Strade Bianche, Tafi tra rimpianti e pronostici: «Peccato non averla potuta correre. Il favorito è Pogacar, ma attenzione ai nostri italiani»

Tafi
Andrea Tafi in una foto d'archivio al campionato del mondo di Lovanio
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La bellezza della Strade Bianche non si può descrivere. Lo scenario unico dello sterrato senese, il finale unico in Piazza del Campo, lo spettacolo delle ali di folla in via Santa Caterina. Una gara come non la si può trovare in nessun’altra parte del mondo e che Andrea Tafi avrebbe tanto voluto correre.

«Mi sono ritirato nel 2005 e la Strade Bianche è nata nel 2007 – ci spiega Tafi – Credo che al massimo della mia forma avrei potuto tranquillamente lottare per la vittoria. Guidare la bici sullo sterrato non è troppo diverso dal pavé del nord. Lo so bene perché su quelle strade ci pedalo spesso. Ci ho anche corso con la Gran Fondo…»

Da puro toscano e appassionatissimo delle corse, Tafi seguirà con attenzione l’edizione di quest’anno, priva sì di campioni come Van Aert e Van der Poel, ma pronta ad accogliere al via corridori come il campione del mondo Julian Alaphilippe e il fuoriclasse conquista-tutto Tadej Pogacar. Per citarne solamente due…

Tafi, andiamo subito dritti al punto. Chi è il tuo favorito?

«Tadej Pogacar, semplice. Questo ragazzo può vincere tutto, dai grandi Giri e alle classiche monumento. E non lo dico io, bensì il palmares. Trovatemi un altro corridore come lui capace a 23 anni di dominare su qualsiasi terreno. Lui è il favorito, ma c’è un però…»

Quale?

«La Strade Bianche non è una corsa come le altre. Puoi essere anche il più forte, ma non è detto che vinci. Basta una foratura, un salto di catena sullo sterrato, un settore preso non nelle primissime posizioni. Un minimo errore o imprevisto può compromettere tutto. È questa la bellezza della corsa, è unica, così come unica è la Parigi-Roubaix».

Chi altro dobbiamo seguire con attenzione?

«Direi Alaphilippe per la maglia che indossa e per il talento che vanta. Quest’anno non ha ancora vinto ma ci è andato più volte vicino nelle corse di inizio stagione in Francia. Poi anche Thomas Pidcock, campione del mondo di ciclocross e campione olimpico di mountain Bike. Quando passiamo dalla strada all’off-road, il britannico si esalta».

Un nome a sorpresa?

«Possono essere tanti e impronosticabili. Ricordate quando vinse Benoot qualche anno fa? Per questa edizione un nome a sorpresa può essere quello di Alessandro Covi. Vincere sarà difficilissimo per lui, è ancora molto giovane e in squadra ha Pogacar, ma chissà che non lo vedremo nelle primissime posizioni a sgomitare».

L’Astana ha anche Moscon…

«Vero, Moscon per caratteristiche è perfetto per la Strade Bianche. Però tra bronchite e altri problemi fisici è stato costretto a rimandare il debutto stagionale. Ha corso praticamente due giorni e sicuramente è un po’ indietro di condizione. Gianni però ci ha insegnato che proprio nei momenti di maggiore difficoltà riesce ad emergere».

Che gara ti aspetti?

«Mi aspetto una gara molto tirata, con diversi attacchi e rilanci. Mi spaventano un po’ la UAE Team Emirates e la Quick-Step, sono due squadre molto forti che rischiano di tenere chiusa la corsa e di “ammazzare” qualsiasi azione. Spero non vada così e che i corridori ci possano regalare spettacolo».

Parliamo dell’assente numero uno. Van Aert, condividi la sua scelta di non essere al via?

«Che dire? È questione complicata. Un campione come Van Aert dovrebbe essere sempre al via di corse importanti come la Strade Bianche, ma non gli si può chiedere la luna. Praticamente non si ferma mai e la stagione di ciclocross lo ha portato ad essere già in ottima condizione. Anzi, direi che è fin troppo avanti considerando che i suoi obiettivi sono il Fiandre e la Roubaix. Manca ancora un mese…»

Anche la Cofidis ha scelto di non partire per Siena…

«Qui il discorso cambia e non mi trovo assolutamente d’accordo con la scelta dei francesi. Sei una squadra World Tour, la Strade Bianche è una corsa World Tour: poche storie, devi essere al via anche se non hai uomini in grado di vincere. Ai miei tempi c’erano squadre che mai avrebbero potuto vincere la Roubaix, eppure erano lì per farsi vedere, correre all’attacco e mostrare anche gli sponsor. Male la decisione della Cofidis».