Marco Milesi: «Foldager è un talento, Svrcek ha avuto troppa fretta»

Milesi
Marco Milesi, direttore sportivo della Biesse Carrera
Tempo di lettura: 3 minuti

Lo ha chiamato Marino Amadori dal Valle d’Aosta dicendogli: «Ti passo il tuo Ciuccarelli, ha fatto dei danni». A Marco Milesi, in quel momento impegnato al velodromo di Dalmine, è venuto un colpo: è caduto, s’è fatto male, un tampone positivo. «E invece, non si sa come, aveva spaccato non una, ma due ruote», spiega lui. «Menomale, si capisce: io avevo pensato subito al peggio. Comunque sì, sono qui per questo: e per seguire Riccardo, che dopo tre tappe è nono a 1’14” da Martinez».

Si sta comportando bene, peccato per gli alti e i bassi del Giro d’Italia.

«Ciuccarelli è un corridore che dà il meglio di sé col caldo. Non è un caso che l’anno scorso abbia vinto una tappa al Giro e poi Poggiana. Da quello che so io farà anche l’Avenir, poi ovviamente la decisione finale spetta ad Amadori. Però, visto che a fine stagione passerà professionista con l’Androni, dovrà darsi da fare».

In che senso?

«Che nella massima categoria non vanno tanto per il sottile. Non bisogna star dietro al caldo, al freddo, al vento, alla pioggia, ai ventagli o alle salite. Si corre costantemente per vincere contro i migliori corridori al mondo, non sono ammesse scuse né lamentele. Quindi, se vorrà togliersi qualche soddisfazione, dovrà imparare a rendere anche con le basse temperature. Prendi Conca e Colleoni».

A che proposito?

«Io li ho avuti entrambi, la stoffa ce l’hanno, però bisogna essere forti soprattutto psicologicamente. Volersi migliorare, voler fare a spallate e gomitate, non accontentarsi. Colleoni qualche piazzamento l’ha fatto, Conca invece si fa vedere poco. Io, in una squadra belga, ci ho corso due anni e so cosa significa».

Nella Domo-Farm Frites, 2001 e 2002. Il team manager era Lefevere. Quali ricordi hai?

«Non è facile avere a che fare coi belgi. Sono duri, esigenti, accoglienti il giusto. E se i miei ricordi non m’ingannano, talvolta cattivelli. Bisogna reagire, dimostrare d’avere carattere, farsi intendere. Diventare come loro, se vuoi. Se uno si fa mettere sotto non ne esce più. Per un ragazzo italiano poco più che ventenne non è facile passare professionista in una formazione belga come la Lotto Soudal, dov’è Conca».

A proposito di Lefevere, da poche settimane è passato professionista con la Quick-Step un corridore che quest’anno ha corso per te: Martin Svrcek.

«Con Lefevere sono sempre rimasto in buoni rapporti, mi aveva affidato questo ragazzo proprio perché si fidava di me e sa come lavoro. Cosa vuoi che ti dica, il talento c’è ed è palese, però io credo che altri sei mesi con la Biesse-Carrera non gli avrebbero fatto male».

Quindi secondo te ha avuto troppa fretta nel passare professionista.

«Sai, le dinamiche che s’innescano sono tante. So che Bramati la pensava come me, evidentemente qualcuno più importante di noi no. E non possiamo nemmeno aspettarci che un ragazzo di diciannove anni ragioni come uno di ventotto. È chiaro che la possibilità di correre con la Quick-Step gli abbia fatto gola».

Tra l’altro alcuni problemi fisici lo avevano rallentato già in primavera. Non ha corso poi molto tra gli Under 23.

«La mia paura è che da qui a fine anno corra poco o nulla. Mi auguro di no, spero che almeno qualche gara la faccia, ma adesso non è più tra i dilettanti e deve muoversi di conseguenza. Oggi la tendenza è questa, inutile fare gli sprovveduti. Speriamo che a Martin vada bene come ad altri ragazzi».

Dei tuoi, invece, ha cominciato a brillare Foldager: sesto alla San Geo e a San Vendemiano, quinto al Belvedere, terzo al De Gasperi, quarto alla Zappi, secondo e quarto in due tappe del Giro.

«È veramente un bel talento. È veloce e resistente, perfetto per le corse vallonate di un giorno. È costante soprattutto negli appuntamenti più prestigiosi e questo lo rende appetibile per molte formazioni professionistiche. Infatti stiamo già prendendo in considerazione diverse richieste».

Deve avere anche una bella testa, per passare dalla Danimarca all’Italia e reagire così bene.

«Sì, decisamente. È determinato, ha carattere, non si abbatte ed è ambizioso. In Danimarca il ciclismo sta vivendo una vera e propria età dell’oro e io credo che Foldager possa dire la sua e ritagliarsi il proprio spazio».