Campionati italiani, Velo: «Per la cronometro non ci sono solo Ganna e Sobrero e vincere contro il tempo vuol dire inseguire costantemente la perfezione»

Marco Velo in una foto d'archivio alla vigilia della prova a cronometro dei Mondiali 2021
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«Fare una cronometro è come mettere il dito nella porta e sbatterla a ripetizione». Lo dice Tom Dumoulin, che si ritirerà a fine stagione, e se l’impressione può essere soggettiva, rende comunque l’idea su cosa significhi fare tanti chilometri a tutta lottando contro il tempo. La concentrazione deve essere massima e una piccola disattenzione risulta decisiva. Farsi un tutt’uno, fondersi con la bicicletta è fondamentale: «I migliori cronomen non muovono minimamente nemmeno la testa!» esclama Marco Velo.

Ed è proprio quest’ultimo, commissario tecnico delle cronometro in nazionale, che abbiamo raggiunto telefonicamente per parlare della vicina prova contro il tempo dei Campionati italiani. Il titolo uomini élite si assegnerà mercoledì dalle ore 14:30 in Friuli a San Giovanni al Natisone (UD) su una distanza di 35 chilometri. L’ex corridore lombardo ci fa entrare nel mondo dei cronomen, illustrandoci la loro preparazione, facendo le previsioni per la gara di domani e il punto sul suo lavoro in nazionale.

Velo, hai vissuto le cronometro al massimo livello, prima da atleta e ora da tecnico. Tre volte di fila, tra il 1998 e il 2000, ti sei laureato campione italiano contro il tempo: cosa serve per vincere a cronometro? E come ci si allena?

«Correre contro il tempo è una specialità vera e propria e quindi una gara a cronometro non si improvvisa da un giorno all’altro. Ci vuole attitudine a questo gesto atletico, perché non è una condizione naturale come potrebbe esserlo pedalare in salita. È una specialità che costantemente allenata, perché spesso tra i professionisti e non solo si incrocia con altri generi di allenamenti, come la preparazione di corse a tappe. Chi si dedica alle prova contro il tempo usa almeno un paio di volte a settimana la bici da crono, a differenza dei miei tempi quando c’era più improvvisazione. Si va alla continua ricerca della perfezione nella posizione e la si può inseguire solamente allenandosi parecchio. In più i test in galleria del vento sono fondamentali».

Se tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila improvvisavate maggiormente, ora le innovazioni tecniche sempre più numerose hanno spinto a lavorare su ogni minimo dettaglio. Quindi è aumentata l’attenzione e la preparazione verso le cronometro. Come si gestiscono questi aspetti?

«La ricerca tecnologica e le innovazioni vanno a pari passo con la bici da strada, anche se nelle cronometro è un aspetto più accentuato. Questo perché i test che vengono fatti sul corridore in galleria del vento e sui materiali sono tantissimi. Quindi si è capito che la differenza ormai la fai con pochissimo, davvero su minimi particolari. Anche la preparazione va a pari passo con i tempi e se pure prima si facevano dei lavori specifici, non erano comunque così mirato come quelli di oggi. Ad esempio si simulano dei tratti più vicini possibile a quelli che si affronteranno in gara».

E tutti questi aspetti influenzano la posizione in bici che va perfezionata, come dicevi, costantemente…

«Certo, è sempre la prima cosa da tenere sotto controllo allenandosi spesso, in modo da non perdere mai confidenza con la bici da crono. Quindi è importantissimo trascorrere tempo in quella posizione, dopo vengono tutti gli altri aspetti. Ma prima ancora è una questione di flessibilità muscolare che va allenata».

Spiegaci meglio.

«A volte in tante categorie mi hanno chiesto se fosse possibile andare in galleria del vento, ma è inutile se poi quei ragazzini, anche juniores, non riescono nemmeno a toccarsi le punta dei piedi allungandosi. Quindi prima di tutto bisogna avere una struttura fisica adeguata, perché altrimenti in galleria del vento si stabilisce una posizione “sacrificata”, che non si riesce a mantenere».

 
 
 
 
 
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Quanto conta, invece, l’aspetto mentale?

«Tantissimo, visto che si corre da soli contro il tempo. Non si hanno appoggi o supporti, riferimenti. Quindi si può essere forti fisicamente quanto si vuole, ma se si salta di testa o non si riesce a reagire ad un momento di difficoltà si perde tutto».

Com’è il percorso del Campionato italiano di San Giovanni al Natisone?

«Sono andato a visionarlo ed è un percorso semplice. Ci sono un po’ di curve e quindi parecchi rilanci da fare, ma anche lunghi rettilinei. È molto più facile rispetto allo scorso Campionato italiano organizzato a Faenza, visti anche i soli centro metri di dislivello. Ma va bene così perché rispecchia quello che sarà il percorso dell’Europeo di Monaco».

Per il cittì Marco Velo chi vestirà la maglia tricolore? Sarà solo una sfida a due tra Ganna e Sobrero?

«No, oltre a Ganna e Sobrero ci sono Affini, Cattaneo, che è andato bene al Delfinato e il giovane Tiberi, il quale so che sta preparando bene quest’impegno. Sarà una lotta tra questi cinque».

Uscendo dalle competizioni e concentrandoci sul tuo ruolo, come procede il percorso da cittì delle cronometro cominciato a novembre con la nuova presidenza? In questi primi mesi stai lavorando su alcuni aspetti in particolare o ti stai dedicando perlopiù a consolidare quanto già era stato fatto?

«Sto lavorando su aspetti variegati, a partire dalla categoria juniores. Cerco di far capire ai ragazzi, come dicevo prima, che correre contro il tempo non è una specialità che va improvvisata. Perché è proprio l’improvvisazione che frena molti giovani talenti. Ho visto tanti juniores, dilettanti arrivare ad un evento molto importante come un Mondiale o un Europeo e toccare la bici di quella gara solo nella settimana precedente. Sto provando a colmare questa lacuna, pur sapendo che non è semplice. I costi sono elevati, ma anche nei mezzi la Federazione sta dando una mano ai ragazzi. E sto lavorando su quest’aspetto anche insieme a Sangalli e Salvoldi».