Pasqualon e l’arte di saper aspettare: «Il ciclismo è cambiato, va troppo veloce. Ho avuto bisogno di tempo per maturare»

Pasqualon
Andrea Pasqualon in una foto d'archivio alla Tirreno-Adriatico 2021
Tempo di lettura: 3 minuti

In un ciclismo che va sempre più veloce e costringe i ragazzi a farsi trovare già pronti appena entrati nel mondo del professionismo, Andrea Pasqualon rappresenta l’eccezione. Quando sente parlare di Pogacar, Evenepoel o Bernal, gli viene addirittura da sorridere, perché «alla loro età io avevo appena imparato come si sta in gruppo».

Il veneto ha avuto una carriera molto particolare. Da giovane non era certo un prodigio e questo lo ha fatto faticare non poco. Con la determinazione e il cuore che lo contraddistinguono però Pasqualon è migliorato anno dopo anno fino a diventare il corridore di riferimento in una squadra WorldTour come la Intermarché. Una crescita che ha richiesto del tempo, che lui è stato capace di sfruttare a suo vantaggio.

Andrea, la tua storia è molto particolare. Diversa da quelle che siamo abituati a vedere ai nostri giorni…

«Sono un corridore della vecchia generazione, anche se ho iniziato ad andare forte solo negli ultimi anni. Mi ci è voluto del tempo per capire certe dinamiche, per raggiungere la maturità fisica e per essere finalmente competitivo ad alti livelli. Prima era normale, adesso non più».

Come te lo spieghi?

«Nel giro di sette-otto anni è cambiato tutto a livello giovanile. Adesso i dilettanti usufruiscono degli stessi materiali, preparatori e tecnologie che noi abbiamo nel WorldTour. Arrivano tra i professionisti già maturi sotto tutti i punti di vista e quindi sono capace di battere i loro colleghi più esperti. Quando ero juniores io pedalavo su una bici da 13 chilogrammi e il potenziometro non sapevo nemmeno cos’era. Per non parlare di nutrizionisti, massaggiatori e molto altro. Era tutto più “grezzo”».

Ed è un bene o un male?

«Dipende da quale punto di vista si vuole guardare il ciclismo moderno. Vedere Pogacar, Evenepoel e Bernal correre è esaltante, non hanno paura di attaccare e regalano sempre spettacolo al pubblico. È il bello dell’essere giovani. Dall’altra parte mi chiedo se questi corridori potranno mai arrivare continuare a 33, 34 o 35 anni. Vengono meno le motivazioni e il fisico è più logorato rispetto a chi ha fatto le cose con calma. Secondo me ne vedremo davvero pochi…»

Oltre al fatto che molti atleti che hanno bisogno di più tempo per maturare non vengono notati e rischiano di perdersi…

«Esattamente. Di Andrea Pasqualon in giro ce ne sono molti, semplicemente non gli viene data fiducia e sono costretti a correre in squadre di terza fascia o addirittura a ritirarsi».

Tu però ce l’hai fatta. A 33 anni è arrivato il WorldTour e la prima partecipazione al Giro d’Italia

«Era ora (ride ndr.). Avevo già partecipato a tre Tour de France, ma l’emozione che ho percepito al Giro è impareggiabile. Da piccolo sognavo di pedalare sulle strade di casa alla corsa rosa».

Un ringraziamento va alla Intermarché. Che squadra è?

«Posso dire di aver vissuto la crescita di questa squadra dall’interno. Hanno creduto in me quando ancora non ero nessuno e il loro budget era molto ridotto. Di anno in anno tutto l’insieme si è sviluppato. Sono arrivati nuovi corridori, staff sempre più preparato e infine la licenza WorldTour. Una crescita a giusti passi, come la mia».

Dopo una bella stagione come questa cosa cambia?

«Parto con il dire che non c’è la pressione di un team costretto a vincere a tutti i costi. Abbiamo vissuto quest’anno come un bel banco di prova e siamo finiti davanti a formazioni molto più quotate e con budget ampiamente superiori. Ora chiaro che l’asticella si alza ancora, ma noi risponderemo presente come abbiamo sempre fatto».

Tra l’altro è anche arrivato il rinnovo…

«Sì, di una stagione. Voglio vivermela a pieno, partecipare alle più importanti classiche e togliermi qualche soddisfazione. Quest’anno mi è mancata la vittoria, l’ho sfiorata in più occasioni e nel 2022 non voglio lasciarmela scappare».

Ma hai ancora qualche sogno nel cassetto?

«Partecipare alla Parigi-Roubaix! Il 2022 può essere l’anno buono, tra l’altro credo anche sia una corsa che si adatti alle mie caratteristiche. Ci vuole potenza e abilità nella guida della bicicletta».