Peters, l’allarme radioline e la tensione in gruppo. Tra caduta, aggressività e ferite, urla all’Uci: «Vanno abolite»

Peter all'attacco al Tour de France 2020, nella tappa da Cazeres-sur-Garonne a Loudenvielle, poi vinta con un'azione fantastica (foto: A.S.O./Pauline Ballet)
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Tensione, paura, aggressività. Ma quell’aggressività diversa: non proprio figlia di un coraggio sportivo e che vuole a tutti i costi la vittoria nel contesto agonistico della corsa. Un’aggressività mirata a intimidire gli avversari, ad aumentare in maniera esponenziale la tensione in gruppo ed ecco ogni giorno brutte cadute, ferite gravi e stagioni compromesse. Lo sfogo di Nans Peters dopo il bruttissimo episodio del Giro di Romandia deve far riflettere: non si può rischiare così tanto per guadagnare le prime venti posizioni del gruppo, quando a provarci sono in più di cento. I direttori sportivi, aizzando i corridori dalle radioline, portano la tensione alle stelle. Il francese della Ag2R La Mondiale Citroen lancia l’allarme all’Uci. Verrà ascoltato o rimarranno parole nel vuoto? Approfondiamo il tema su quibicisport.

Nans Peters e la questione delle radioline: «I direttori sportivi vogliono tutti davanti negli ultimi chilometri»

Per rispondere alle domande dei suo follower su Instagram sul perché sia contrario all’utilizzo delle radioline o auricolari in gara, che dir si voglia, Nans Peters ha risposto così, spiegando con dovizia di particolari il suo pensiero: «Tutti i direttori sportivi di tutte le squadre ripetono ai loro corridori che ci stiamo avvicinando al traguardo, che dovremo avere un piazzamento molto in avanti rispetto al resto del gruppo, che ci stiamo avvicinando agli ultimi due chilometri e che dobbiamo essere uniti in un blocco-squadra. E che si deve essere aggressivi per guadagnare il piazzamento migliore possibile ecc…».

I margini di sicurezza sono molto bassi!

Peters prosegue: Spesso non c’è motivo di cadere, perché le strade sono belle, larghe, tutte in rettilineo, ma la tensione nel il gruppo è in costante aumento, cento ragazzi vogliono essere inseriti tra i primi venti, nessuno vuole rinunciare al proprio posto, alcuni cercando di risalire il gruppo da dove sostanzialmente non ci sarebbe la minima possibilità e il minimo spiraglio. Alla fine non abbiamo margini di sicurezza e si cade!»