Portello e il ciclismo nel sangue: «Sono un velocista puro e mi ispiro a Cavendish, ma se voglio diventare grande devo migliorare in salita»

Portello
Alessio Portello, dal 2023 con la Q36.5 dopo due anni con la Zalf
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Avere il ciclismo nel sangue può sembrare una frase fatta, ma non se ti chiami Alessio Portello e dentro casa hai sempre avuto tuo nonno e tuo zio che ti parlano continuamente di biciclette. Inizialmente fare il corridore non era nei piani del ragazzo di Pordenone, ma poi si è fatto convincere e da quel momento non l’ha più sceso di sella. «Mi spingevano per iniziare, ma senza troppa pressione. Dicevano “prova, vedi se può piacerti”, così ho cominciato da G1 e ora sono qui, a lottare ogni giorno per diventare professionista».

Negli anni che corridore sei diventato?

«Mi sono specializzato sulle volate, perché in salita faccio un po’ fatica. Purtroppo però negli ultimi anni abbiamo visto un cambio di tendenza nel disegno dei percorsi: si è soliti indurire i tracciati, piazzare salite un po’ ovunque, così i velocisti devono sudarsi lo sprint».

Quindi stai lavorando per questo?

«Assolutamente sì. Mi reputo un velocista abbastanza puro, ma se voglio fare un salto di qualità devo necessariamente migliorare in salita. Bisogna arrivare freschi e brillanti, e anche nelle corse medio-facili non posso permettermi di arrivare al gancio prima della volata».

Chi è il tuo idolo?

«Per caratteristiche direi Cavendish. Io ho vissuto tutta la sua parte migliore, le vittorie al Tour, al Giro, la Sanremo, il mondiale, ma anche questa ultima parte di carriera in cui riesce comunque a essere vincente. Cosa ammiro di lui? La capacità di inserirsi in qualsiasi spiraglio, senza paura e con la giusta cattiveria. E poi la sua potenza…»

Un corridore come te quali corse sogna di vincere?

«Se devo sognare in grande ti dico la Sanremo. È la Monumento che si adatta di più alle caratteristiche di un velocista come me e poi ha un fascino tutto particolare. La Cipressa, il Poggio, la volata di via Roma. Ma adesso però non ci penso, guardo a quello che ho vinto finora e a questa stagione».

Da junior hai vinto tanto…

«Ricordo con piacere Sacile, Orsago, Imola, Monti Coralli e il Rinascita, solo per citarne alcuni. Vittorie che mi hanno permesso di fare un salto importante tra gli Under 23 direttamente con la Zalf che sappiamo essere una delle migliori squadre dilettantistiche».

L’approccio con i dilettanti com’è stato?

«Il primo anno è stato molto positivo e ne sono contento. Chiaramente non potevo aspettarmi di arrivare e vincere ogni domenica, così mi tengo davvero stretti i miei due successi, tra cui spicca quello al Giro del Veneto, una corsa di primissimo piano. Ero quasi stupito, ma al di là di questo, mi hanno soddisfatto i tanti piazzamenti e una forma sempre buona».

Lo scorso anno però non è andato così bene, non trovi?

«Nel 2022 mi aspettavo di alzare un po’ l’asticella, ma per tanti motivi le cose non sono andate come speravo. Ero partito bene e fino ad aprile sono stato più volte vicino alla vittoria. Penso ai secondi posti a Misano e alla Due Giorni per Bolis, il terzo al Trofeo Romagna, il quarto alla Vicenza-Bionde».

Poi cos’è successo?

«Alla Medicea sono caduto e per un po’ di settimane sono stato costretto a scendere dalla bici. Avevo dei problemi alle costole e alla mano che mi hanno condizionato in tutta la seconda parte di stagione. Facevo fatica a tenere il ritmo del gruppo e inseguivo una condizione che non ne voleva sapere di arrivare».

Verza, Acco, Cattelan, Faresin, Guzzo, Portello e Rocchetta nel crono prologo del velodromo Monti di Padova (foto: Photors.it).

Perché hai lasciato la Zalf?

«Voglio dire subito una cosa. Non ho lasciato la Zalf perché mi trovavo male o mi è mancato qualcosa, semplicemente sentivo il bisogno di cambiare aria, trovare nuovi compagni e confrontarmi con diesse diversi. Credo che la vita di un atleta sia fatta di stimoli e io volevo uscire dalla mia zona di comfort».

Come mai proprio la Q36.5?

«Con Nieri ho avuto sempre un ottimo rapporto perché mi aveva già cercato quando ero junior per portarmi all’allora NTT/Qhubeka. In quel momento non la vedevo come la squadra giusta, poi lo scorso anno siamo tornati in contatto e si è aperta la possibilità della Q36.5. Il progetto è interessante…»

Ce lo racconti?

«Avere una squadra professionistica che ci supporta è sicuramente un bene. Guardano al futuro e puntano tanto sui giovani, sul vivaio che hanno allestito insomma. Sicuramente ci sarà la possibilità anche di correre con i grandi perché tra i due team c’è un legame molto stretto: ora come ora però non saprei dire quando».

Il tuo calendario in questa prima parte di stagione quale sarà?

«Debutterò alla Firenze-Empoli del 25 febbraio, poi torno a Misano e una settimana dopo faccio il Polese. Molto probabilmente il programma proseguirà con una corsa a tappe in Algeria di undici giorni. Per me sarà la prima volta che mi confronto con una gara così lunga, ho fatto poche corse a tappe e sicuramente mai più di quattro-cinque giorni. Sono molto curioso…».

L’obiettivo del 2023 però qual è?

«Crescere, mettere alle spalle il 2022 e vincere. Mi piacerebbe essere convocato per il Giro d’Italia Under 23, se verremo invitati, e giocarmi qualche chance in volata. E poi c’è la maglia azzurra, ma quella va meritata…»