Sacha Modolo riparte dalla Bardiani: «All’estero non sono mai stato veramente me stesso»

Modolo
Sacha Modolo con la maglia dell'Alpecin-Fenix
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Sacha Modolo pensava di smettere: troppo grossa la batosta della Alpecin-Fenix, che non lo ha voluto tenere, e il fatto di non aver ricevuto offerte dal World Tour. Poi sono arrivati i Reverberi, Bruno e Roberto, e sono state le emozioni a decidere per lui: la possibilità di rilanciarsi nella squadra che lo ha svezzato e fatto conoscere tra i professionisti.

Quando è nata la trattativa, Sacha?

«All’improvviso e a stagione già finita. Mi sono sempre tenuto in contatto con loro, ci siamo lasciati bene. Mi hanno detto: perché non parliamo faccia a faccia?»

Cosa ti ha spinto ad accettare la loro offerta?

«Tanti fattori: la possibilità di rilanciarmi proprio con loro, il desiderio di regalare alla famiglia Reverberi una tappa al Giro, la voglia di insegnare quello che so ai tanti giovani della squadra».

Che l’ambiente sia quasi interamente italiano ha influito?

«Molto, non lo nego. Dopo tanti anni all’estero mi fa piacere tornare a respirare un’aria italiana».

Ti era mancata?

«Sì, tanto. A me piace scherzare e far gruppo e sinceramente con gli stranieri ho sempre fatto fatica ad instaurare un rapporto vero. Parlo e capisco l’inglese, ma non è la stessa cosa. Sarà un limite mio, non lo metto in dubbio, ma funziono così. All’estero non sono mai stato veramente me stesso».

Quali sono i tuoi obiettivi?

«Potrei dirti una tappa al Giro, ma quello che mi interessa è tornare il bel corridore che ero alla Bardiani e alla Lampre. Gli infortuni mi hanno penalizzato quando avevo preso consapevolezza».

A che periodo ti riferisci?

«Il sesto posto al Fiandre 2017 mi fece dire: allora a questi livelli e in queste gare ci posso stare. E poi, tra stomaco, ginocchio e costole, ho perso un sacco di tempo».

Alle Classiche ci pensi ancora?

«Sì, sono arrivato tra i primi a Sanremo (quarto al debutto nel 2010) e Fiandre, che tra l’altro è la mia corsa preferita. Non mi sono mai reputato un velocista puro, le corse mosse mi son sempre piaciute».

La Alpecin-Fenix, da questo punto di vista, era una garanzia.

«Non posso che parlarne bene. Secondo me tra qualche anno se la giocheranno con la Quick Step, sono forti e organizzati. E mi hanno sempre aspettato anche nei momenti peggiori».

E allora perché non ti hanno riconfermato?

«Perché puntano sui giovani e io ho 34 anni. Lo capisco e accetto la loro decisione. Con la vittoria al Lussemburgo pensavo di essermi guadagnato la riconferma, ma loro la pensavano diversamente».

Quanto è stata importante quella vittoria?

«Tantissimo, anche se è arrivata in una corsa di secondo piano. Se quest’anno non avessi vinto mi sarei ritirato. Adesso invece mi dico che sono ancora competitivo».

Ti piace l’idea di aiutare i giovani della Bardiani?

«È uno dei motivi per i quali ho accettato. Ho vinto e ho perso, da giovane mi buttavo in volata con Petacchi e Cavendish e ho corso al fianco di grandi campioni. Qualcosa da insegnare ce l’ho».

Modolo, che idea ti sei fatto dei giovani di oggi?

«Che sono molto preparati. Io alla loro età mi allenavo alla buona, a volte facevo una salita al massimo e poi tornavo a casa convinto di essermi allenato nella maniera giusta. Il primo potenziometro l’ho avuto nel 2014, alla quinta stagione tra i professionisti».

E caratterialmente, invece?

«Non si può generalizzare. Io volevo vincere a tutti i costi, in famiglia non sguazzavamo nell’oro e volevo elevarmi socialmente ed economicamente. Non avevamo i soldi per una bici da corsa, infatti alcuni amici aiutarono i miei a comprarmela. Ecco perché affrontavo senza paura Petacchi e Cavendish».

Però prima giocavi a calcio.

«Ma ero un solista che non accettava regole. Poi un giorno, dopo essermi fatto vedere in una ginkana, vado a pedalare con una squadra di coetanei e li doppio tutti. “Forse dovresti lasciar perdere il calcio”, mi dissero».

Quand’è che lascerai perdere il ciclismo?

«Coi Reverberi ho firmato per un anno, Bruno mi aveva offerto un biennale ma ho rifiutato. Così non avrò scuse né alibi. Se tutto va come deve andare, nel 2022 sentirete ancora parlare di me».