TOUR DE FRANCE / Irrompe van der Poel: «Le crono sono come la F1. Mi piace, ma non vincerò io»

Van der Poel
Mathieu Van der Poel al Giro d'Italia 2022 (foto: LaPresse)
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Dice Mathieu van der Poel che la cronometro è una specialità gli piace perché «non è molto diversa dalla Formula 1», e sappiamo tutti quanto siano nel suo cuore le auto veloci. A Copenaghen il figlio e nipote d’arte vuole sfruttare tutta la tecnologia possibile per stupire ancora.

«Ho potenza, questo vuol dire che arrivo spesso fra i primi dieci. Ma per vincere una crono di questo livello devi avere tutti i dettagli giusti, farlo bene tutto l’anno. Abbiamo fatto progressi enormi, ma non ho ancora quei tempi».

Nell’Alpecin che si presenta con un nuovo logo, un nuovo nome (Alpecin-Deceuninck) e nuovi colori (un blu sbiadito che richiama il grigio-verde visto al Giro), MVDP ha studiato tutte le maniere possibili per rubare tempo ai suoi avversari e avvicinare il più possibile la maglia gialla. Il body che sfoggerà nella crono d’apertura è il frutto di una collaborazione tra il marchio ceco Kalaš, lo sponsor tecnico dell’Alpecin, e Vorteq, marchio inglese di tecnologia avanzata. Vorteq, che è dietro ai successi a cronometro ottenuti al Giro dalla BikeExchange e pure dietro ai record dell’ora ottenuti da Dan Bigham e Alex Dowsett, ha sede a Silverstone, il circuito di Formula1.

«A cronometro il ciclismo sta davvero iniziando a somigliare alla Formula 1. Devi avere la migliore attrezzatura e la migliore posizione per vincere. La potenza da sola non basta e questo è ciò che lo rende interessante». 

Al Tour van der Poel potrà fin da subito testare la tecnologia dei nuovi body messi a punto nella galleria del vento inglese. «Penso che sarà davvero difficile per me prendere la maglia a cronometro. Non credo che batterò gli specialisti ma io darò il massimo e cercherò di mantenere il distacco minimo. Non si sa mai cosa può succedere, se rimarrò nei primi dieci magari potrei prendere la maglia nelle tappe successive. Se ho un distacco di dieci-quindici secondi posso pensare di provare qualcosa anche nella tappa del pavé».

Questa mattina MVDP si è presentato ai giornalisti ancora emozionato per la presentazione, «sapevo già che i danesi sono pazzi per il ciclismo ma è davvero bello partire qui». Ormai Mathieu è una star globale, eppure può succedere che qualcuno ancora non lo conosca. Sull’edizione danese della rivista ufficiale del Tour sono riusciti a sbagliare la sua foto: hanno messo quella di suo fratello David, il meno titolato di tutta la famiglia. Lui non ci fa caso.

«Sono motivato come l’anno scorso. Ma so che sarà più difficile dell’anno scorso, allora c’erano due tappe che andavano proprio bene per me, ma ci proverò ancora e spero di passare delle belle giornate qui in Danimarca». Il modello ce l’ha: le tre settimane del Giro d’Italia sono ancora nel cuore degli appassionati. «Voglio divertirmi come al Giro, io voglio sempre divertirmi, è quello che ricerco nelle corse. Le tre settimane in Italia sono state una grande esperienza, era la prima volta che finivo un Giro di tre settimane, era qualcosa di completamente nuovo. Dopo il Giro mi sono preso una settimana di riposo e dopo è stato difficile riprendere il filo. Ma ho iniziato a sentirmi sempre meglio nelle ultime due settimane, come previsto. Quindi sono pronto per il Tour, spero di avere le stesse gambe che avevo al Giro». 

L’anno scorso vinse la seconda tappa e tenne la maglia gialla per sei giorni, anche se poi non finì il Tour per dedicarsi alla Mountain bike olimpica. Quest’anno al Giro ha tenuto la maglia rosa per tre giorni. Al Tour farà come al Giro? «Mi piace attaccare, preferisco fare la corsa piuttosto che subirla nel gruppo. Mi piacerebbe vincere una tappa anche qui, correre allo stesso modo».

Al Giro ha capito tante cose. «L’ultima settimana è stata proprio bella ma per me è difficile vincere una tappa di montagna. Vedremo giorno per giorno. L’unica cosa che so è che se starò bene correrò per Jasper (Philipsen, ndr) nelle tappe piatte». Quanto agli avversari, qualcuno cita il covid che sta gettando l’allarme nel gruppo. «Cerco di non pensarci troppo. Non l’ho ancora avuto e spero di non prendermelo. Ma non ho il controllo su questo. Puoi fare tutto perfettamente, ma poi ti trovi a correre in un gruppo di 180 persone e non puoi più farci niente».