Ganna: «Detesto la Roubaix ma sogno che mi cambi la vita. Sono pronto»

Ganna
Filippo Ganna spinge sui pedali alla Parigi Roubaix 2022
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«Com’è stata la ricognizione? Direi come la corsa, è davvero una merda». L’Equipe ha puntato molto su Filippo Ganna, nonostante la sua miglior prestazione alla Parigi-Roubaix finora sia il 35° posto di un anno fa. Ieri Alexandre Roos, geniale inviato del quotidiano francese sul grande ciclismo, è stato a trovare Pippo a casa dei suoi genitori e ha scritto due pagine per i suoi lettori. Vi riproponiamo gran parte dell’intervista al campione della Ineos Grenadiers, tutta da gustare.

«Ho fatto una ricognizione di 175 km, su tutti i settori, ho impiegato due giorni per recuperare, farmi massaggiare, ricaricare le batterie. Il pavé… non lo capisco, la gente dice che la Roubaix è una gara fantastica, ma non si può dire così. È divertente per le persone che guardano la tivù o che stanno a bordo strada nei loro camper, ma tra i corridori nessuno può dire che sia una bella gara. Devi essere un po’ pazzo, è dolorosa, dura per il corpo».

Perché la fai allora?

«Non lo so, ma stranamente ogni corridore vuole fare la Roubaix. È una motivazione personale, che riguarda tutti, si tratta di scrivere la propria storia. Come i grandi campioni del passato, come Francesco Moser, Eddy Merckx». 

Hai un settore preferito o li odi tutti?

«Credo che il mio preferito sia l’ultimo, il settore Charles-Crupelandt che non presenta difficoltà. È normale, come quelli che si trovano nelle grandi città. Gli altri sono il peggio del peggio».

Quello che davvero non ti piace?

«Dipende. Perché se stai bene, anche ad Arenberg si possono avere buone sensazioni. Alla fine, quando ti avvicini a Mons-en-Pévèle o al Carrefour de l’Arbre, si fa più difficile, l’intensità è pazzesca, ti senti stanco e se le tue gambe non girano più, si soffre davvero molto. Spero di non arrivare con queste sensazioni domenica».

L’anno scorso sei uscito da Arenberg in un’ottima posizione…

«Sì, ho avuto il treno perfetto di Kwiato per entrare ad Arenberg, prima e seconda posizione. Quando siamo partiti, ero con Stefan Küng e gli ho detto che potevamo provare a continuare dritto, collaborare, vediamo cosa succede. Ma poi si sono spente le luci e Filippo è morto a metà gara». 

Qual è il tuo primo ricordo sulle pietre?

«L’ho corsa da junior con la Nazionale. E mi è piaciuta molto. Ma ora, quando ci penso, 260 km, il pavé, il fango, mi dico: perché? Tra gli Espoirs ho vinto, ma non è la vera Roubaix. Nel 2018 sono caduto ad Arenberg, quando sono uscito dalla foresta avevo rotto la ruota posteriore. Non l’ho nemmeno detto alla macchina di servizio, ero dieci minuti indietro. Ho fatto quasi tutti i settori da solo e dietro di me è arrivato un gruppetto. Li ho supplicati di darmi da mangiare e da bere perché erano 150 chilometri che non avevo niente, ero completamente finito. Mi hanno dato una lattina, ho detto grazie, grazie. Sono arrivato al velodromo fuori tempo massimo».

Che tipo di sforzo richiede il pavé?

«È come uno sforzo di uno o due minuti in cui ti dici che devi arrivare prima in cima a un ponte. Non è come uno sprint o una cronometro. Piuttosto come due minuti in pista, è abbastanza simile».

Qual è l’elemento più difficile per te nella Parigi-Roubaix?

«Il fattore fortuna. Perché se non fori, se non cadi, puoi ritrovarti nelle prime posizioni facilmente. La Roubaix è come avere una pistola puntata alla testa, come la roulette russa. Ogni volta che premi il grilletto, speri che il proiettile non esca».

Questa settimana pregherai allora.

«Ho un grande rispetto per tutte le religioni, quindi penso che in questi giorni pregherò per tutti gli dei (ride). Il secondo posto alla Milano-Sanremo ci ha dato molta fiducia, soprattutto in relazione alla squadra. Ho compagni che si fidano di me, e a Sanremo ho dimostrato che non è stato per niente. Quindi, spero che anche per Roubaix mi vedano come un leader e sappiano che possono fidarsi di me».

Come eliminare la pressione prima di una gara così importante?

«La mattina mangerò un buon piatto di pasta (ride) e poi non ascolterò niente e nessuno. Quando la mia testa è rilassata e pronta a combattere, posso fare qualcosa di buono. Ovviamente non possiamo prevedere nulla, ma voglio fare del mio meglio. So che può cambiarmi la vita, farmi passare alla storia. Sogno di finire con quel cubetto di pavé in mano, ma non è facile».

Immagini mai di entrare da solo nel velodromo? Vincere da soli è magnifico.

«È vero, d’accordo al 100%. Ma prima devi arrivare ai cancelli del velodromo. Poi vedremo».

Pensi di poter vincere quest’anno?

(Esita.) «Lo spero. Anch’io sogno molto, ma non ho la sfera di cristallo. Ma nella mia testa lotterò ogni metro per cercare di vincere. Sono pronto».