AMARCORD/93 Nibali, un gigante nella bufera delle Tre Cime: così mise il sigillo al suo primo Giro d’Italia

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Aveva 28 anni e un curriculum da quasi campione: la Vuelta conquistata nel 2010, due podi al Giro d’Italia e uno al Tour. Chiuso il lungo capitolo Liquigas e uscito definitivamente dall’ombra di Ivan Basso, Vincenzo Nibali si presentò con la sua Astana al via del Giro del 2013 da logico favorito, sebbene in buona compagnia.

C’erano anche Ryder Hesjedal, vincitore l’anno prima, Scarponi, Evans, Uran. E soprattutto l’attesissimo Bradley Wiggins, che nell’estate precedente aveva monopolizzato il Tour de France con la sua Sky. Assente invece proprio Basso, messo fuori causa in extremis da un grosso ascesso perineale.

In realtà, le cose per Nibali furono meno complicate del previsto. Wiggins, che sulle strade di Francia aveva il carisma del tiranno, in Italia palesò una salute insufficiente e difficoltà quasi comiche sulle grandi discese. Si ritirò dopo dodici tappe e con lui Hesjedal, a sua volta in condizioni precarie.

Aveva già la vittoria in tasca, ma voleva l’impresa

Lo Squalo non perse un colpo, prese la maglia rosa all’ottavo giorno e azzannò definitivamente gli avversari nella vittoriosa cronoscalata di Polsa, mettendo a quattro minuti Evans e Uran, gli ultimi due rimasti ad insidiarne la leadership. «Ho messo un bel mattone su questo Giro», disse a caldo. In realtà, per i suoi avversari era un’autentica pietra tombale.

Bravo, bravissimo, ma una concorrenza non proprio all’altezza rischiava di ridimensionarne il successo, tanto più che a causa del maltempo fu anche annullata la tappa dello Stelvio e del Gavia. Per rendere il trionfo davvero memorabile, ci voleva l’impresa nell’ultima frazione di montagna, che si inerpicava fino alle Tre Cime di Lavaredo.

Era il 25 maggio, ma sembrava pieno inverno, tra neve, pioggia e raffiche di vento. Resistendo alla tentazione di gestire l’ormai sicuro successo, Vincenzo allungò a tre chilometri dall’arrivo, su pendenze terribili, liberandosi in fretta dei pochissimi in grado di tenergli inizialmente la ruota. Avanzò come uno spettro nella bufera e vinse da solo, mentre gli altri sputavano l’anima per i piazzamenti. Era riuscito a trasformare un comodo trionfo in un brano di grande ciclismo. L’indomani, a Brescia, festeggiò il primo dei suoi due Giri d’Italia.