AMARCORD/106 Il consiglio del “Ghiro” e lo show sul Lissolo: così Leali centrò il tricolore

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Vide lo striscione dell’ultimo chilometro e si fece il segno della croce. Mille metri dopo lo attendeva una maglia tricolore, ottima ricompensa per anni di fatiche in conto terzi. Si alzò dal manubrio e cominciò a esultare in anticipo, visto che gli altri erano a più di un minuto. Del suo trionfo furono più o meno tutti contenti, anche gli avversari: nessuno più di Bruno Leali meritava quel giorno di gloria.

Il supergregario bresciano, 29 anni, era cresciuto nel gruppo Carrera (prima Inoxpran), al servizio di capitani come Battaglin, Visentini e Roche, ognuno dei quali aveva vinto il Giro anche grazie a lui. Potente e resistente come pochi, ogni tanto si prendeva qualche giorno libero dal gregariato e andava a vincere in occasioni non proprio banali, vedi Giro d’Italia (una tappa nel 1984) e Giro del Lazio (1985).

Il campionato italiano edizione 1987 fu assegnato alla vecchia e nobile Coppa Agostoni, che nel suo albo d’oro esibiva una parata di campioni epocali: Gimondi, Merckx, De Vlaeminck, Moser e Saronni, per dirne alcuni. Corsa dura, con il Lissolo da scalare dodici volte. Leali ci pensava da qualche tempo, tanto che per prepararla in solitudine aveva lasciato il Giro di Svizzera una settimana prima, nascondendosi dietro un furgone per sfuggire al diesse Boifava, che lo avrebbe voluto in gara fino alla fine.

Boifava: chi se la sente? «Per la prima volta, risposi io»

Alla riunione della vigilia fu proprio Boifava a chiedere: chi vuole “fare” la corsa? «Forse per la prima e unica volta nella mia carriera mi proposi io», ha rivelato Leali in una intervista di qualche anno fa. E quanti uomini vuoi? Chiese ancora il diesse. Per pudore o convinzione, il corridore ridusse al minimo le pretese: «Se lui se la sente, solo uno: Ghirotto». Al minimo per modo di dire, perché Ghirotto era della sua stessa pasta, il meglio del gregariato su piazza, e averlo al fianco era una polizza contro ogni imprevisto.

Infatti: andò via una fuga di sei-sette corridori. A tre giri dalla fine, Leali smaniava per andarli a riprendere. «Aspetta ancora un giro», consigliò il “Ghiro” e così fu: a due tornate dalla fine, Leali si riportò sulla fuga e all’ultima scalata del Lissolo si lasciò tutti alle spalle.

Bella la maglia tricolore, ma il meglio doveva ancora arrivare: nel 1993 Leali sfilò temporaneamente la maglia rosa a Miguel Indurain e la indossò per tre giorni. Aveva 35 anni e meditava il ritiro, ma il motore era ancora a pieni giri.