Arrighetti, chi sei? «Mi piacciono le volate a ranghi ristretti, ma l’anno scorso ho vinto anche sul Ghisallo»

Arrighetti
Nicolò Arrighetti in azione alla Coppa San Geo 2023 (foto: BiesseCarrera)
Tempo di lettura: 4 minuti

Nessuno ha ancora capito che animale sia Nicolò Arrighetti, classe 2004 da quest’anno tra i dilettanti con la Biesse-Carrera. Come definire un ragazzo alto 1,88 e pesante 74 chili abbastanza veloce da vincere le volate a ranghi ristretti e sufficientemente abile in salita da conquistare la Treviglio-Bracca e il Ghisallo?

«Sono tra gli Under 23 per capirlo. Anche Nicoletti e Milesi mi stimano senza sapere bene ancora chi sono. Ma non ho dubbi, il calendario e le esperienze mi toglieranno ogni dubbio e finalmente saprò in che direzione andare».

Ma avrai dei percorsi preferiti, no?

«Quelli mossi, da classiche. Duri, certo, ma con salite non troppo lunghe. E’ lì che riesco a combinare al massimo le mie qualità principali: la resistenza e lo spunto veloce. Di gare a tappe ne ho affrontata una soltanto, la Corsa della Pace lo scorso anno: decimo nell’ultima frazione, comunque troppo poco per capire qualcosa. La mia corsa preferita è sempre stata la Milano-Sanremo, anche se non so quanto possa essere adatta alle mie caratteristiche».

Perché quella e non un’altra?

«Perché per me è una gara unica: è la prima monumento della stagione, è la gara più lunga dell’anno ed è una delle pochissime che lambisce il mare per così tanti chilometri. E’ una corsa imprevedibile e vagamente malinconica, non saprei come altro definirla. E’ un peccato che il mio idolo, Peter Sagan, l’abbia sfiorata in più occasioni e mai vinta».

A fine stagione smetterà.

«L’ho letto. Sai, è stato il nome della mia infanzia, è normale che mi dispiaccia. Però, allo stesso tempo, credo che abbia preso la decisione giusta. Non è più giovanissimo, ha vinto una marea di gare e non deve dimostrare più niente. Gli ho sempre invidiato la leggerezza e la sensibilità nell’essersi costruito un entourage che lo ha accompagnato per l’intera carriera: il fratello, il procuratore, l’addetto stampa, il meccanico, il massaggiatore. Un gruppo di cui potersi fidare. Per gli stessi motivi, da piccolo ero innamorato perso di Valentino Rossi: un personaggio, non solo un campione».

Quindi segui anche altri sport?

«Mi si può definire un appassionato generico. Ne ho praticati diversi, dal nuoto al calcio, ma non mi hanno mai realmente coinvolto. Col ciclismo, invece, è stato amore a prima vista. Non so perché, ho cominciato a pedalare e istintivamente mi sono sentito a mio agio. Devo dire grazie a mia mamma, perché ha sempre insistito per farmi fare almeno uno sport. E comunque sì, ne seguo diversi, ma come si deve soltanto il ciclismo».

Nicolò Arrighetti alla presentazione delle squadre della Biesse-Carrera (foto: Biesse-Carrera)

Quali sono le gare che ricordi nitidamente?

«Intendi viste alla televisione? Nessuna in particolare. Però ho dei ricordi abbastanza precisi per quanto riguarda le corse a cui ho assistito dal vivo. La prima fu la tappa di Montecampione al Giro d’Italia del 2014, vinse Aru. L’estate dell’anno dopo, invece, andai con mio zio e mio nonno al Tour de France per tre giorni. E lì, invece, a portare a casa un successo fu Nibali. Bellissime esperienze».

Bellissima come la tua stagione passata, la seconda tra gli juniores: sei successi e parecchi piazzamenti. Hai preso finalmente consapevolezza del tuo talento?

«Oddio, se devo essere sincero non so ancora fino a dove riuscirò ad arrivare. Non sono esuberante, non mi piace fare proclami. Però ammetto che mi sento più sicuro dei miei mezzi. Penso maggiormente a me stesso e ho meno paura dei mie avversari, di come si muovono e delle loro scelte. Dei successi dello scorso anno, quello più inaspettato è arrivato sul Ghisallo, ma ero in forma ed è andata bene».

Tutto sommato convincente anche il debutto stagionale: davanti alla San Geo e decimo ieri al Gran Premio dell’Industria.

«In entrambi i casi ho tirato la volata ai miei compagni: D’Amato terzo alla San Geo, Motta terzo ieri. Un buon debutto, sono abbastanza soddisfatto. Peccato però per il finale della San Geo: noi della Biesse-Carrera eravamo in cinque sui trenta complessivi del gruppo di testa, potevamo e dovevamo tirare una volata migliore a D’Amato, ma ci siamo persi e quindi disuniti. Con un pizzico d’organizzazione in più chissà cosa poteva succedere, alla fine D’Amato seguendo Persico aveva battezzato la ruota giusta».

Nel frattempo ti stai diplomando. Come procede?

«Sono in quinta superiore, frequento un Itis, indirizzo elettrotecnico. Mi basta poco per cavarmela bene, ma purtroppo studiare non mi piace. Infatti non ho ancora deciso se proseguire o meno con l’università. Prediligo le materie umanistiche, italiano è la mia preferita. Ogni tanto leggo qualche libro, specialmente le biografie sportive. Quella chi ha colpito maggiormente? Open, di Agassi. Che storia…».

Come ti descriveresti?

«Come dicevo, per niente esuberante e tendente alla serenità. Mi piace passare il tempo coi miei amici e girare in Vespa nei miei luoghi. Sono di Bossico, provincia di Bergamo, a due passi dal Lago d’Iseo. In bici sono un attaccante, anche se in certi frangenti non mi dispiace rimanere in gruppo e giocarmi le mie chance negli sprint a ranghi ristretti. Difetti? Ne ho talmente tanti che voglio limitarmi a due: non mi piace studiare, e un po’ mi dispiace, e sono piuttosto disordinato. Ma ho compiuto diciott’anni a dicembre, due giorni prima di Natale: devo ancora capire tutto di me stesso».