Pesenti all’attacco: «Ho perso cinque chili e mi metterò in mostra a suon di fughe»

Pesenti
Thomas Pesenti del Team Beltrami Tsa Tre Colli
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Thomas Pesenti conosceva molto bene il percorso del Trofeo Laigueglia, avendo già partecipato tre volte alla classica ligure: ritirato nel 2019 e nel 2021, 37° nel 2020. Quest’anno, il suo primo come elite essendo nato il 16 ottobre del 1999, aveva bisogno come non mai di una prestazione solida per cominciare al meglio una stagione per lui decisiva: quella in cui, se tutto va come deve andare, potrebbe attirare l’attenzione di qualche professional. Pesenti ha trovato le risposte che cercava: 23° a 1’35 da Polanc, in un gruppetto comprendente corridori come Velasco, Zana, Mollema, Fortunato e Storer

Una grande giornata, Pesenti. Sei stato il primo corridore di una continental all’arrivo, davanti a te tutti atleti del World Tour tranne tre appartenenti a formazioni professional.

«Sì, non nascondo la mia soddisfazione. Conoscevo il percorso del Laigueglia e sognavo di far bene, ma poi una volta in gara non si sa mai cosa aspettarsi. Ho saputo gestirmi bene su Colla Micheri, l’ascesa decisiva della corsa, e ho capito che stringendo i denti sarei potuto rimanere col gruppo di Mollema. Sono contento anche per la Beltrami, per noi un piazzamento tra i primi venticinque in una gara del genere è molto importante».

Ti eri già messo in mostra qualche giorno prima sulle strade della San Geo, rientrando in solitaria sui battistrada e provandoci anche nel finale. Forse hai sprecato troppe energie?

«Col senno di poi rispondo di sì, ma adesso a cosa serve? Mi sentivo benissimo e in quel momento credevo d’aver trovato l’azione giusta. Nonostante sia andata male rimango convinto che, se avessimo collaborato di più e meglio, ci saremmo potuti giocare il successo. Avrei preferito un risultato più prestigioso, mi tengo comunque l’ottima prestazione».

Il tuo non è un nome nuovo: sei esperto e già lo scorso anno, ad esempio, avevi chiuso al 6° posto il Piva. Però raramente sei sembrato tanto forte quanto in queste prime uscite stagionali.

«Confermo. Ho rivoluzionato la mia alimentazione. Prima mangiavo tanto, troppo. Finalmente ho capito che devo limitarmi, complessivamente e nello specifico quando si parla di dolci, una mia debolezza. Ho perso cinque chili e la differenza in salita si nota tantissimo: mi sento più leggero, sono in grado di tenere un ritmo che mi era sconosciuto».

Un cambio di passo importante nella tua caccia al professionismo.

«Ormai sono al quinto anno nella categoria, non posso aspettarmi che qualcuno m’ingaggi soltanto perché ho raccolto qualche buon piazzamento. Per questo proverò a farmi vedere in corse come la Per Sempre Alfredo e la Coppi e Bartali, dove la presenza di squadre professionistiche è massiccia. E poi, ovviamente, cercherò anche di vincere qualche gara».

Coi professionisti hai già corso in diverse occasioni. A cosa ti è servito?

«Direi principalmente a capire come funzionano certi meccanismi, sia nelle tattiche di gara che nella gerarchia delle squadre. Una sorta di apprendistato, diciamo. Ogni volta mi dico: guarda, osserva, ruba. Almeno se un domani arriva la tua chance sai già quello che devi fare e come farlo».

Sono i ragionamenti di un corridore maturo, non a caso sei il più grande della Beltrami insieme a Piras e Cibrario.

«Sono approdato tra gli Under 23 con la Beltrami e non me ne sono mai andato, praticamente siamo cresciuti insieme. Mi fa piacere essere uno dei riferimenti della squadra e cerco di rispettare al meglio le responsabilità del mio ruolo. Sto a fianco dei più giovani, sono a loro disposizione e ogni tanto mi permetto di dare qualche consiglio. Quando io ero uno di loro ho trovato chi mi ha aiutato, in qualche modo lo vedo come un passaggio di consegne. Perché non dovrei farlo?»

Da quanto hai detto proverai a guadagnarti il professionismo a suon di fughe nelle corse più importanti del tuo calendario.

«E’ difficile pensare di andare alla Coppi e Bartali e vincere una o più tappe. E poi a me andare in fuga è sempre piaciuto. Mi fa sentire vivo, un po’ più padrone del mio destino. L’anonimato non mi piace, non essendo un campione non posso permettermi di rimanere sempre nella pancia del gruppo aspettando il finale. Io dico sempre che un vincitore ci deve pur essere, e allora perché non io? Picchia e mena, prima o poi a forza d’attaccare qualcosa verrà».

Però la San Geo ha dimostrato che talvolta potresti muoverti diversamente.

«E’ quello che mi rimproverano maggiormente: che son troppo generoso, che spreco troppo, che in alcuni frangenti dovrei riflettere di più. Come caratteristiche non mi lamento: nelle cronometro non vado avanti, per onestà va detto, ma sulle salite brevi mi difendo e lo spunto veloce non mi manca».

Ammiri qualche corridore in particolare? Magari gli attaccanti seriali alla De Marchi.

«Se devo essere sincero, non mi sono mai concentrato su un corridore in particolare. Li ho sempre apprezzati tutti perché sono consapevole della fatica che ognuno di loro fa. Anche l’ultimo, anche il più sconosciuto, anche quello che si ritira». 

Classiche o grandi giri?

«Classiche, non ho dubbi. La Parigi-Roubaix è ineguagliabile, ma non disdegno nemmeno le altre. Mi piace l’idea che siano corse lunghe, dure e abbastanza imprevedibili. Sulle tre settimane mi pare che vincano sempre gli stessi. C’è più controllo, più gestione. L’imprevisto può succedere una volta, magari il giorno dopo tutto torna alla normalità. Le classiche durano sei o sette ore, una minima scossa può decidere la gara». 

Da quando sei arrivato tra gli Under 23, vale a dire dal 2018, la categoria ti sembra cambiata?

«Sì, senza dubbio. Il livello si è alzato e i primi anni sono molto meno timidi di quanto lo eravamo noi. Arrivano preparati e ambiziosi, sanno che possono vincere o piazzarsi fin da subito. Quattro anni fa ci riuscivano soltanto i migliori, adesso mi pare una tendenza più diffusa». 

Pesenti, cosa ti manca per passare professionista?

«Non mi faccio illusioni, nessuno mi ha mai cercato e la concorrenza è spietata. Miglioro sempre di più, credo di essere un ragazzo maturo, generoso e amichevole, quindi prezioso nei meccanismi di una squadra. Ora mi manca qualche bel risultato, in passato è la testa ad avermi frenato. Non capivo che dovevo essere più costante senza accontentarmi mai. Adesso, finalmente, l’ho capito».