L’analisi di Nessler: «Ho paura che il treno giusto sia passato, ma continuerò finché avrò la passione»

Nessler
Martin Nessler festeggia la vittoria al Trofeo Matteotti 2023 (foto: Stefano Ballandi)
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Martin Nessler è il classico esempio del corridore venuto su con calma, migliorando anno dopo anno e alzando ogni stagione l’asticella. Non ha mai avuto le stigmate del fuoriclasse, eppure con dedizione al lavoro e tanta passione è riuscito a cogliere risultati che altri corridori, forse più talentuosi ma con meno testa, non sono mai riusciti a raggiungere.

Casillo Maserati, Cycling Team Friuli, Sissio Team e ora la Technipes-InEmiliaRomagna, nel suo primo anno da elite, visto che lui è un classe 2000. Nessler lo sa, «il treno è passato, ma finché continuo a divertirmi e porto risultati perché devo smettere?».

Perché dici che il treno è passato?

«Il ciclismo moderno è questo, si cercano ragazzi da juniores e testano già gli allievi che possono diventare potenziali “crack”. Certo una squadra professionistica non va a guardare il ragazzo di 24 anni che sta venendo fuori con il tempo. È così e bisogna accettarlo».

Hai qualche rimpianto?

«Sicuramente potevo svegliarmi prima, ma non parlerei di rimorsi. Le cose sono andate così e per un motivo o per un altro non ho fatto quel passo che sognavo di fare. Si può comunque sempre migliorare e questo lo sto notando soprattutto nella stagione in corso».

Quest’anno hai fatto tanta esperienza tra i professionisti.

«E ho preso grandi “mazzate”. Mi hanno aperto gli occhi, mi hanno fatto capire che cosa significa correre tra i pro’, tutto un altro mondo rispetto agli Under 23: direi che cambia come il giorno con la notte a livello di allenamenti, sacrifici, gestione della gara. Piano piano però capisci come funziona e allora le cose vanno meglio».

Tu quando lo hai capito?

«Al Giro di Sicilia. In quella corsa a tappe credo di essere cambiato. Prima inseguivo soltanto, magari provavo a mettere la testa fuori ma rimbalzavo malamente. Tra i professionisti devi metterti degli obiettivi, non puoi pensare di arrivare davanti ogni domenica come succedeva con i dilettanti. Ci sono situazioni in cui è meglio osare ed altre in cui tirare il fiato».

Le cose sono andate meglio?

«Decisamente, ho trovato molta più consapevolezza e anche quando sono tornato per alcune corse tra dilettanti ed elite, sento di aver fatto la differenza. E non parlo solo del Matteotti che ho vinto, ma anche di Lari dove ho chiuso quinto, alla 2Giorni Marchigiana (secondo) e il Giro del Veneto».

Proprio in Veneto hai sfiorato la vittoria.

«Vicinissimo, ma Pesenti ha meritato. Forse se ci fossero stati due o tre chilometri in più avrei rimontato, ma non lo sapremo mai. È curioso perché la tappa si è svolta sullo stesso percorso di Somigo, dove anche la passata stagione ho fatto secondo. Comunque la gamba del Veneto mi ha permesso di andare al Sibiu Tour e di andare abbastanza forte».

La Technipes quest’anno ha puntato anche su di te. Come ti stai trovando?

«Molto bene, è una squadra con un progetto interessante. Si vede che dietro c’è un’organizzazione importante: io lo noto in modo particolare perché vengo da una piccola realtà come il Sissio Team. Non manca nulla, forse speravamo in qualche risultato in più che non è arrivato, ma passare ad essere una squadra Continental non è semplice all’inizio».

Dove correrai ora?

«Sabato sarò alla Zané-Monte Cengio, gara per scalatori. Poi parteciperò alla Firenze-Viareggio e al Giro del Friuli, dove mi piacerebbe fare bene in modo particolare. Poi Scomigo e San Daniele, una corsa che mi piace molto».