Marta Cavalli nel futuro: «Noi siamo il cambiamento, per questo certi uomini hanno paura di noi»

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Marta Cavalli alla Freccia Vallone (foto: A.S.O./Demouveaux)
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“Le conseguenze del Tour” potrebbe essere il titolo di un bel film. Invece è la realtà di Marta Cavalli, che mentre correva nel suo sogno più grande si è vista troncare la stagione senza un perché. Ha dovuto rinunciare anche ai Mondiali. Doveva essere il suo anno, lo era stato, con le vittorie all’Amstel, alla Freccia e nella Challenge del Ventoux che l’avevano posta all’attenzione di tutto il mondo. Per non parlare del secondo posto al Giro dietro all’extraterrestre Annemiek van Vleuten. Poi il brusco risveglio al Tour, quando – eravamo appena alla seconda tappa – l’australiana Nicole Frain l’ha centrata in pieno mentre lei e il resto del gruppo stavano rallentando per una caduta. Un trauma violento, e la certezza che il casco le abbia salvato la vita. «Ormai è tutto alle spalle. Dopo i primi esami i tempi di recupero non erano chiari, mi sono presa il mio tempo, sono tornata a correre senza la pressione del risultato. Ora so di essere fisicamente al cento per cento, devo solo trovare la condizione».

Basterebbe cambiare la prospettiva. Tutte le volte che ci scopriamo a pensare che il nostro ciclismo stia attraversando il deserto, dovremmo semplicemente guardarlo dall’altra parte. Quella che in questo momento funziona, vince e ha anche un’immagine accattivante. Che si deve ad atlete competitive che brillano per risultati e capacità di stare al mondo, di parlare di qualsiasi argomento con competenza e serietà, senza imbarazzi. Non stupisce dunque che Stefano Marconi, brand manager di Lapierre per l’Italia, dica di Cavalli che «Marta rappresenta per noi il ciclismo del futuro, dà un contributo fondamentale alla crescita del ciclismo femminile, è ambasciatrice del marchio e con i suoi successi parla di noi in tutto il mondo». Marta nei giorni scorsi ha annunciato la logica prosecuzione del suo progetto con la FDJ Suez Futuroscope fino al 2024, anno chiave in particolare per lo sport francese, atteso all’appuntamento dei Giochi di Parigi. A 24 anni Cavalli sa di essere il presente e il futuro di un ciclismo che ha in Elisa Longo Borghini la sua fuoriclasse di più lunga data, in Elisa Balsamo la stella che brilla su strada ma anche in pista, e in tante altre giovani atlete tutte le diverse declinazioni di grinta, talento e successo. «Abbiamo età diverse, percorsi diversi, e non mi piace fare paragoni – dice Marta – Sono all’imbocco di questo percorso, mi piace pensare di battagliare con loro e magari di batterle. So di essere la sorvegliata speciale, ma quando salgo in bici non percepisco più tutto il contorno».

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Marta Cavalli esulta sul traguardo della Freccia Vallone 2022 in cima al Muro di Huy (photo: Davy Rietbergen/Cor Vos /SprintCyclingAgency©2022)

Marta sa esattamente quando l’attenzione verso il ciclismo femminile è diventata qualcosa di più della curiosità di prima. «Negli ultimi due anni la crescita è stata evidente, c’è più considerazione, il primo choc l’ha dato la prima Parigi-Roubaix: è stato lì che i media ma anche le altre persone hanno cominciato a vederci in un altro modo. Poi c’è stato il Tour de France, il punto più alto. Prima eravamo ancora quelle che non sono capaci di guidare la bici, che cadono magari». Qualche nostalgico resiste ancora, arroccato nel suo medioevo. «La diffidenza c’è, soprattutto in un Paese attaccato alle tradizioni come l’Italia. All’estero la mentalità è più aperta e noi cicliste rappresentiamo già la normalità. Non dobbiamo fermarci agli stereotipi da bar, attaccandoci a qualche aspetto negativo per demolire un movimento intero e i sogni di tutte. Fa piacere che Giorgia Meloni al suo insediamento abbia citato Alfonsina Strada insieme a tante donne che hanno fatto la storia: vuol dire che stiamo uscendo dalla nicchia. Serve tempo per buttare giù gli stereotipi, i cambiamenti spaventano, e gli uomini hanno sempre un po’ paura di noi». 

La sua è una generazione di fenomene, per citare una famosa definizione coniata per la pallavolo dell’età di Velasco. «È un allineamento di pianeti che ha creato questa generazione, senza il talento di madre natura certi risultati non si raggiungono. Poi certo il merito è di chi ha saputo tirarlo fuori, c’è tanta gente che ha creduto in noi, ci ha fatto fare le esperienze necessarie, così siamo riuscite a esprimere il nostro potenziale, abbiamo avuto l’occasione e l’opportunità di provare. Non so quando si potrà ripetere un’alchimia del genere, né se mai si potrà ripetere».

Per raccontarsi, Marta ama usare la nebbia, che dove vive lei – a Formigara, nella campagna attorno a Cremona – è una componente della vita, è qualcosa che nasconde e protegge, allontana e custodisce. Lei dice che la sua storia di ciclista si potrebbe raccontare come quel momento in cui la nebbia si dissolve: all’improvviso tutti l’hanno vista, e si sono accorti di lei. La nebbia però è anche nemica della sicurezza, e mai come in questi giorni il tema è sentito da chi va in bici. «Ho la fortuna di abitare in una zona non troppo trafficata, ma a volte vado verso Bergamo, o verso Piacenza, e in questo periodo la nebbia non è certo un’alleata. Per Natale papà mi ha regalato il radar della Garmin, la luce posteriore: non è uno sponsor ma lo consiglio, è un occhio in più ed è molto visibile. E con Gobik stiamo studiando un abbigliamento ultravisibile».

Marta Cavalli alla presentazione del Tour de France Femmes avec Zwift 2023 (foto: A.S.O./Maxime Delobel)

Riservata e molto legata alla sua famiglia, ai genitori e alla sorella Irene, quando vuole farsi un regalo Marta stacca il telefono e si concede qualche giorno lontana dal resto del mondo, in silenzio. Ama cucinare, e sogna un giorno di aprire un piccolo ristorante tutto suo, «il buon cibo non può mai mancare nella mia vita». Passione ereditata dalla mamma, che lavora in una gastronomia. Papà Alberto invece manda avanti l’attività di famiglia: camicie su misura. E segue con la giusta distanza la carriera di Marta. «Non mi vedrete mai in un reality, ma riconosco che Federica Pellegrini ha avuto il merito di far uscire le atlete dal loro ambito ristretto: lei è l’emblema dello sport femminile, con la sua tenacia in mezzo alla difficoltà, con i suoi trionfi, ci ha fatto emozionare tutti. Io sono diversa, più introversa, tengo la mia vita privata da parte, ma riconosco che lei ci ha spalancato un mondo». Marta sogna un viaggio negli Stati Uniti quando avrà il tempo di staccare davvero, quest’anno si è concessa giusto due fine settimana: uno a Londra («abbiamo camminato per chilometri, bellissimo») e l’altro a Zurigo a trovare la sorella del suo ragazzo. 

Un giorno imparerà anche a suonare la chitarra. Per adesso ascolta la musica ma mai in bici, e sotto la doccia canta Ed Sheeran a squarciagola, convinta che nessuno la senta. Su YouTube guarda video sulla manutenzione delle bici ma anche altri che svelano ricette complesse, assecondando le sue due passioni, apparentemente così distanti.

Marta Cavalli con gli uomini del suo staff: da sinistra il preparatore Flavien Soenen, il Ceo di FDJ Stephen Delcourt e il brand manager di Lapierre per l’Italia Stefano Marconi

«Per adesso penso alla prima parte della stagione, soprattutto alle classiche, che onestamente sono quelle che mi emozionano di più, lì vinci d’istinto, hai un’occasione e te la prendi. Noi ragazze ci chiediamo spesso come mai le uniche due Monumento di cui non esiste la versione femminile siano proprio le due italiane, Sanremo e Lombardia: abbiamo iniziato a parlarne a chi di dovere, sono convinta che a breve sarà impossibile continuare a dirci di no». Marta ha però scoperto qualcosa di nuovo. «Al Giro mi sono resa conto che le mie sensazioni migliorano di giorno in giorno nelle corse a tappe, spero che questa predisposizione mi venga utile negli anni futuri. Dopo l’anno scorso il Tour è una nuova sfida per me ma non abbiamo ancora deciso se correrò sia Giro che Tour o soltanto una delle due. Dopo le classiche proveremo a fare questa piccola metamorfosi incontro alle corse a tappe. Il programma? Comincerò con UAE Tour, poi Strade Bianche e Ardenne». Al suo fianco tutto il suo team, un team degno di una fuoriclasse quale Marta è: dal suo procuratore Fabio Perego, il primo ad occuparsi di ciclismo femminile in Italia, al giovane manager Stephen Delcourt, che non nasconde che l’obiettivo è «far diventare la FDJ la miglior squadra del mondo», al direttore delle performance Flavien Soenen, che conferma che Cavalli avrà a disposizione «tutto il meglio: bici, tecnici e gregarie».