad esprimere campioni all’altezza della loro storia».

Si parla della mondializzazione voluta da Verbruggen che ha tanto cambiato gli equilibri mettendo in crisi la struttura più tradizionale del ciclismo.
«Ogni riforma porta cambiamenti che hanno qualche prezzo da pagare. Questo ciclismo è molto spettacolare ed ha allargato i suoi confini. E’ bello vedere tanti corridori che arrivano anche da Paesi che non hanno una lunga storia ciclistica. E vedo già all’orizzonte una nuova generazione ci campioni. Ayuso, Meeus, Rodriguez sono ragazzi che hanno già tutte le premesse per essere in un domani molto vicino dei campioni».

Hinault è nell’Olimpo con Merckx e Anquetil. Non solo i cinque Tour, ma anche classiche e vittorie a ripetizione. Nel ciclismo di oggi c’è ancora la possibilità di entrare a farne parte o questo ciclismo “consuma” presto a causa anche di una concorrenza molto agguerrita?
Il francese sorride.

«Ogni epoca ha i suoi campioni. Oggi, forse è Pogacar il corridore che può pensare di raggiungere certi traguardi. Penso che lo sloveno sia il numero uno. Ha già vinto due volte il Tour de France ed ha dimostrato di poter vincere ogni classica. Sì, penso che sia lui il Campione di questo tempo».

Vinto il suo primo Tour a 22 anni. L’anno dopo si è ripetuto. Quanto logora questa precocità?

«Non credo sia un problema. Pogacar mi sembra un atleta forte anche di testa. Ed oggi gli atleti godono di un’attenzione e di un sostegno che li aiuta molto. A me piace molto anche perché corre tutto l’anno».

Tu però a 32 anni ti sei fermato quando ancora potevi raccogliere risultati importanti.

«E’ vero. Lo avevo scelto anni prima. Avevo visto quanto mi aveva colpito il declino di Anquetil e di Merckx che negli ultimi anni di attività si erano un po’ trascinati. Avevo deciso con me stesso che a me non sarebbe accaduto. Ho voluto lasciare quando ancora ero in grado di esprimermi al meglio».

Hinault da qualche anno ha lasciato il suo incarico di grande cerimoniere del Tour de France, pur avendo ovviamente mantenuto rapporti molto stretti con gli organizzatori francesi. E’ molto legato alla sua Bretagna ed i viaggi in Italia rappresentano una piacevolissima evasione alla sua quotidianità. La partenza del Tour da Firenze sarà l’occasione per lui di intensificare le sue presenze nel nostro Paese dove vanta ancora tantissimi tifosi.