Cavalli: «Non ho più paura, ma mi serve tempo. L’obiettivo sono le Ardenne»

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Marta Cavalli all'arrivo della Freccia Vallone 2022 (foto: A.S.O./Maheaux)
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Un anno fa il mondo doveva ancora accorgersi di Marta Cavalli. Lei invece aveva già intuito qualcosa. «Fisicamente sapevo di essere pronta, i valori erano buoni, annusavo una certa aria. Quello che non sapevo è se sarei stata pronta a livello tattico, in certe corse conta anche la gestione delle proprie energie, la maturità è anche e soprattutto quella». Vinse Amstel Gold Race e Freccia Vallone nel giro di dieci giorni. Un impatto clamoroso con le classiche. Che non si è esaurito lì: Marta in giugno ha domato il Ventoux, e a luglio è arrivata seconda al Giro alle spalle della marziana Van Vleuten. Se non fosse arrivata un’avversaria che l’ha centrata in pieno nella seconda tappa del Tour, magari l’anno magico sarebbe continuato, ma la storia non si scrive in questo modo. 

Un anno dopo Marta non ha ancora recuperato in pieno da quella botta. O meglio: ha recuperato, ma qualche conseguenza ancora c’è. Al punto da averle consigliato di rallentare un po’: niente Strade Bianche, Marta e la sua squadra, la FDJ-Suez-Futuroscope, hanno scelto di cercare la forma giusta lontano dalle competizioni, senza darsi scadenze. Poche settimane prima i suoi direttori sportivi avevano detto che Marta ha ancora qualche remora a correre in gruppo dopo la botta del Tour. Non potevamo allora non sentire Marta, capire dalla sua voce e dalle sue parole come stanno le cose. 

Come stai?

«Bene. Ma ho ancora dei piccoli acciacchi che in corsa si fanno sentire, soprattutto negli sforzi intensi, e mi impediscono di essere al cento per cento. Allora meglio prendersi ancora un po’ di tempo, riordinare tutto e ripartire quando sarò a posto».

Al Binda?

«Non lo so, non ci siamo dati scadenze. Magari il giorno prima del Binda mi sentirò a posto e dirò: corro. Magari no. Devo ringraziare la squadra che mi lascia libera. Il mio obiettivo sono le mie Ardenne, il cerchietto rosso sul calendario è ancora lì».

L’UAE Tour forse non era la corsa più adatta per riprendere confidenza.

«Forse no. L’idea era quella di una corsa fuori dalla mia comfort zone – vento, tappe piatte e lunghe non adattissime a me – per provare a ritrovare il feeling. Ma ho fatto un po’ fatica, mi sono dovuta ritrovare in gruppo, a velocità altissime, con tante sprinter, una tipologia di atlete più aggressive ed esplosive di me, facevano dei rilanci dopo le curve pazzeschi, potentissimi, e invece io sono piccola, leggera».

Hai ancora paura a correre in gruppo?

«Diciamo che la parte di paura legata alla caduta di per sé è superata. Nella prima tappa ero un po’ in apprensione, ma dopo il primo arrivo in volata era già molto molto meglio. Ogni corsa che passa è un’iniezione di fiducia che allontana quel brutto ricordo. È più il ritmo-gara che mi manca. Sono tornata a correre a ottobre, ma un’assenza così lunga la paghi. E anche quest’inverno ho lavorato tanto ma sempre in rincorsa».

Noi la chiamiamo caduta, quella del Tour, ma è stato un investimento: più facile o più difficile da dimenticare?

«Dal punto di vista mentale più difficile, perché era comunque qualcosa che non dipendeva da me, come ti salvi? Dall’altro lato invece aiuta: una cosa così strana credo che non si ripeterà mai più».

Ti era già successo da juniores, in pista, di cadere e di doverti fermare a lungo. 

«Sì, ero a cavallo del passaggio alla categoria élite, allora avevo unito al rientro dopo lo stop anche l’impatto con la nuova categoria. Anche quest’anno rientrare in una corsa World Tour mi ha destabilizzato un po’, magari non sarò brillantissima nelle prime corse che farò poi tornerà tutto come prima».

Sangalli ti aspetta per il Mondiale.

«Fa piacere. Manca ancora tanto tempo».

La FDJ ti ha dato tanta fiducia, il ct azzurro conta su di te. Senti la pressione?

«Da parte della squadra no, da parte mia sì, un po’ di pressione me la metto: quella che serve per migliorarmi e tornare al mio livello. Magari non vincerò come l’anno scorso, ma l’importante è continuare nel processo di crescita, la mia è una costruzione a lungo termine. Quello che ho già vinto è un punto di partenza, non di arrivo».

Essere Marta Cavalli un po’ di responsabilità te la dà.

«Certamente ho approcciato la stagione con uno spirito differente da quello dell’anno scorso. Allora era un po’ un azzardo, non avevo tutte queste certezze. Ora devo avvicinarmi alle gare con la consapevolezza che posso giocarmela con tutte, o quasi».

Fra poco, il giorno della Milano-Sanremo, compirai 25 anni.

«Un quarto di secolo, fa effetto eh?».

Immaginavi di arrivarci così?

«Sinceramente no. Mi stupisco tutte le volte che mi vedo nello spot di Eurosport, ci sono gli ultimi metri delle mie classiche e non mi sembra vero di averlo fatto. O quando riguardo le foto: ho ancora la stessa sorpresa e incredulità che avevo allora».

I tuoi verranno sulle Ardenne?

«Dovranno fare i salti mortali col lavoro, ma credo che si stiano organizzando».