Petrucci, adesso si fa sul serio: «Debutto al Recioto con grandi ambizioni, poi penserò al Giro»

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Mattia Petrucci sorridente sul podio del GP La Torre a Fucecchio. Foto Rodella
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Nel 2021, nonostante un’ottima stagione e un certo interesse da parte di realtà professionistiche, Mattia Petrucci ha preso una scelta non semplice: quella di rimanere un altro anno tra gli Under 23 con la Colpack-Ballan. I motivi non li ha mai nascosti: crescere ulteriormente in una categoria alla sua portata, imparare a muoversi da capitano, conquistare quelle classiche (San Vendemiano, Bassano-Montegrappa, Piccola Sanremo, Piccolo Lombardia, i campionati italiani) che lo hanno visto salire sul podio ma mai sul gradino più alto.

«Mi sono assunto un rischio – riflette Petrucci – e ne sono sempre stato consapevole. Non voglio essere uno dei tanti, ma passare professionista al momento giusto: ovvero alla fine di questa stagione».

Quindi l’inizio più complicato del previsto non ti ha fatto cambiare idea?

«Assolutamente no. Permettimi alcune precisazioni. La prima: in pochi giorni di gara son pur sempre arrivato 2° a La Torre, 4° al Memorial Dinucci e 5° a San Vendemiano. Tra l’altro anche lo scorso anno cominciai a star bene proprio in questi giorni, quindi non mi preoccupo. La seconda: la Colpack non è stata per niente fortunata».

A cosa ti riferisci?

«Alla Coppi e Bartali ci ha messo al tappeto un virus, siamo stati costretti a ritirarci in blocco. Al Circuit des Ardennes, in Francia, abbiamo trovato vento e neve. La 3ª tappa sono stati costretti ad annullarla perché in gara erano rimasti in quindici: chi era salito nelle ammiraglie, chi in ambulanza. Io, che avevo già chiuso la 2ª frazione col mal di gola e qualche linea di febbre, ho preferito fermarmi: non volevo compromettere ulteriormente la mia salute».

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A sinistra Ivan Quaranta insieme a Mattia Petrucci, vincitore nel 2021 alla Coppa Caduti di Reda (crediti foto: Rodella)

Anche perché questo è uno dei momenti più importanti della tua stagione. Sei soddisfatto del piazzamento raccolto a San Vendemiano?

«Diciamo che non potendo ancora contare su una forma eccellente non mi lamento. Era la prima classica internazionale e ho pur sempre chiuso 5°. Certo, si parte per vincere, mai per piazzarsi, però poi bisogna anche fare i conti con gli altri. Ecco, io forse ho sbagliato a non assumermi qualche responsabilità in più quando dovevamo inseguire Guzzo: se l’avessi fatto magari non sarebbe arrivato».

Il Piva, invece, è andato peggio: 43°.

«Ho forato due volte in due giri diversi ma sempre nello stesso punto. Ho speso troppe energie per rientrare e quindi è andata com’è andata. Adesso la prossima è il Recioto, che finalmente ritorna domani dopo tre anni di assenza».

Sarai uno dei debuttanti. Conosci il percorso?

«Nel 2020 e nel 2021 non si è tenuto, nel 2019 invece il giorno in cui si correva il Palio io stavo firmando con la formazione giovanile della Groupama-Fdj: ecco perché non c’ero. Se conosco il percorso? Sì, io sono di Verona e Negrar è a due passi. Per sicurezza ho fatto anche una ricognizione».

Hai individuato dei passaggi decisivi?

«Oltre alle salite saranno fondamentali anche le discese, questo è certo. Secondo me il fattore cruciale sarà quello dei corridori per ogni squadra: soltanto quattro. E una marea di formazioni al via che vorranno provare a lasciare il segno. Sarà una corsa impossibile da controllare. Dovremo stare attenti, l’azione giusta può nascere in qualsiasi momento».

Un peccato non aver partecipato alla Liegi-Bastogne-Liegi Espoirs di sabato, una classica molto prestigiosa e peraltro adatta alle tue caratteristiche.

«Sì, esserci mi sarebbe piaciuto tanto, ma purtroppo ci è stato rifiutato l’invito. Ci siamo rimasti male: la Colpack è una delle realtà dilettantistiche con più tradizione e prestigio al mondo, nel 2021 ha vinto Giro e mondiale. Meritavamo un trattamento migliore».

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La vittoria di Petrucci alla Coppa Caduti di Reda (foto: Rodella)

Poi come proseguirà la tua stagione?

«A maggio, anche se ancora non sappiamo i giorni precisi, dovremo necessariamente rinunciare ad alcune gare perché saliremo a Livigno per preparare il Giro. La corsa rosa è uno dei miei obiettivi, su questo non ho dubbi».

Punterai alla classifica generale o andrai a caccia di tappe?

«Credo che lo decideremo strada facendo. Io parto per fare classifica, i precedenti mi dicono che quando ci ho provato è andata bene: lo scorso anno al Valle d’Aosta, ad esempio, sono arrivato 3°. Più la gara è dura e più mi trovo bene, anche se rimango più adatto alle classiche con salite brevi e impegnative. Se poi dovessi saltare, a quel punto inizierei a pensare ai successi di tappa».

Senti maggiori responsabilità rispetto allo scorso anno? Adesso, insieme a Persico e a Gomez, sei tu, Petrucci, il leader della Colpack.

«Sento qualche respnsabilità in più, lo ammetto, ma non ne soffro. Era inevitabile che per esperienza e vittorie fossi io a diventare uno dei riferimenti della squadra. E poi mi stanno tutti vicino senza mettermi pressioni, e di questo posso soltanto ringraziarli».

C’è rivalità tra voi capitani? Il gruppo dei velocisti guidato da Persico e Gomez è partito benissimo.

«C’è rivalità, ma è sana. Se capita di correre insieme non abbiamo problemi a stabilire con la squadra e tra di noi chi è il leader sul quale puntare. Un giorno saranno loro a lavorare per me e quello successivo sarò io a mettermi a loro disposizione».

A gennaio avresti dovuto partecipare al ritiro spagnolo della Uae Emirates, ma un tampone positivo te l’ha impedito. Siete rimasti in contatto?

«Avrei dovuto partecipare proprio con Persico, tra l’altro. No, sinceramente non siamo rimasti in contatto, ma credo sia normale: i professionisti sono nel vivo di una stagione intensa e lunga e anche io ho le mie gare a cui pensare. Come puntualizzai allora, non è stato firmato nessun contratto: sarei stato un semplice stagista. E ripeto, come ho specificato in apertura, non ho nessun rimpianto per aver rifiutato qualche offerta dal professionismo: se proprio ci dev’essere un periodo più difficile, meglio poterlo gestire tra gli Under 23 alla Colpack che in una grande squadra del World Tour, col rischio di rimanere da soli e di perdere il treno».