TOUR DE FRANCE / Le pagelle della 2ª tappa: Francia mai così in basso, ma la Danimarca e Jakobsen sono da favola

La meraviglia delle meraviglie: il pubblico danese festeggia il passaggio del Tour (foto: A.S.O./Charly Lopez)
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Cominciamo da un 10: quello che diamo ai danesi. Uno spettacolo del genere non lo avevamo mai visto: un Paese intero che esce di casa (in bici, ovviamente) per andare ad aspettare il Tour de France sulla strada. Impressionante. Emozionante. E fa un rumore bellissimo. Tutta la tappa è una lunga attesa del famoso ponte Storebaelt: e ne valeva la pena. Uno spettacolo nello spettacolo. Ma anche tante cadute e un nervosismo eccessivo.

Tour de France, le pagelle della seconda tappa

Fabio Jakobsen 10 – Nel Paese delle favole, lui scrive il capitolo più bello della sua storia: abbiamo tutti avuto paura per la sua vita nei giorni tremendi del Giro di Polonia, due anni fa, abbiamo seguito con angoscia il suo recupero, i primi passi, le prime parole, gli interventi, la prima uscita in bici, il primo sorriso, tutte le mille prime volte del suo ritorno alla vita. Vederlo uscire dal gruppo e vincere una tappa al Tour, la prima tappa del suo primo Tour, è il finale più bello. Ha venticinque anni, si è ripreso il futuro. I suoi genitori lo hanno chiamato Fabio per Casartelli, morto un anno prima che lui nascesse: per questo ci è anche più caro.

Wout Van Aert 9 Fra i due capitani, Roglic e Vingegaard, è lui il primo della Jumbo-Visma a vestire la maglia gialla. Dopo la sorpresa amara della crono, il belga si rifà con gli interessi. 

Yves Lampaert 8,5 – Coinvolto nella caduta all’inizio del ponte, torna in gruppo con l’aiuto di Morkov e nel finale si mette davanti a tirare per il capolavoro di Jakobsen. Perde la maglia gialla ma la onora.

Luca Mozzato 7 – È al Tour per imparare, per capire com’è: prima volata, e lui è lì, in mezzo al furore. Nono al traguardo, come prima volta è di lusso.

Andrea Bagioli e Mattia Cattaneo 8 – Grande lavoro per la squadra che, finora, si è presa tutto quanto. Una risposta non scontata alle polemiche sull’esclusione di Cavendish.

Tadej Pogacar 8 – Sfiora le cadute, cammina sul bordo del disastro: e alla fine ride per lo scampato pericolo. I Tour si vincono anche così.

Gli americani 8 – Largo ai giovani? Loro lo fanno davvero. Tre dei sette corridori statunitensi al via della Grande Boucle sono ai primi cinque posti dei più giovani di questo Tour. Il più giovane di tutti:  Quinn Simmons, 21 anni a 55 giorni. Seguito a ruota da Kevin Vermaeke, 21 anni e 259 giorni, caduto oggi pochi metri dell’imbocco del ponte, assieme a Rigo Uran. Al quinto posto di questa speciale classifica, alle spalle di Pidcock e Louvel, troviamo poi il californiano Matteo Jorgenson, che ha compiuto 23 anni il giorno della crono inaugurale.

I francesi 5 – È la quota più bassa dal 2005. Allora erano 30 i francesi in corsa, quest’anno sono 32. E nessuno sembra in grado di interrompere il lungo digiuno dei tifosi transalpini, che aspettano di vincere il Tour dal 1985, anno dell’ultimo trionfo di Bernard Hinault.

Imanol Erviti 28 – Il corridore di Pamplona, 38 anni, è partito per il suo ventottesimo grande Giro. È l’ottavo corridore a raggiungere questo traguardo, dopo Matteo Tosatto (34), Alessandro Petacchi e Alejandro Valverde (32), Adam Hansen, Mario Scirea e Haimar Zubeldia (29) e Roberto Conti (28). 

Andrey Zeits 10 – Con la crono di Copenaghen ha fatto 400, con la prima tappa in linea è a 401: il kazako dell’Astana, 35 anni, ha corso 401 tappe consecutive in grandi Giri portati a termine: la sua avventura è cominciata al Giro d’Italia 2009. Enorme.